Nell'immagine RNM si noti l'anello di enhancement (la parte più evidente del tumore) intorno all'area centrale di necrosi.
Epidemiologia Il glioblastoma è il tumore cerebrale più frequente, coprendo approssimativamente il 12-15% di tutte le neoplasie intracraniche e il 50-60% di tutti i tumori astrocitari. Nella maggior parte dei paesi europei e del Nord America, l’incidenza è di 2-3 nuovi casi all’anno su 100.000 abitanti. Il glioblastoma può manifestarsi a qualsiasi età, ma di preferenza si presenta negli adulti, con un picco tra i 45 e i 70 anni. Circa i due terzi dei pazienti (70%) ha un’età compresa nell’intervallo suddetto.
L’età media è di circa 53 anni, con un rapporto Maschi/Femmine pari a 1,5:1.
Questi ultimi dati provengono da un lavoro relativo a 1003 biopsie per glioblastoma, a cura dell’Ospedale Universitario di Zurigo. Sono citati in P. Kleihues et al. (2000). Dati simili sono riportati da altri autori. In un lavoro relativo a 488 casi, G.J. Dohrman e altri hanno evidenziato che sono pediatrici l'8,8% dei glioblastomi. Rari sono i casi di glioblastomi congeniti, anche se diagnosi di glioma maligno tramite ecografia in utero hanno mostrato che il glioblastoma prenatale può manifestarsi anche a 29 settimane di gestazione. I glioblastomi si presentano più spesso nella materia bianca subcorticale degli emisferi cerebrali. I siti più frequentemente affetti sono il lobo temporale (31%), il parietale (24%), il frontale (23%) e l’occipitale (16%). La combinazione fronto-temporale è tipica. La neoplasia sovente si estende per infiltrazione alla corteccia adiacente, ai gangli basali e quindi all’emisfero controlaterale. Questi dati provengono da un rapporto relativo a 987 glioblastomi, a cura dell’Ospedale Universitario di Zurigo. Sono citati in P. Kleihues et al. (2000). Glioblastomi intraventricolari sono eccezionali. Glioblastomi del tronco encefalico sono poco frequenti, anche se spesso riguardano i bambini. Il cervelletto e la spina dorsale raramente sono affetti da questa neoplasia.
Eziologia Visione tradizionale I tumori si formano a causa di una crescita anormale e sregolata di cellule. Una volta che il cervello umano completa il suo sviluppo, subito dopo la nascita, la vasta maggioranza delle sue cellule entra in uno stato di quiescenza, nel quale non si dividono più. Unica eccezione a questa regola si ha quando si sviluppa un tumore. Le cellule cerebrali tumorali riprendono il “ciclo cellulare” a causa di alterazioni in alcuni del gran numero di geni che controllano la divisione cellulare e la crescita.
Benché molto sia noto sulle alterazioni di questi geni nei tumori cerebrali, la ragione prima per la quale sorgono le alterazioni è attualmente di fatto sconosciuta.
Ereditarietà i osservi che quando si parla di geni, non vuol dire che i tumori cerebrali siano ereditari. Benché ci siano delle sindromi nelle quali tali tumori presentino familiarità, queste situazioni (neurofibromatosi, sindrome di Turcot, sindrome di Li-Fraumeni, ecc.) sono molto rare e normalmente note in famiglia, prima che si sviluppi un tumore in un membro famigliare. Ancora più rari sono i casi di familiarità al di fuori delle sindromi suddette. Fattori di rischio Vale ora la pena di soffermarsi sugli eventuali fattori scatenanti sinora individuati. La radiazione ionizzante è l’unico inequivocabile fattore di rischio che sia stato identificato per le neoplasie gliali e meningee. L’irradiazione del cranio, anche a basse dosi, può aumentare l’incidenza di tumori gliali di un fattore da 3 a 7 e di meningiomi di un fattore 10, con un periodo di latenza da 10 a più di 20 anni dopo l’esposizione. Nessun’altra situazione ambientale o comportamento da parte del paziente è stata chiaramente identificata come fattore di rischio. Viene da più parti riportato che uso di telefoni cellulari, vicinanza a cavi di alta tensione, uso di coloranti per capelli, trauma cranico, alimentazione contenente composti di N-nitrosuree, ovvero altri fattori nutrizionali, tutti incrementano il rischio di tumori cerebrali; tuttavia tali dati sono giudicati in conflitto e non convincenti.
Cellule staminali neoplastiche del cervello.
