Nel diritto greco, il reato di adulterio si configurava ogni qualvolta un uomo sposato aveva un rapporto sessuale con una donna appartenente a una classe sociale elevata, anche se vedova (avere relazioni sessuali con donne plebee era dunque più che naturale e comunque non offensivo).
La donna, non era considerata soggetto di reato, ma oggetto e dunque non era punibile, anche se poteva essere ripudiata dal marito e l'offesa subita poteva essere compensata da una somma in denaro. L'uxoricidio per motivi d'onore non era punito.
Nella società romana invece le leggi erano più rigide ed in alcuni periodi storici gli adulti potevano essere anche puntiti entrambi e con la morte. Nel 18 a.C. ad esempio, la lex Iulia de adulteriis coercendis concedeva al padre della donna il diritto a uccidere impunemente entrambi gli adulteri colti in flagrante e al marito il diritto di uccidere l'amante della moglie, oltre che l'obbligo a ripudiare la consorte.
L'adulterio continuò ad essere punito con severità, spesso anche con la morte, anche in epoca medioevale.
Solo in tempi recenti, almeno nella società occidentale, l'adulterio non è più considerato un delitto, ma per lungo tempo è stato consentito che l'offesa potesse essere vendicata legittimamente col sangue, secondo una libera giurisdizione familiare degli offesi.
La vendetta veniva chiamata 'delitto d'onore'. Quasi stupisce oggi pensare che in Italia, paese dove si è sviluppata la civitas romana, il cristianesimo, il rinascimento ecc., l'articolo 559 del codice penale (secondo la codificazione del 1930), prevedeva la pena di reclusione (fino ad un anno) per la moglie adultera e per il correo (cioè l'amante) e non per il marito adultero (che veniva punito solo nel caso di concubinato, ovvero del completo abbandono del tetto coniugale). Nel caso la relazione fosse abituale e non occasionale, la pena poteva raggiungere i due anni di reclusione.
Nel 1961 la Corte Costituzionale fu investita del problema della legittimità costituzionale della norma in rapporto all'articolo 29 della Costituzione (che sancisce la parità dei coniugi): la Corte dichiarò infondata la questione di legittimità costituzionale e la rigettò. La questione fu nuovamente sottoposta al vaglio della Corte nel 1968, quando - finalmente - l'articolo relativo all'adulterio fu riconosciuto illegittimo.
In base allo stesso principio di parità, nel 1969 la Corte riconobbe anche l'illegittimità della norma che perseguiva il concubinato e abrogò entrambe le figure di illecito.
Da allora sono passati solo poco più di trenta anni.
Egli vieta alla donna adultera di partecipare ai sacrifici pubblici, per timore che ella, mescolandosi a donne ossesse, le possa corrompere, e se vi partecipa o si adorna, ordina al primo che la incontri di lacerarle le vesti, di strapparle di dosso gli ornamenti e di percuoterla, badando tuttavia di non ucciderla o storpiarla –. Ma le donne ateniesi sapevano arrangiarsi.
Una donna ateniese racconta:
- Ero sposa da tre giorni, e mio marito dormiva accanto a me.
Io avevo un amico, che mi aveva sverginata a 7 anni; preso dalla voglia viene a grattare la mia porta: io subito capisco e scendo quatta quatta dal letto.
- Dove vai?- fa mio marito.
- Dove? Ho una colica e dolori di ventre, mio caro, vado alla latrina-.
- E va pure!-
E si mette a pestare insieme ginepro, aneto e salvia. Io, verso un po’ d’acqua sui cardini, e me ne vado fuori, dall’amico; poi mi metto curva presso l’altare di Apollo tenendomi al lauro-. (Aristofane)
Nell’Alto Medioevo si constata anzitutto un divario tra strati sociali inferiori, poveri e senza la preoccupazione del lignaggio, e dinastie feudali. Così, è negli strati più elevati che si praticava più spesso il ‘ripudio’ – per sterilità della sposa, per stringere nuove alleanze – e, quindi, la Chiesa incontrava maggiori ostacoli al raggiungimento dell’indissolubilità che era il suo obiettivo. In questo contesto non fu l’adulterio, bensì l’incesto, il motivo addotto più di frequente per sciogliere un matrimonio. L’incesto fra parenti era considerato normale, mentre l’adulterio, come prevedeva la legge burgunda, generava una riprovazione tale che portava al ripudio immediato della donna maritata, che veniva poi strangolata e gettata in una palude fangosa.
