L’80-90% delle candidosi sono dovute alla Candida Albicans, anche se negli ultimi anni si è notato
un aumento della % delle infezioni da Miceti non Albicans. Uno studio epidemiologico condotto
negli USA nel periodo 1986-1990 ha dimostrato che una % variabile tra il 7% ed il 22% di tutti i
pazienti ricoverati ha avuto una coltura positiva per Candida, ed il 17% dei pazienti ricoverati in
area critica medica e/o chirurgica ha sviluppato una infezione da Candida.
Le categorie di pazienti a rischio di sviluppare una infezione da Candida sono le seguenti :
1. Pazienti neoplastici.
2. Pazienti politraumatizzati.
3. Pazienti sottoposti ad interventi di chirurgia toraco-addominale.
4. Pazienti sottoposti ad antibiotico terapia.
5. Pazienti malnutriti.
6. Pazienti portatori di device intravascolari temporanei o permanenti.
7. Pazienti dializzati.
8. Pazienti neurochirurgici o neurotraumatizzati.
9. Pazienti sottoposti a trattamenti con steroidi a lungo termine.
10. Pazienti con AIDS.
In queste categorie di pazienti sono state isolate 7 cause principali che sono correlate all’insorgenza di Candidosi:
1. Cateterizzazione di vasi centrali.
2. Cateterizzazione vescicale.
3. Antibiotico terapia con 2 o più farmaci.
4. Trasferimenti da altri ospedali.
5. Diarrea.
6. Presenza di Candida nelle urine.
7. Iperazotemia.
Le infezioni da Candida possono colpire ogni organo o apparato singolarmente o si manifestano con
una Candidosi sistemica, una caratteristica importante è che queste non sono infezioni precoci e
mediamente l’intervallo di tempo tra l’ospedalizzazione e la loro manifestazione varia tra i 18 ed i 22 giorni.
Ogni qual volta si abbia il sospetto diagnostico o la la certezza di una candidosi va sempre valutato
il fondo oculare alla ricerca dell’endoftalmite, che è una complicanza che si presenta in una %
variabile dal 9% al 22% a seconda degli autori, e che qualora presente automaticamente implica la
disseminazione ematogena multiorganica e necessita una terapia antifungina protratta.
DIAGNOSI DELLE INFEZIONI DA CANDIDA
La diagnosi di infezione da candida è sempre molto complessa, e si basa sulla clinica, sulla
microbiologia, sul laboratorio, sulla sierologia e sulla diagnostica per immagini.
Clinicamente i segni si suddividono in aspecifici, che sono la febbre ed la presenza dei segni di
sepsi più o meno marcati, e specifici quali le lesioni papulari della cute, la mialgia e la tensione
muscolare alla palpazione. Laboristicamente deve far sospettare un candidosi in presenza dei fattori
di rischio, l’anemia e la neutropenia. La diagnosi microbiologica si basa
sulla ricerca della candida con l’emocolture e le colture dalle ferite chirurgiche, dai fluidi corporei
che abitualmente sono sterili (peritoneale, pleurico e cerebrospinale), le urinocolture attraverso il
dosaggio quantitativo che difficilmente è di grosso aiuto visto che la candida è un micete
abitualmente presente nelle urine attraverso la ricerca della presenza nelle urine delle ifee.
Vanno inoltre sempre colturati i device intra vascolari e idealmente bisognerebbe anche ottenere
contemporaneamente delle emocolture ottenute da altri siti.
La ricerca microbiologica nel sospetto di una infezione da candida implica la raccolta di un set
intero di colture (broncoaspirato, urinocoltura, colture dei drenaggi ed emocolture). Per quanto
riguarda quest’ultime durante un periodo di 48 h dovrebbero essere ottenute da ogni cambio di
infermieri in modo da ottenere almeno 6 set colturali. Va ricordato che le candide crescono bene in
recipienti adeguatamente ossigenati quindi va ricordato che essi vanno tenuti in aria ambiente per
assicurare una buona tensione di ossigeno. La presenza di emocolture positive o negative pone
comunque dei problemi.