A partire dagli anni ‘90 studi prima sugli animali e poi sull’uomo hanno mostrato che all’interno del cervello c’è una continua produzione di nuove cellule. In particolare nel giro dentato dell’ippocampo e nella zona subventricolare dei ventricoli laterali sono state individuate delle cellule staminali neuronali multipotenti, in grado cioè di produrre nuove cellule indifferenziate (staminali) e cellule mature, quali neuroni, astrociti ed oligodentrociti. Sono anche capaci di auto-rinnovamento, in tal modo fanno sì che il numero totale delle cellule rimanga costante. D’altra parte, un filone della ricerca ha scoperto, a partire dal 2002, che nei tumori cerebrali, in particolare nei glioblastomi, esiste una gerarchia di cellule tumorali. Nel senso che una (piccola) parte del tumore è fatta da cellule che hanno le stesse caratteristiche delle staminali neuronali, talchè gli autori hanno coniato il nome di cellule staminali neoplastiche del cervello (brain tumor stem cells).
Sono queste il motore del tumore: riproducono in continuazione cellule staminali tumorali e cellule tumorali (non staminali). E sono solo le ultime ad essere soggette agli attacchi delle terapie. Le staminali neoplastiche sono di fatto refrattarie a radioterapia e chemioterapia, in quanto capaci di auto-riparare in tempo i danni effettuati dalle terapie tradizionali, prima che i danni divengano irreversibili e tali da rendere inattiva la cellula. Basta quindi che una sola staminale cerebrale neoplastica sfugga alla chirurgia, perché si rimetta in moto il meccanismo e si abbia una ripresa di malattia. (E sappiamo che il glioblastoma non è solo quello che si vede nella risonanza o nel microscopio del chirurgo, ma cellule di esso sono infiltrate ben lontano dal letto operatorio.) L’esistenza di queste cellule staminali neoplastiche del cervello si ipotizza che emerga da un errore nella autoregolazione delle staminali neuronali (auto-rinnovamento), di cui si è detto prima. Lo schema concettuale qui riportato in forma molto succinta, in letteratura prende il nome di "Ipotesi delle cellule staminali neoplastiche". Tale schema è seguito dalla stragrande maggioranza dei ricercatori. Ciononostante esiste una piccola ma agguerrita minoranza che tende a dare una spiegazione differente dei fenomeni descritti o a inserirli in una cornice concettuale diversa Complicanze Si riporta nel seguito un elenco sommario delle complicanze legate al glioblastoma, distinguendo quelle dovute alla malattia da quelle più prettamente legate alle terapie. Il lettore faccia bene attenzione al fatto che molte di tali complicanze non sono comuni e che un numero significativo di esse possono essere tenute sotto controllo in modo efficace.
Complicanze legate al tumore:
Edema Disturbi neurologici Disturbi visivi Idrocefalo Gliomatosi leptomeningea Deterioramento delle funzioni cognitive Deterioramento dello stato psicologico (angoscia, ecc.)
Complicanze legate alle terapie: Patologie legate alla chirurgia Infezioni Disturbi neurologici Disturbi visivi Deterioramento delle funzioni cognitive Patologie legate alla radioterapia Disturbi neurologici Disturbi visivi Deterioramento delle funzioni cognitive Patologie legate alla chemioterapia Disfunzioni ematiche Disturbi dell'apparato respiratorio Diarrea Spossatezza Disturbi neurologici Patologie legate ai farmaci anticonvulsivi Patologie legate ai farmaci antinfiammatori Patologie legate ai farmaci citostatici Clinica Segni e sintomi La storia clinica della malattia normalmente è breve (meno di 3 mesi, in più del 50% dei casi), a meno che il tumore non si sviluppi per progressione da un astrocitoma di basso grado (glioblastoma secondario; vedi più sopra la sezione Patogenesi). I sintomi del glioblastoma sono quelli (aspecifici) di una massa in espansione all'interno del cranio, quindi di crescente pressione endocranica. Comuni sono cefalea, nausea, vomito, dilatazione dei vasi cerebrali con alterazioni della retina fino al papilledema, emiparesi, emianestesia, emianopsia, diplopia, afasia e crisi convulsive. La percentuale di pazienti soggetti ad attacchi epilettici arriva sino ad un terzo. Da segnalare infine sintomi neurologici non specifici quali l’obnubilamento della coscienza e modifiche della personalità. Diagnosi La diagnosi di glioblastoma è possibile solo con le neuroimmagini. Alla TC il glioblastoma si presenta solitamente (ma non sempre) come un'area ipointensa; dopo la somministrazione di mezzo di contrasto si assiste ad un potenziamento disomogeneo alla periferia del tumore, dovuto alla intensa vascolarizzazione, mentre l'area di necrosi centrale rimane solitamente ipodensa. La RM è tuttavia l'esame migliore per la diagnosi; oltre ad una maggiore risoluzione, con la RM è possibile identificare con maggiore precisione i limiti del tumore rispetto alla sostanza grigia e alla sostanza bianca sottocorticale. La risonanza magnetica funzionale può inoltre essere utilizzata per verificare l'attivazione delle cosiddette aree eloquenti e per la pianificazione della neuronavigazione, tutte tecniche che permettono di pianificare l'intervento chirurgico al fine di eseguire una resezione il più possibile ampia ma al tempo stesso di preservare aree del cervello fondamentali. Va precisato, tuttavia, che la risonanza magnetica funzionale è ancora una tecnica con un notevole margine di errore, utilizzata per cui solo in via sperimentale. Alla risonanza il glioblastoma si presenta come una massa con una grande area necrotica centrale, con un anello di potenziamento dopo mezzo di contrasto. L'edema perilesionale può essere presente ma solitamente è minimo.
