La norma in esame, rinviando parzialmente al delitto di ingiuria previsto dall'articolo 594 codice penale, punisce colui che, comunicando con più persone, offende la reputazione di un individuo non presente. Gli elementi oggettivi necessari per la configurazione del reato sono:
Oggetto di tutela del reato di diffamazione è la reputazione, intesa quale onore in senso oggettivo (in contrapposizione all'onore in senso soggettivo tutelato dal reato di ingiuria), e consistente nella valutazione dei consociati rispetto al valore morale e sociale di un individuo.
La diffamazione può sussistere solo nei confronti di un soggetto determinato, con la logica conseguenza che il reato in esame non sussiste qualora non sia possibile individuare il soggetto destinatario dell'offesa. Secondo autorevole dottrina (Antolisei), possono altresì essere soggetti passivi del reato di diffamazione le persone giuridiche e gli enti collettivi di fatto.
Il reato oggetto della presente disamina si consuma nel momento e nel luogo della divulgazione della manifestazione lesiva della reputazione del soggetto passivo. Con riguardo alla diffamazione, il dolo può essere tanto generico, quanto eventuale (nell'ipotesi di accettazione del rischio dell'offesa), cioè perché si configuri il reato non è necessaria la volontà specifica di offendere, ma anche solo la consapevolezza del rischio di offesa. Il tentativo è ipotesi pacificamente configurabile.
Cause generiche di non punibilità
Tra le esimenti comuni (le situazioni o i requisiti che escludono la punibilità) che generalmente si applicano alla fattispecie criminosa, troviamo l'esercizio di un proprio diritto (articolo 51 codice penale), in particolare nell’esplicazione del diritto di cronaca o di critica.
Ai sensi dell’articolo 68 Costituzione, inoltre, i membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni.
Cause specifiche di non punibilità
L'articolo 598 codice penale esclude la punibilità del reato di diffamazione qualora le offese siano contenute in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle Autorità giudiziarie o amministrative e ciò a fronte dell'esigenza di garantire la libertà di discussione e di difesa di ciascun individuo.
L'articolo 599 codice penale, al comma 2, esclude, invece, la punibilità di chi abbia perpetrato offese nello stato d'ira determinato da un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso. Per l'applicazione di tale esimente è necessario che lo stato d'ira (da intendersi come la situazione emotiva nella quale risulta scemata la capacità dell'agente di resistere all'impulso aggressivo) trovi la sua causa diretta nel fatto ingiusto altrui.
Competenza per materia: Giudice di Pace (ipotesi I e comma 2) e Tribunale in composizione monocratica (per le altre ipotesi). Udienza preliminare per il solo caso di cui all'articolo 13, legge 47/1948 (diffamazione col mezzo della stampa periodica o a mezzo di trasmissioni radiofoniche o televisive e attribuzione di un fatto determinato) .
Competenza per territorio: il locus commissi delicti della diffamazione semplice è quello in cui si è perfezionata la comunicazione con almeno due persone.
Procedibilità: querela.
Pena: reclusione fino a un anno o multa fino a euro 1.032 per le ipotesi di cui al comma 1; reclusione fino ad anni due o multa fino a euro 2.065 per le ipotesi di cui al comma 2 (per le ipotesi di cui ai primi due commi dell’articolo 595 codice penale, in quanto di competenza del Giudice di Pace, potrà concretamente applicarsi solo la pena pecuniaria della multa da euro 258 a 2.582 o la pena della permanenza domiciliare da sei giorni a trenta giorni ovvero la pena del lavoro di pubblica utilità per un periodo da dieci giorni a tre mesi, a norma dell’articolo 52, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274); reclusione da mesi sei ad anni tre, o multa non inferiore a euro 516 per le ipotesi di cui al comma 3; reclusione da un anno ad anni sei e multa non inferiore a euro 258 per le ipotesi di cui all'articolo 13, legge47 /1948.
La diffamazione a mezzo stampa (articolo 595, comma 3, codice penale): il terzo comma dell'articolo 595 dispone che, qualora l'offesa sia arrecata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è la reclusione da sei mesi a tre anni.
La causa dell'inasprimento della pena rispetto alla diffamazione cosiddetta semplice, risiede, secondo la dottrina tradizionale (Antolisei, Forchino), nella maggiore offesa arrecata all'altrui reputazione, in ragione della particolare virtù comunicativa del mezzo adoperato per diffamare. Opportunamente si è evidenziato, al fine di individuare la ragione dell'aggravante in esame, il potere di persuasione psicologica e di orientamento d'opinione che la stampa e i mass media in generale notoriamente possiedono.