La presenza di una emocoltura positiva in concomitanza di una positività
di una coltura ottenuta da un sito normalmente sterile, va considerata segno di una candidasi e la
terapia va iniziata. Qualora invece la positività di una o due emocolture non sia accompagnata da
segni clinici (non febbre, emodinamica stabile, assenza di fattori di rischio), o da positività di
colture ottenute da altre sedi normalmente sterili, è probabile che la candidemia sia transitoria e non
va trattata.
Molti autori ritengono imperativo trattare una emocoltura positiva se associata a neutropenia.
Gli stessi problemi se trattare o meno la candida le pongono le emocolture negative in presenza di
segni clinici e dei fattori di rischio per queste infezioni. Questa condizione è presente nel 50% dei
pazienti neutropenici, che hanno una candidiasi disseminata, o nei pazienti che hanno una
pielonefrite, l’endoftalmite, l’osteomielite, la peritonite o l’infezione delle ferite chirurgiche. Le
cause di questa discordanza vanno ricercate, innanzitutto in un non adeguato numero di emocolture,
e questo è possibile qualora l’infezione non si manifesti come un fatto acuto, ma decorra in maniera
sub acuta, o per delle procedure microbiologiche non ottimali per la dimostrazione della candida.
Un interesse particolare nella diagnosi di infezione da candida lo ha la sierologia. Questa metodica
si basa sulla ricerca di:
Anticorpi anticandida
IgM e IgG.
Antigeni anticandida
antigeni di menbrana.
Mannami.
antigeni citoplasmatici.
Antigeni rilasciati ad intermittenza, utili per le diagnosi seriate.
La positività della sierologia ed un titolo antigienico superiore di 1 a 4 sono indicativi di una
infezione clinicamente importante che va trattata farmacologicamente.
NB !!
Nel sospetto di infezione da Candida va sempre richiesta la sierologia previo accordo
telefonico con la microbiologia.
Infine nella diagnosi importanza non ultima ce l’ha la diagnostica per immagini. L’ecografia o la Tc
hanno importanza nella ricerca di lesioni isolate o multiple a livello epatico e renale, mentre la
radiologia tradizionale ha importanza nella ricerca di lesioni ossee e di focolai di osteomielite.
TERAPIA DELE INFEZIONI DA CANDIDA
La terapia va sempre iniziata quando al sospetto clinico si associa la presenza di:
• Emocoltura positiva per Candida in un paziente immunocopromesso.
• Emocoltura positiva per candida associata ad coltura positiva in un sito
normalmente sterile.
• Presenza di Candida in due siti normalmente sterili.
• Evidenza microscopica ed istologica di infezione.
• Positività per la ricerca di antigeni/anticorpi anticandida con un titolo antigenico >
di 1 a 4.
Il trattamento per la candidiasi non si è modificato negli ultimi anni, e l’anfotericina B rimane a
tuttoggi l’antibiotico di prima scelta, infatti i miceti del genere Candida sono tutti sensibili a questo
farmaco mentre mostrano delle resistenze a seconda della candida coinvolta nei confronti dei più
modermi antimicotici.
• Candida Albicans sensibile all’anfotericina B ed al fluconazolo .
• Candida Glabrata sensibile all’anfotericina B ma non al fluconazolo.
• Candida Krusei sensibile all’anfotericina B ma non al fluconazolo.
• Candida Lusitaniae sensibile all’anfotericina B ed al fluconazolo.
ANFOTERICINA B.
La terapia tradizionale con l’anfotericina B prevede una dose test di 1 mg per valutare eventuali
reazioni di ipersensibilità, peraltro estremamente rare, seguite da dosi crescenti di 0,3 - 0,5 - 0,7 -
0,9 mg/kg/die per una dose totale di 1 - 1,2 grammi complessivamente.