La diagnosi differenziale con lesioni dall'aspetto simile (come l'ascesso) è possibile tramite la spettroscopia, che evidenzia un aumento significativo della colina, indice di proliferazione cellulare attiva, e una diminuzione del N-acetil-aspartato (NAA), prodotto del metabolismo e neuronale. Trattamento Chirurgia La chirurgia rappresenta il primo passo del trattamento del Glioblastoma. L’operazione (craniotomia), una volta escisso il tumore (nella sua parte visibile dal chirurgo), permette di alleviare i sintomi dovuti alla pressione endocranica causata dalla moltiplicazione cellulare della neoformazione e quindi dall’aumentare della sua massa. Sempre tramite operazione chirurgica si può effettuare un secondo intervento, in caso di recidiva dopo radioterapia e chemioterapia, permettendo così di aumentare la sopravvivenza del paziente. Radioterapia La radioterapia, che normalmente viene effettuata dopo l’operazione chirurgica, riguarda la parte di encefalo interessata dall’intervento oltre a un leggero margine esterno, e ha lo scopo di danneggiare il DNA di eventuali cellule tumorali rimaste dopo l’operazione e sfuggite al chirurgo perché non visibili al microscopio (in quanto infiltratesi più o meno distanti dalla zona dell’operazione). Se la radioterapia riesce a danneggiare tali cellule in modo che esse non abbiano la possibilità di riparare il DNA e di riprendere la moltiplicazione cellulare, il paziente ne guadagna in sopravvivenza. Chemioterapia [modifica] Anche la chemioterapia ha lo scopo di danneggiare il DNA delle cellule tumorali, eventualmente rimaste dopo l'operazione chirurgica e sfuggite alla radioterapia. Se il chemioterapico riesce a scardinare l'organizzazione del DNA, la cellula tumorale passa in fase di "suicidio programmato" (apoptosi). Il trattamento chemioterapico standard normalmente utilizzato, che si è dimostrato dare i migliori risultati in termini di sopravvivenza, prevede l’utilizzo del farmaco Temozolomide in contemporanea e immediatamente dopo la radioterapia.
Prognosi
I glioblastomi sono fra le neoplasie umane più maligne, e senza terapia la sopravvivenza non va oltre i 3 mesi. Pazienti trattati con terapie ottimali, inclusa la resezione chirurgica, la radioterapia e la chemioterapia, hanno una mediana di sopravvivenza di circa 12 mesi, con meno del 25% dei pazienti sopravvissuti oltre i 24 mesi e meno del 10% dei pazienti sopravvissuti oltre i 5 anni. In una serie di 279 pazienti che hanno ricevuto una radioterapia e chemioterapia aggressive, solamente 5 (l'1,8%) sono sopravvissuti oltre i 3 anni (Scott,1998). Una informazione molto importante per i pazienti, per aiutarli a continuare la loro battaglia contro la malattia, deriva da uno studio di Lin e altri del 2003. La probabilità condizionale di sopravvivere per un altro anno, essendo già sopravvissuti di 1 anno, 2 anni, 3 anni, 4 anni, o 5 anni dopo la craniotomia è, rispettivamente, del 64,8%, 58,7%, 85,7%, 80,0%, 75,0%.
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