Nei secoli XI e XII, sempre per la classe aristocratica:Le regine e le dame, accusate da una fazione avversa di intrattenere relazioni colpevoli con gli uomini che ricevono nella loro ‘camera’ per le necessità dell’intrigo, si discolpano spesso con l’Ordalia: la prova unilaterale del ferro rovente tenuto in mano o quella bilaterale, del duello in cui ci si fa rappresentare: la prima rivela una certa solitudine dinanzi all’accusa, la seconda presuppone l’intervento di un campione, familiare, parente….o amante. Isotta, Ginevra e tutta una galleria di eroine epico-romanzesche, che non appaiono davvero tutte innocenti, riescono così a sfuggire al verdetto della corte feudale del loro signore e padrone.
Negli statuti urbani del XII secolo in Italia e del XIII in Francia, si trovano articoli sulla punizione dell’adulterio che prevedono dure pene sia per gli uomini che per le donne. Così, ad esempio, le Consuetudini di Tolosa del 1293, che raccomandano e illustrano in un disegno la castrazione di un marito adultero.
L'adulterio movimenta la vita sentimentale di sempre più larghi strati sociali. E, di sentimenti, le donne sono sempre più assetate. L’adulterio regna sovrano nel romanzo per tutto l’Ottocento e i primi del Novecento. consumato o no, la sua importanza nella vita della donna è enorme.
Mai aveva avuto gli occhi così grandi, così neri e profondi. Qualcosa di inafferrabile, diffuso sulla sua persona, la trasfigurava. Si ripeteva: ‘Ho un amante, un amante’, deliziandosi a questo pensiero come a quello di una nuova pubertà sopravenuta. Avrebbe finalmente posseduto quelle gioie dell’amore, quella febbre di felicità di cui aveva disperato. Entrava in qualche cosa di meraviglioso, dove tutto sarebbe stato passione, estasi, delizia: un’immensità azzurra la circondava, le cime del sentimento brillavano nel suo pensiero –
Altrettanto essenziale per la figura dell’amante, per colui che trascina la donna all’adulterio, è la consapevolezza di Vronskij all’inizio della sua passione in Anna Karenina:
Egli sapeva molto bene che, agli occhi di Betsy e di tutte le persone di mondo, non rischiava di diventar ridicolo. Sapeva molto bene che agli occhi di queste persone la parte dell’amante infelice di una ragazza e in generale di una donna libera poteva parer ridicola: ma la parte del corteggiatore di una donna maritata che, qualunque cosa accada, pone la propria vita in giuoco per trascinarla all’adulterio, questa parte aveva qualcosa di bello e di grande e non poteva mai apparir ridicola L. Tolstoj – Anna Karenina
Forse nessun altro atto o pratica relativa alla sessualità ha subito nel tempo una trasformazione altrettanto radicale quanto l’adulterio. Il termine, che non indica più un delitto, è caduto in disuso e lo sostituisce relazione extraconiugale o infedeltà. Maturata attraverso tutta una serie di fattori che hanno portato alla costituzione della società postindustriale, la trasformazione si può però considerare iniziata già prima, nella sensibilità se non nella mentalità. Così ad esempio nel racconto di Robert Musil: Il compimento dell’amore che è del 1911, la relazione extraconiugale non adultera lma, al contrario, compie addirittura l’amore quando l’amore sia stato legalizzato dal matrimonio. La protagonista del racconto è infedele al marito amato sebbene provi schifo o, che è lo stesso, non perché prova schifo, dell’uomo che incontra casualmente.