Recentemente sono stati proposti degli schemi terapeutici leggermente diversi:
1. Dopo la dose test si somministrano 0,5 mg/kg/die per una dose massima di 6 mg/kg.
2. Dopo la dose test si somministrano 1 -1,5 mg/kg/die per una dose complessiva di 1 grammo.
La dose giornaliera va infusa in un periodo di tempo variabile tra le 4/6 ore.
Attualmente molti autori non ricocnoscono l’utilità della dose test, anche se reazioni alla
somministrazione del farmaco si hanno in circa il 20% dei pazienti. Viene invece raccomandato il
monitoraggio attento il primo giorno di terapia dei parametri emodinamici, della temperatura
corporea e della frequenza respiratoria ogni 30 minuti. Qualora si manifestino i seguenti sintomi:
febbre (T°>38,9°), ipotensione (Pas<100 mmhg) e tachicardia, viene raccomandato l’utilizzo
profilattico di 25/50 mg di idrocortisone o meperidina 30 minuti prima dell’inizio dell’infusione del
farmaco.
La tossicità renale e l’ipokaliemia sono i principali effetti collaterali dell’amfotericina. La tossicità
renale può essere ridotta togliendo se possibile gli altri farmaci ad azione nefrotossica
(aminoglicosidici, vancomicina, ciclosporina A ecc.) ed supplementando sodio.
L’infusione endovenosa di 500 ml di soluzione fisiologica prima della somministrazione
dell’anfotericina B e di altri 500 ml dopo la fine della stessa riduce la nefrotossicità e la comparsa
di ipokaliemia.
Un ulteriore passo avanti nella riduzione della nefrotossicità è l’utilizzo dell’anfotericina veicolata attraverso i liposomi, questo riduce l’incidenza di problemi renali e permette la somministrazione di dosaggi molto più elevati che raggiungono i 5 mg/kg.
FLUCONAZOLO
Il fluconazolo viene utilizzato nei pazienti che non tollerano l’anfotericina B, tuttavia questo
farmaco non viene raccomandato come prima scelta. I dosaggi raccomandati nei pazienti crititci
sono i seguenti : si somministrano inizialmente 400 mg seguiti dalla somministrazione di 200 - 400
mg/die in una unica somministrazione per un periodo variabile a seconda della gravità del quadro
clinico. Questo farmaco è escreto in gran parte immodificato con le urine in quanto ha un
metabolismo epatico molto piccolo, quindi va considerato il farmaco di scelta nella candidosi del
tratto urinario, va ricordato che in presenza di IRA la sua dose va ridotta in base alla Clcr.
5-FLUCITOSINA
La 5-flucitosina è un ottimo farmaco anti candida, ma se utilizzato da solo comporta lo sviluppo di
resistenze, quindi va usata solo in associazione con l’anfotericina B (vedi sotto) permettendo di
ridurre la dose di entrambi i farmaci, e di conseguenza sia la tossicità dell’anfotericina B che
l’effetto mielosopressivo della 5-flucitosina.
TERAPIA DELLA CANDIDOSI SISTEMICA
Tutti i pazienti con candidosi sistemica richiedono la rapida instaurazione della terapia, in quanto
alla candidemia è attribuita una mortalità del 38%. La terapia va iniziata con l’anfotericina B alle
dosi sopra indicate, se i pazienti non migliorano all’anfotericina B va associata la Flucitosina.
Questa non va mai somministrata da sola in quanto i Miceti del genere Candida sono
intrinsecamente resistenti a questo farmaco, mentre un sinergismo con l’anfotericina B è stato
dimostrato sia in vitro che in vivo. Le dosi di flucitosina consigliate sono 50 - 150 mg/kg/die per via
orale.
Il persistere di una candidemia per un periodo superiore ai 5 giorni nonostante l’instaurazione di
una adeguata terapia deve far considerare di sostituire tutti i device intravascolari che vanno
posizionati in altra sede pena l’immediata infezione dei nuovi dispositivi.
ANFOTERICINA B 0,5 mg/kg/die ev ± 5-FLUCITOSINA 50-100 mg/kg/die per via orale.