Per il caso di diffamazione commessa con il mezzo della stampa periodica consistente nell'attribuzione di un fatto determinato, l'articolo 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 prevede la pena della reclusione da uno a sei anni e della multa non inferiore a euro 258. La fattispecie anzidetta non costituisce un'ipotesi autonoma di reato, ma una circostanza aggravante complessa del reato di cui all'articolo 595 codice penale, in quanto si limita a stabilire una pena più grave per il concorso di aggravanti già contemplate nello stesso articolo 595, rispettivamente al comma 2 e 3.
In caso di diffamazione a mezzo stampa periodica, ai sensi dell’articolo 57 codice penale, salva la responsabilità dell'autore della pubblicazione e fuori dei casi di concorso, il direttore o il vice-direttore responsabile, il quale omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione siano commessi reati, è punito, a titolo di colpa, se un reato è commesso, con la pena stabilita per tale reato, diminuita in misura non eccedente un terzo.
L'articolo 30, comma 4, legge 223/1990 ha esteso la disciplina dell'articolo 13 legge 47/1948 anche alla diffamazione commessa a mezzo di trasmissioni radiofoniche o televisive.
La giurisprudenza ha affrontato negli ultimi anni casi aventi ad oggetto diffamazioni commesse a mezzo Internet. La pubblicazione di immagini o scritti diffamatori in un sito web, o la creazione di un sito web a contenuto diffamatorio è stata ricondotta alla fattispecie della diffamazione commessa “con qualsiasi altro mezzo di pubblicità”, di cui all'articolo 595, comma 3 codice penale, affermando in maniera decisa che non si applicano al caso in questione né la disciplina relativa alla diffamazione a mezzo stampa periodica, né la normativa in tema di diffamazione commessa tramite trasmissioni radiofoniche o televisive.
La giurisprudenza di legittimità ha altresì precisato che il reato di diffamazione a mezzo di sito web si consuma non al momento della diffusione del messaggio offensivo, ma al momento della percezione dello stesso da parte di soggetti che siano “terzi” rispetto all'agente e alla persona offesa.
In tema di reati commessi a mezzo stampa, il luogo del commesso reato, rilevante ai fini della determinazione della competenza per territorio, va determinato con riferimento al luogo di prima diffusione dello stampato, di regola coincidente con quello della stampa, nella ragionevole presunzione che, una volta uscito lo stampato dalla tipografia, si verifichi l'immediata possibilità che esso venga letto da terzi e, quindi, la sua diffusione, intesa in senso potenziale. La regola vale anche quando si tratta di quotidiano a diffusione nazionale, ma corredato di edizioni locali non stampate nello stesso luogo di quella principale; in tal caso, però, attesa l'autonomia delle parti e in virtù dell'enunciato criterio dell'immediata diffusione, occorre far riferimento al luogo di stampa dell'edizione per mezzo della quale si è realizzato il reato. Solo eccezionalmente può farsi riferimento al deposito in questura delle copie, e ciò limitatamente al caso in cui la prima diffusione del giornale non coincida con il momento del suo distacco dall'azienda tipografica e si verifichi successivamente, all'atto dell'assemblaggio di parti non autonome (copertina, inserti, eccetera) stampate in luoghi diversi.
La competenza territoriale è attribuita, in tali casi, al Tribunale del luogo di residenza della persona offesa.
Sì: tra i rimedi extrapenali accordati dall'ordinamento al soggetto passivo del delitto di diffamazione figura l'istituto dellarettifica, previsto dall'articolo 8 della legge 47/1948. La norma citata sancisce il diritto dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini o ai quali siano stati riferiti atti, affermazioni o pensieri da essi ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità, a veder pubblicare le loro dichiarazioni, repliche o rettifiche.
In tema di diffamazione a mezzo stampa, è applicabile la scriminante dell'esercizio del diritto di cronaca alla condotta del giornalista che, pubblicando "alla lettera" il testo di un'intervista, riporti dichiarazioni del soggetto intervistato oggettivamente lesive dell'altrui reputazione, a condizione che la qualità dei soggetti coinvolti, la materia della discussione e il più generale contesto in cui le dichiarazioni sono state rese presentino indiscutibili profili di interesse pubblico all'informazione, tali da far prevalere sulla posizione soggettiva del singolo il diritto di informare del giornalista