Artrite reumatoide
Articolo di Dott. Giuseppe Arno pubblicato il 18/3/2009 (1542 Letture)
L'artrite reumatoide è una delle malattie autoimmuni più diffuse, sicuramente la più diffusa tra quelle che coinvolgono le articolazioni. Nell'artrite reumatoide l'elemento chiave è l'attivazione dei linfociti T, che determina poi a cascata la secrezione di sostanze infiammatorie (interleuchine, TNF o Tumor Necrosis Factor e altre), il cui bersaglio sono i tessuti articolari, a cominciare dalla membrana sinoviale, fino all'osso che vengono poco a poco erosi, più o meno rapidamente a seconda dell'andamento della malattia.
Nell'arco dei primi tre anni di malattia il 70% dei pazienti presenta lesioni delle articolazioni evidenti anche alla radiografia e la metà di questi già nel primo anno presenta erosioni e riduzione dello spazio all'interno dell'articolazione. In genere dopo il sesto anno le lesioni progrediscono molto più lentamente.
I fattori scatenanti dell'artrite reumatoide
Non è ancora chiaro quale sia l'evento che fa ammalare di artrite reumatoide.
Sicuramente esiste una predisposizione genetica: vi è infatti una familiarità della malattia, inoltre esiste un anticorpo specifico, detto fattore reumatoide, presente nella maggioranza degli ammalati.
C'è chi pensa che a scatenare la malattia sia un'infezione virale, dovuta all'Epstein-Barr virus o al Cytomegalovirus.
Non esistono test specifici per l'artrite reumatoide, ma solamente un'insieme di informazioni che vanno poste all'esame dello specialista, il reumatologo, il quale in base a un protocollo standard valuterà se il paziente è o meno affetto da artite reumatoide.
Gli elementi da valutare sono i test sul sangue (la VES, la proteina C reattiva, il fattore reumatoide), le indagini radiologiche, i sintomi del paziente (rigidità mattutina, localizzazione del dolore, ecc.).
La cura dell'artite reumatoide
Per curare l'artrite reumatoide bisogna agire su due fronti: contrastare il dolore, a volte fortissimo; e impedire la progressione delle lesioni articolari.
Per curare il dolore o si impiegano gli antinfiammatori, a cominciare dagli antinfiammatori non steroidei (FANS) e steroidei (cortisonici), e anche ad alcuni analgesici maggiori (come il tramadolo).
Per evitare la progressione delle lesioni articolari si utilizzano farmaci in grado di interrompere in qualche modo la reazione autoimmune. Le sostanze impiegate a questo scopo sono chiamate farmaci di fondo o DMARDs (Disease Modifyng Anti-Rheumatic Drugs). In questa categoria rientrano sostanze note da tempo e altre recentissime, che molto spesso non sono neppure nate per curare l'AR, ma per altre indicazioni: l'idrossiclorochina (un antimalarico), il metotrexate (antitumorale), la ciclosporina (un antirigetto).
Questi farmaci hanno l'effetto di interrompere l'attivazione o la proliferazione delle cellule del sistema immunitario.
Da qualche anno sono stati approvati dei nuovo farmaci, detti biologici o anti-TNF, che inibiscono la liberazione del Tumor Necrosis Factor. Questi farmaci si sono rivelati molto efficaci nel trattamento di coloro che non rispondono bene ai farmaci tradizionali.
Tutte queste sostanze hanno l'effetto di ridurre le difese immunitarie e quindi il paziente trattato può più facilmente andare incontro a infezioni, fenomeno del resto che accompagna anche la somministrazione prolungata di cortisone e derivati.
Bisogna tenere presente che solo di rado un solo farmaco è sufficiente. Intanto perché ai farmaci di fondo spesso si affiancano gli analgesici; poi perché non è raro che si impieghino in associazione due diversi farmaci di fondo.
Nell'arco dei primi tre anni di malattia il 70% dei pazienti presenta lesioni delle articolazioni evidenti anche alla radiografia e la metà di questi già nel primo anno presenta erosioni e riduzione dello spazio all'interno dell'articolazione. In genere dopo il sesto anno le lesioni progrediscono molto più lentamente.
I fattori scatenanti dell'artrite reumatoide
Non è ancora chiaro quale sia l'evento che fa ammalare di artrite reumatoide.
Sicuramente esiste una predisposizione genetica: vi è infatti una familiarità della malattia, inoltre esiste un anticorpo specifico, detto fattore reumatoide, presente nella maggioranza degli ammalati.
C'è chi pensa che a scatenare la malattia sia un'infezione virale, dovuta all'Epstein-Barr virus o al Cytomegalovirus.
Non esistono test specifici per l'artrite reumatoide, ma solamente un'insieme di informazioni che vanno poste all'esame dello specialista, il reumatologo, il quale in base a un protocollo standard valuterà se il paziente è o meno affetto da artite reumatoide.
Gli elementi da valutare sono i test sul sangue (la VES, la proteina C reattiva, il fattore reumatoide), le indagini radiologiche, i sintomi del paziente (rigidità mattutina, localizzazione del dolore, ecc.).
La cura dell'artite reumatoide
Per curare l'artrite reumatoide bisogna agire su due fronti: contrastare il dolore, a volte fortissimo; e impedire la progressione delle lesioni articolari.
Per curare il dolore o si impiegano gli antinfiammatori, a cominciare dagli antinfiammatori non steroidei (FANS) e steroidei (cortisonici), e anche ad alcuni analgesici maggiori (come il tramadolo).
Per evitare la progressione delle lesioni articolari si utilizzano farmaci in grado di interrompere in qualche modo la reazione autoimmune. Le sostanze impiegate a questo scopo sono chiamate farmaci di fondo o DMARDs (Disease Modifyng Anti-Rheumatic Drugs). In questa categoria rientrano sostanze note da tempo e altre recentissime, che molto spesso non sono neppure nate per curare l'AR, ma per altre indicazioni: l'idrossiclorochina (un antimalarico), il metotrexate (antitumorale), la ciclosporina (un antirigetto).
Questi farmaci hanno l'effetto di interrompere l'attivazione o la proliferazione delle cellule del sistema immunitario.
Da qualche anno sono stati approvati dei nuovo farmaci, detti biologici o anti-TNF, che inibiscono la liberazione del Tumor Necrosis Factor. Questi farmaci si sono rivelati molto efficaci nel trattamento di coloro che non rispondono bene ai farmaci tradizionali.
Tutte queste sostanze hanno l'effetto di ridurre le difese immunitarie e quindi il paziente trattato può più facilmente andare incontro a infezioni, fenomeno del resto che accompagna anche la somministrazione prolungata di cortisone e derivati.
Bisogna tenere presente che solo di rado un solo farmaco è sufficiente. Intanto perché ai farmaci di fondo spesso si affiancano gli analgesici; poi perché non è raro che si impieghino in associazione due diversi farmaci di fondo.
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