TERAPIA DELLA CANDIDOSI DEL TRATTO URINARIO
La presenza di candiduria associata a segni di sepsi, ad una emocoltura positiva, a sierologia
positiva e/o alla positività per ricerca di Candida in un altro sito normalmente sterile, implica la
necessità di trattare la causa, in questo caso l’anfotericina B non è il farmaco ideale in quanto si
concentra poco nelle urine, mentre il fluconazolo rappresenta il farmaco ideale.
Nessun farmaco però è efficace se non si sostituisce il catetere vescicale, che va cambiato una volta
istituita la terapia per evitare una disseminazione dell’infezione.
Quando si sospetta una infezione renale va fatta immediatamente l’ecografia renale per la
possibilità che si siano sviluppati degli ascessi renali che qualora presenti peggiorano enormemente
la prognosi.
Nei pazienti con infezione delle basse vie urinarie senza segni di disseminazione, l’utilizzo
dell’anfotericina B per via endovescicale alla dose di 5 - 10 mg ogni 12 ore per 2 giorni sembra
essere la terapia di scelta, il catetere va tenuto chiuso dopo la somministrazione del farmaco per un
periodo non inferiore alle due ore. I lavaggi endovescicali possono essere anche eseguiti con il
fluconazolo alla dose di 200 mg ogni 12 ore. FLUCONAZOLO 400 mg in prima giornata, seguito da una terapia di mantenimento con
200-400 mg/die per 7-14 giorni.
TERAPIA DELLA PERITONITE DA CANDIDA NEL POST OPERATORIO
La peritonite da Candida è una patologia insidiosa, e spesso si associa ad una peritonite batterica.
La terapia si basa sulla somministrazione per via sistemica di anfotericina B associata o meno alla
flucitosina in combinazione con dei lavaggi endoperitoneali.
TERAPIA DELL’ENDOCARDITE DA CANDIDA
L’endocardite è una complicanza frequente nei pazienti portatori di valvole artificiali, ma
occasionalmente può essere anche una complicanza di una candidosi sistemica.
La diagnosi può essere molto difficoltosa in quanto l’ecocardiografia è spesso negativa anche in
presenza di una colonizzazione valvolare che si manifesta clinicamente.
La terapia si basa sull’associazione della 5-flucitosina all’anfotericina B in quanto
quest’ultima ha una scarsa penetrazione nelle vegetazioni. Oltre a questa associazione è anche
possibile utilizzare il fluconazolo ad alti dosaggi 10 mg/kg/die ad esempio in un paziente di 70
kg vanno somministrati 700 mg di fluconazolo in 3 somministrazioni.
TERAPIA DELLA MENINGITE DA CANDIDA
La meningite da Candida è una grave complicanza che interviene nei pazienti dopo interventi di
NCH o dopo il posizionamento di shunt.
Visto che queste sono in ogni caso infezioni gravissime, la terapia si basa sulla seguente
associazione:
ANFOTERICINA B 1mg/kg/die + 5- FLUCITOSINA alla dose di 100 mg/kg/die.
Quando ci troviamo di fronte ad infezioni di media gravità il fluconazolo alla dose giornaliera di
400 mg può essere sufficiente.
TERAPIA DELL’ENDOFTALMITE DA CANDIDA
L’endoftalmite è una complicanza frequente in corso di infezioni da Candida, essa è solitamente
subdola in quanto può non dare segno si se per molti giorni o settimane anche quando il trattamento
è stato iniziato. Per questo motivo è di fondamentale importanza far eseguire una visita del fondo
oculare per valutare l’eventuale presenza di lesioni alla retina. Qualora queste fossero presenti la
terapia si basa sull’utilizzo a dosi piene dell’anfotericina B associata alla flucitosina in quanto la
prima ha scarsa penetrazione nel vitro. Quando ci troviamo di fronte a lesioni massive progressive o
asimmetriche, si impone la vitrectomia parziale e l’uso intravitreale dell’anfotericina B.