Prima di tutto una precisazione: la psicopatia non è una malattia mentale! In effetti, secondo gli esperti si tratterebbe di un disturbo della personalità, una deviazione rispetto alla norma. Il termine è nato negli anni ‘30. Attualmente, gli specialisti raccomandano di abbandonare il termine “psicopatia” a favore dell’espressione “organizzazione della personalità ad espressione psicopatica” (OPEP).
La psicopatia interesserebbe dal 2 al 3% della popolazione, soprattutto gli uomini, fra i 20 e i 30 anni. Da sottolineare il fatto che il disturbo sembra scomparire dopo i 40 anni, inspiegabilmente (leggere a questo proposito l’articolo sui trattamenti).
Per correggere un’immagine un po’ deformata della realtà, lo psicopatico non è un pericolososerial killer assetato di sangue. È soprattutto unantisociale o piuttosto un “dissociale” come dicono gli specialisti, che ha difficoltà a mantenere i rapporti con gli altri. Fra le psicopatie si distinguono anche le personalità borderline.
Esistono molti definizioni dei disturbi psicopatologici, in particolare secondo il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali americano (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, DSM-IV), o la classificazione internazionale delle malattie dell’Organizzazione mondiale della sanità (Cim). Un rapporto dell’Autorità superiore della sanità sulla cura degli psicopatici ha identificato sei punti che caratterizzano la personalità psicopatica:
L’indifferenza fredda.
Le persone non sono sensibili, non si può “prenderli per i sentimenti”.
L’irresponsabilità.
Parliamone: ai nostri giorni uno psicopatico non deve tenere necessariamente la mummia della madre morta un anno prima all’interno del ripostiglio di casa (anche se c’è chi lo ha fatto, eh…) né aggirarsi nella notte dotato di motosega in cerca di coppiette che si appartano con la macchina per spiegare loro quanto sia pericoloso, talvolta, l’amore.
No, lo psicopatico del nuovo millennio è socialmente accettato (anche se con riluttanza, ovvio) e perfettamente integrato nonostante le sue manie non sempre condivisibili.
“Tu sei pazzo!“. Quante volte lo avremo pensato di un amico, un conoscente o un familiare? Abbastanza, da poter dire che tutti noi conosciamo almeno uno psicopatico.
La cosa non è così assurda, ma corrisponde alla realtà. Si stima, infatti, che circa il 4% della popolazione mondiale abbia dei disturbi mentali anche gravi. Mancanza di empatia, narcisismo, violenza, schizofrenia e chi più ne ha più ne metta. Molti (anzi la maggior parte) vivono integrati all’interno della società, quasi come se la psicopatia fosse anche la chiave del successo.
Spesso, associamo gli psicopatici a criminali e omicidi, artisti del calibro di Anders Breivik o Ted Bundy, ma non è sempre così, anzi. Le persone con disturbi mentali conducono una vita del tutto normale, senza uccidere o ferire nessuno. Tratti come la tendenza alla paranoia, la menzogna patologica, il fascino superficiale e l’impulsività sono solo alcuni dei 20 segni riscontrabili con il test PCL-R, o Psychopath Test, ovvero un esame per ottenere una valutazione psicologica del paziente.
Il neuroscienziato James Fallon, mentre stava guardando le scansioni cerebrali di assassini e criminali, mettendo a confronto l’attività nelle aree cerebrali responsabili di empatia con quella degli altri che erano considerati “normali”, notò una scansione (eseguita per altri studi sull’Alzheimer), la sua, che presentava gli stessi segni di quella degli psicopatici. Dunque, qual è il confine tra psicopatia e normalità? Mostrandola ai suoi colleghi, capì che certi schemi dell’immaginario collettivo non erano poi così corretti nel valutare il potenziale psicopatico di ciascuno.
Secondo Xanthe Mallett, un antropologo forense e criminologo presso l’Università del New England, ci sonoalcuni segnali che si cercano durante un interrogatorio per giudicare se qualcuno potrebbe essere un malato mentale. Spesso, si è convinti di trovare segnali verbali e fisici, ma non si pensa al fatto che gli psicopatici sono quasi sempre bravissimi attori e sanno fingere. Uno degli elementi che potrebbe realmente essere un sintomo di questi disturbi è la distanza fisica che intercorre tra due persone nella stessa stanza; gli psicopatici preferiscono mantenere una certa distanza per essere più a loro agio.
Non è così facile e, molto spesso, i nostri giudizi restano superficiali e privi di fondamento. Ricordate la storia del dr. Jackie mr. Hyde? Chi lo avrebbe mai detto che il dr. Jackie fosse il serial killer?!