Unna quarantina d’anni dopo, in quelli che sui usano chiamare Rapporti Kinsey, venivano così evidenziate le componenti extraconiugali del rapporto coniugale: I rapporti extraconiugali sono causa di difficoltà nella maggior parte di casi in implicano relazioni d’affetto e di sentimento con la nuova persona che prende il posto del coniuge.
Nelle nostre storie troviamo alcuni individui per i quali l’armonia sessuale nel matrimonio è stata senza dubbio favorita da relazioni extraconiugali.
Talvolta questo dipende dall’aver imparato nuove tecniche o dall’aver acquisito nuovi atteggiamenti che diminuiscono le inibizioni che ostacolano le loro relazioni coniugali.
Anche alcune donne che hanno difficoltà nel raggiungere l’orgasmo con il marito trovano che la novità nello stare con un altro uomo le stimola al punto di avere il loro primo orgasmo e, avendo questo come sfondo, si armonizzano meglio con i loro mariti.
I rapporti extraconiugali hanno avuto l’ effetto di convincere alcuni maschi che i rapporti con la moglie erano molto più soddisfacenti di quanto non avessero compreso.
I Kaingang, indigeni del Brasile, non hanno la cerimonia nuziale e non c’è un termine che significhi matrimonio.
La stessa parola viene usata sia per il rapporto sessuale che per mangiare. Il sesso, come il cibo, è sorgente di piacere; bambini e adolescenti si danno ad attività sessuali tanto liberamente quanto gli adulti fatta eccezione che i rapporti sessuali dovrebbero essere evitati fra genitori e figli e tra fratelli e sorelle. Comunque siano le strutture delle relazioni tanto gli uomini che le donne continuano a godersi rapporti sessuali al di fuori del loro legame. Se l’infedeltà è aperta e persistente, può nascere la gelosia e può essere chiesta una retribuzione.
Vanno dagli antichi ebrei ai coloni puritani della Nuova Inghilterra, da società tradizionali africane agli indigeni delle Isole Trobriand del Pacifico Occidentale, dai moderni contadini greci di Tipoka alle più primitive isole della Polinesia. Per una moglie adulterina la pena più comunemente applicata sembra essere la violenza fisica o la morte da parte del marito.
Gli Zulu africani puniscono severamente l’adulterio femminile, uccidono l’adultera con dei rami spinosi o le introducono dei cactus in vagina.
I Nuer del Sudan credono che un uomo possa ammalarsi in seguito all’adulterio della moglie. Il sacrificio che essi richiedono in tali casi non è soltanto retribuzione per l’immoralità del fatto, ma anche salvaguardia contro la lesione fisica.
Molte culture permettono l’adulterio quando uno dei coniugi è incapace di avere figli.
Il contatto extramatrimoniale che coinvolge membri di differenti tribù è severamente proibito.
L’idea che il matrimonio dia agli uomini diritti sulle donne, anziché dare ad ambedue uguali diritti, è intimamente associata con il concetto di una moralità sdoppiata. Sulla base di questa moralità è convenzionalmente permesso agli uomini, ma non alle donne, di avere rapporti sessuali al di fuori del matrimonio.
Tra Swazi, in Africa, l’adulterio durante i lunghi periodi in cui il marito è assente da casa è persino apprezzato, perché permette così alla moglie di mettere al mondo dei figli.
Nel diritto attico l’adulterio non era considerato solo un’offesa recata al marito, ma rientrava nella categoria dei reati commessi contro l’oiùkov, la cellula fondamentale della società greca, il cui scopo era la perpetuazione della stirpe e la conservazione dei riti familiari.
Si spiega così come mai fosse considerato adulterio un rapporto carnale illecito non solo con la moglie, ma anche con la sorella, la madre e con la concubina che uno avesse con sé per averne figli liberi. Queste diverse forme di adulterio ci sono elencate in una legge più volte citata dagli oratori attici, nella quale si precisa anche che il delitto di adulterio non è perfetto se non c’è violazione del domicilio, dal momento che i rapporti che una donna libera aveva fuori delle pareti domestiche erano considerati violenza carnale e non adulterio.
