Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la cucina non limita affatto l'uso dell'alcol. In genere, infatti, esso non dà un grande contributo all'indice alcolico giornaliero in quanto è usato in quantità limitata, gran parte della quale può evaporare durante la preparazione del piatto.
Il liquore - Del liquore impiegato si è soliti conoscere la gradazione alcolica; purtroppo essa non è sufficiente a definire completamente l'apporto calorico. Infatti, oltre alle calorie da alcol (1 g = 7 kcal), un liquore può contenere anche carboidrati (zuccheri). I due ingredienti principali del liquore si comportano diversamente a seconda della preparazione: l'alcol può evaporare, i carboidrati no!
Quando si usa un liquore si dovrebbe pertanto
- conoscere la quantità di alcol residua (cioè non evaporata), andando dal 100% di un semifreddo a praticamente zero in piatti dove la temperatura e i tempi di cottura provocano la completa evaporazione dell'alcol;
- conoscere la quota di carboidrati.
Nel vino i carboidrati sono praticamente assenti (il database americano del Ministero americano dell'agricoltura da 2,61 g di carboidrati e 10,6 g di alcol per 100 g, per un totale di 85 kcal/100 g); nella birra la situazione è diversa: per ogni 100 g, 43 kcal derivanti da 3,55 g di carboidrati e solo 3,9 g di alcol (valori medi).
Paradossalmente, se l'alcol evapora tutto, è meglio usare vino anziché birra, mentre se non evapora è opportuno usare la birra, almeno dal punto di vista calorico.
La parte zuccherina sale molto per liquori dolci, come per esempio il limoncello, che devono essere usati con parsimonia.
10 cl di limoncello apportano ben 304 kcal, di cui solo 165 circa da alcol. Stesso discorso per altri tipi di liquori: usare un vermut dolce anziché uno secco comporta circa il 15% di calorie in più.
Da notare infine che esistono liquori che hanno anche ingredienti proteici: nel marsala all'uovo su 150 kcal solo 100 derivano da alcol.