La morte nella religione cristiana: da enigma a mistero
Categoria : MISTERI NASCOSTI
Pubblicato da Gennaro Piccolo in 13/8/2012
La crocePer molti antropologi la morte è l’origine della religione: la religione offre dei paradisi, una speranza illusoria a chi non sa affrontare la morte . In realtà un’analisi attenta delle interpretazioni della morte nelle religioni fa percepire l’opposto: la religione nasce non dalla paura della morte , o come fuga da essa, ma come desiderio di vita e d’immortalità innato nell’uomo, che non accetta passivamente il fatto della morte . Dopo un accenno alla visione della morte nelle religioni più diffuse, viene presentata l’interpretazione della morte secondo la tradizione giudaico-cristiana.


Inferno di DanteSecondo la fede ebraica, documentata dal Primo Testamento, la morte era contestazione della vita; solo la vita è considerata il bene più alto: vita lunga e piena, che continua nella discendenza; rappresenta il massimo dei beni. Dio stesso è presentato come il vivente. La vita però non è mai mitologicamente una grandezza autonoma. È Dio che dà la vita, e la toglie. All’inizio la morte veniva considerata come una punizione per peccati propri o dei padri (dottrina della retribuzione). Per cui la domanda problematica: perché Dio abbandona apparentemente il giusto (nella sofferenza e nella morte ), e sembra che il malvagio stia bene e viva a lungo. Con il libro di Giobbe viene messa in discussione questa dottrina: la morte e il dolore non vanno legate direttamente a una propria colpa. Giobbe 2,10: “Se abbiamo ricevuto il bene da Dio, non dobbiamo forse accettare anche il male?”.



Dunque l’uomo che accetta la vita, sa che deve morire. La cosa certa però è che la morte non ha un potere assoluto, ma anch’essa è sottomessa alla potenza di Dio.

La fede cristiana, documentata in particolare dal Seconda Testamento, non svuota la dura e sofferta realtà della morte con la promessa della risurrezione o del paradiso…né la esalta; ma assume in pieno la morte , senza distorsioni o parafrasi, ne assume il peso e ne riconosce la negatività. Per comprendere la morte nel cristianesimo dobbiamo volgere lo sguardo alla morte di Gesù, alla croce. Il cristianesimo ha sempre affermato con chiarezza la morte di Gesù, non l’ha mai raddolcita, svuotata; prima di proclamare la risurrezione si annuncia la morte di Gesù, come evento drammatico non solo per l’uomo, ma anche per Dio stesso. Il Nuovo Testamento descrive in toni drammatici la morte di Gesù, cerca di darne voce (le 7 parole di Gesù in Croce). Ma proprio perché la morte è entrata in Dio, assunta da lui, è stata svuotata dal suo interno: le è stato tolto il suo proprium, il suo specifico, cioè la mancanza di relazione in cui getta il morire.



Il messaggio cristiano sulla morte dice allora che è possibile viverla senza l’angoscia della solitudine e del nulla; ad essa è stata tolta - grazie alla morte di Cristo - la spinta verso il nulla; la morte non viene annullata, perché rimane come prova e dramma della vita, ma privata della conseguenza.

La fede cristiana, che ascolta in silenzio e che insieme dona una parola, trasforma la morte da enigma a mistero. Enigma è qualcosa che è senza soluzione, e non lascia speranza.



Mistero è ciò che può essere detto, evocato, anche se non esaurito.



Signore, dà a ognuno la sua morte , quella morte che viene da una vita trovato amore, senso e pena. Perché noi siamo soltanto il guscio e la foglia.

Il frutto attorno a cui tutto gira è la grande morte che ognuno ha in sé.

E’ questo che rende la morte estranea e pesante: che non è la nostra morte ; è una morte qualunque che infine ci prende soltanto perché non ne abbiamo maturato una nostra;

perciò una tempesta viene a spazzarci via tutti.