Dimmi come gestisci la casella di posta elettronica e ti dirò chi sei. La testata spagnola El Pais ha pubblicato, di recente, i risultati di un reportage incentrato sui nuovi comportamenti-tipo del popolo della rete, indagine focalizzata nella fattispecie su quelli che sono i retroscena psicologici che si celerebbero dietro al modo individuale di organizzare la propria e-mail box.
Cinque, secondo il parere dell’iberico Enrique Dans, docente di sistemi tecnologici dell'Istituto Impresa, le possibili tipologie di utente al momento in circolazione: il navigatore web può essere cioè - all’occorrenza - definito “classificatore”, oppure “selettivo”, “sentimentale”, “irresponsabile” o sennò - novità assoluta dell’analisi comportamentale internautica - “diogene”. La chiave di lettura dell’assegnazione di una piuttosto che dell’altra categoria sta tutta, dicevamo, nell’atteggiamento personale riferito alla gestione del bagaglio quotidiano di mail in arrivo: c’è chi dunque archivia le missive dividendole in apposite cartelle tematiche (il classificatore), chi invece conserva solo le comunicazioni importanti (il selettivo), chi salva esclusivamente i messaggi con un qualche valore emotivo (il sentimentale), chi cancella indiscriminatamente tutto dopo aver letto (l’irresponsabile) e, dulcis in fundo, chi accumula, accumula, accumula.
Ed è proprio quest’ultimo, appunto, il caso del “diogene” in questione, profilo di generazione piuttosto recente proprio perché, sul piano puramente pratico, la possibilità di mantenere così tanto materiale era di fatto preclusa all’utente della prima ora, dal momento che solo pochi anni fa lo spazio concesso al possessore di una casella di posta elettronica era infinitamente minore rispetto a quello che si ha a disposizione adesso. Oltre al fattore tecnico, poi, va considerato anche l’aspetto legato alle conseguenze dell’evoluzione della rete: nel tempo internet ha avuto un’ascesa, in termini di popolarità, di portata epocale, e l’importanza man mano conferita a questo canale per quanto riguarda il traffico di messaggi di lavoro e di contatti con amici e parenti ha portato con sé, in soldoni, un volume di mail in quantità esponenziale. A questo, poi, vanno sommati il fenomeno dello spamming e l’avvento dei “bacn”, vale a dire le notifiche che vanno a segnalare i vari movimenti relativi alla pagina personale aperta su uno dei social-network messi a disposizione sul web.
Detto questo, e appurato quindi che quella dell’utente-diogene è una sindrome nata sì da poco, ma solo per causa di forza maggiore, va da sé che il rovescio della medaglia non sia da sottovalutare: posto il fatto, intanto, che la cattiva abitudine dell’accumulo selvaggio rischi di portare all’intasamento della casella ergo alla perdita dell’account ergo al blocco dell’accesso ai nuovi messaggi in arrivo, il punto fondamentale da tenere presente è senz’altro l’indicazione di un preciso retroscena emotivo. Chi accumula lo fa innanzitutto per paura di scegliere, ovvero di decidere, e questo a sua volta rimanda ad un’insicurezza di base, talvolta cronica, nei propri mezzi, cosa che spinge a non buttare mai via nulla, o comunque il meno possibile, nella convinzione inconscia e perenne che questo o quello, in un prossimo futuro, potrebbe magari servire o addirittura rivelarsi importante, essere insomma d’aiuto.
L’ostinato non cliccare sui vari “cancella”, “elimina” e via discorrendo, dunque, sarebbe in estrema sintesi una delle tante facce di una stima in se stessi non propriamente solida. Si evita di selezionare – e questo principio si può applicare alle cose, alle persone – per evitare di ritrovarsi faccia a faccia con qualcosa d’impegnativo, in altre parole potenzialmente fallimentare, o al di sopra delle proprie possibilità: frequentare caparbiamente o concedere regolarmente troppo spazio a chi non c’interessa davvero, laddove non sia imposto da questioni familiari, di lavoro e circostanze varie, altro non è che la traduzione quotidiana del timore di confrontarsi direttamente con chi, in teoria, potrebbe considerarci in qualche modo inferiori o poco interessanti. Ecco che la quantità, insomma, prende il sopravvento sulla qualità: il sovraccarico da saturazione (di mail certo, ma volendo anche d’impegni non fondamentali, di oggetti ormai inutili, di troppi amici con cui non si ha nulla di che spartire realmente) si presta come scusa ideale e costante per disperdersi e non arrivare mai al dunque. Ecco che insomma una banale abitudine, quella di lasciar appesantire la casella di posta elettronica piuttosto che no, arriva a rivelarci a sorpresa qualcosa d’importante su di noi: e tu? Già controllato la posta oggi?