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Rubriche > MISTERI NASCOSTI > Essere buoni genitori - Senza “psicologizzare” troppo e allo stesso tempo senza banalizzare ecco alcuni suggerimenti
Essere buoni genitori - Senza “psicologizzare” troppo e allo stesso tempo senza banalizzare ecco alcuni suggerimenti
Articolo di Antonio Ricci pubblicato il 13/3/2011 (1247 Letture)
Ogni genitore desidera unicamente il bene del proprio figlio, e legittimamente si chiedere se sta facendo le mosse giuste. Del resto quello delgenitore è uno dei ruoli più complessi: ecco alcune indicazioni fondamentali e alcuni miti da sfatare.

Tutti i genitori si chiedono se sono dei “buoni genitori” mossi dal desiderio di dare ai propri figli gli strumenti migliori per affrontare la loro vita e il timore di non essere all'altezza. I genitori sono consapevoli che il loro atteggiamento è fondamentale per lo sviluppo della personalità del proprio figlio. Tutti i giorni siamo bombardati da messaggi contraddittori e ansiogeni; il rischio è di perdere la bussola e di finire nel vicolo cieco dei sensi di colpa che sono quasi sempre immotivati. 


Senza “psicologizzarebuoni-genitori-2” troppo e allo stesso tempo senza banalizzare ecco alcuni suggerimenti



Innanzitutto bisogna distinguere l'autorevolezza dall'autorità. Essere autoritari è spesso indice di debolezza interiore, al contrario l'autorevolezza presuppone un riconoscimento che si ottiene, giorno dopo giorno, “sul campo”, nel senso che è un risultato di un percorso educativo caratterizzato da gratificazioni e limiti necessari per instaurare un rapporto di comunicazione e di fiducia tra il figlio e il genitore. Parlare al proprio figlio, spiegandogli le decisioni genitoriali prese di comune accordo è necessario affinché il figlio non viva il divieto come un'imposizione. 



Ogni famiglia ha un proprio stile educativo ed una scala di valori da trasmettere ai propri figli. Le soluzioni migliori, in caso di discussioni , di sicuro sono quelle che si cercano discutendo con i figli. Bisogna ascoltare i bisogni dei propri figli ponendo contemporaneamente dei limiti che gli consentono di diventare a poco a poco indipendenti; inoltre i figli devono comprendere che ogni azione comporta delle responsabilità specifiche. Educare, quindi, significa accompagnare i figli verso l'apprendimento delle regole basilari del vivere civile. Di conseguenza il permettere qualsiasi cosa di certo non è mai una buona abitudine. 



All'interno della famiglia ci sono spazi da condividere e delle regole comuni, ci si allena nell'ambito delle relazioni tra i membri della famiglia a vivere civilmente. Poi ci sono gli spazi privati, ad esempio la propria camera (sia per genitori che per i figli) rappresenta un territorio intimo dove ciascuno possiede una maggiore libertà di gestione. 



Tutti i componenti della famiglia dovrebbero collaborare nella vita di ogni giorno, basandosi sull'aiuto reciproco e sulla suddivisione di responsabilità. Cosa succede, invece, quando due genitori non sono complici e sono in disaccordo su tutto? In genere succede che i genitori, in questi casi, cercano la complicità dei figli e ciò indica che all'interno della coppia qualcosa non funziona bene. L'educazione dei figli diventa un campo di battaglia e ciò confonde i figli oltre a mandare in crisi la coppia. 



Da numerose ricerche risulta che una delle principali preoccupazioni dei genitori riguarda il rendimento scolastico. Dei cattivi risultati a scuola indicano la presenza di un disagio, spesso un modo per contrapporsi ai genitori (soprattutto nella fase adolescenziale). Occorre valutare se lo scarso rendimento scolastico costituisce un segnale d'allarme. L'atteggiamento migliore da parte dei genitori resta sempre quello di concedere ai figli uno spazio di ascolto



Inoltre molti genitori si aspettano che i figli “crescano tutti allo stesso modo”, nel senso che siano uguali tra loro. I genitori si aspettano che il figlio compia ciò che loro non sono riusciti a realizzare, che soddisfi i desideri che a loro invece sono stati negati. Ogni genitori sperimenta le differenze tra il figlio ideale e il figlio reale. 



Infine i genitori desiderano che i figli dovrebbero essere uguali a loro. Si dimentica che ogni individuo, oltre a possedere uno specifico corredo cromosomico, possiede un proprio temperamento e delle caratteristiche che gli sono proprie. Quindi non bisogna meravigliarsi che i figli crescono in modo diverso anche se i genitori si impegnano a fornire gli stessi insegnamenti e offrono medesime opportunità. 



Inoltre i genitori cambiano nel tempo: l'avanzare degli anni li cambia, così come muta la loro relazione di coppia e di conseguenza anche le relazioni con i figli. Infine è molto importante l'ordine di genitura. Il primogenito, generalmente, riceve il massimo delle aspettative e delle proiezioni dei genitori. In altre parole dovrebbe essere il figlio perfetto che non delude mai e che realizza tutte le aspettative dei genitori. Si trova in una situazione più delicata rispetto agli altri fratelli. Il terzogenito, spesso, si trova ad essere un nuovo figlio unico che può colmare alcune mancanze dei genitori attraverso la relazione con i fratelli maggiori. Il genitore deve saper riconoscere ed accettare le differenze tra i figli, oltre a diventare consapevole che si stringono relazioni differenti con i propri figli a seconda della fase di vita che sta attraversando. Un genitore alla nascita di un figlio potrebbe essere molto preso dalla realizzazione professionale oppure essere più disponibile (di solito dopo i 40 anni) quando certi obiettivi e mete sono stati già raggiunti. Le differenze tra i figli sono, quindi, auspicabili poiché significa che non è stata imposta un'educazione rigida e che soprattutto sono state rispettate le loro diverse personalità



Per concludere la “migliore educazione” è quella indiretta, cioè quella si trasmette con il proprio modo di essere. Si apprende con empatia, vicinanza e condivisione, imporre “devi o non devi” serve a poco se non si sostengono le proprie idee con un esempio di comportamento



 


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