Inoltre, poiché lo scopo esclusivo del matrimonio era quello di generare figli, in Grecia l’adulterio era considerato anche un’ingiuria alla collettività: esso, infatti, poteva avere come conseguenza l’introduzione nella casa del marito e negli elenchi dei cittadini ateniesi di un bambino che non aveva alcun legame di parentela con lui e poteva anche non essere ateniese.
Pertanto, il cittadino ateniese, che all’interno della sua casa aveva poteri sovrani, poteva uccidere impunemente l’adultero se lo sorprendeva in flagrante tra le pareti domestiche, mentre fuori avrebbe commesso un omicidio volontario. Il cittadino che sorprendeva in flagrante l’adultero in casa propria aveva il diritto di ucciderlo, ma poteva anche metterlo in ceppi e accordarsi con lui su una multa da pagare, come risarcimento del danno recato all’onore della famiglia. Questa pratica è attestata già nell’Odissea (VIII 266-366) quando l’aedo Demodoco canta l’episodio di Ares e Afrodite sorpresi da Efesto in flagrante adulterio, ma l’esiguità delle fonti in merito fa pensare che si trattasse di un comportamento ritenuto spregevole e, quindi, poco praticato. La donna, invece, nel diritto attico era considerata oggetto passivo del reato di adulterio e non era correa, tant’è vero che manca in attico il corrispondente femminile del sostantivo moichòs “adultero”, e la donna adultera è indicata con il participio passivo del verbo moichéuo, cioè memoicheuméne.
Tuttavia, incorreva in alcune sanzioni familiari: era allontanata dai sacrari e, se era maritata, il marito era costretto a rimandarla nella famiglia paterna e alla famiglia d’origine spettava di punirla, anche vendendola come schiava oltre i confini dell’Attica. Questa norma valeva anche se la donna aveva subito una violenza carnale.
La donna accusata di adulterio, dunque, non aveva alcuna possibilità di difendersi, solo in alcuni casi poteva farlo attraverso il suo tutore, e, una volta condannata, non poteva più partecipare a cerimonie pubbliche, indossare gioielli e, ovviamente, non si poteva risposare: era, di fatto, socialmente emarginata. Singolare è, poi, il fatto che la pena prevista per l’uomo che commetteva violenza carnale era inferiore a quella prevista per la seduzione. Nel primo caso, infatti, era prevista una multa in denaro, nel secondo anche la pena di morte. La seduzione, infatti, era per il marito ateniese un’offesa più grave, perché presupponeva un rapporto per il periodo di tempo in cui il seduttore si era conquistato l’affetto della donna e soprattutto l’accesso, in quel frangente, alle proprietà della sua famiglia.
Secondo una formulazione giuridica, è un delitto contro il matrimonio che si connette con l’atto sessuale della moglie in qualsiasi luogo commesso, con persona diversa dal marito.Si parla comunemente anche di adulterio del marito, ma per questo il reato assume le diverse caratteristiche del concubinato.
Nel corso della storia, in area occidentale, l’adulterio ha cessato di essere un delitto solo in tempi recenti. Come delitto la sua considerazione presenta due variabili fondamentali:la persona del colpevole e la sfera competetene a punirlo. Secondo la prima variabile, è stato punito ora solo l’adultero – intendendo come tale il correo dell’adultera a prescindere dal fatto, irrilevante di fuori dell’etica cristiana, che costui fosse egli stesso coniugato o no – ora l’adultera, ora l’uno e l’altra.
Per la seconda variabile, il delitto apparteneva in origine alla giurisdizione familiare e poteva essere punito con l’uccisione ma anche solo con una ammenda¸in seguito è divenuto pubblico reato, ma l’offesa ha continuato a poter essere vendicata legittimamente col sangue degli offesi stessi; infine la vendetta, considerata delitto d’onore, è rimasta parzialmente legittima.
In Italia, fino al 1968 l’adultera era punita con la reclusione fino a un anno e con la stessa pena il suo correo; nel caso di abituale relazione, fino a due anni. Il delitto a querela del marito.
Quanto al delitto d’onore, sia pure in misura col tempo decrescente, attenua tuttora la pena di chi si lava l’offesa da sé.