Così, una volta che il parto è avvenuto, che il bambino è nato, la festa può cominciare. Si può tirare un sospiro di sollievo. Se la mamma e il neonato stanno bene non c’è più motivo per preoccuparsi. Parenti e amici accorrono in ospedale, accalcandosi al letto della puerpera con macchine fotografiche, fiori, cioccolatini e consigli su come vestire, accudire e allattare il nuovo arrivato.
Il più sembra fatto. D’ora in poi, pensano in molti, sarà una gioiosa passeggiata.
I mass media in questo senso giocano oggi un ruolo fondamentale. L’immagine di bambini appena nati e già puliti, sereni, sorridenti e pettinati, domina gli spot commerciali e campeggia sui cartelloni pubblicitari. Mamme fiere e appagate vengono intervistate già una settimana dopo il parto sfoggiando una linea e una forma persino migliore di quella che le caratterizzava prima della gravidanza. Tutto sembra bello. Tutto appare facile.
Le cose, in realtà, non stanno sempre così. Per molte donne e per molte coppie il difficile viene proprio adesso. Proprio quando non se lo aspettano. Anzi, quando tutti “pretendono” da loro solamente entusiasmo e felicità.
In realtà la nascita di un figlio – evento di per sé straordinario e ricco di speranze – comporta anche una serie di profondi e delicati sconvolgimenti fisici, psicologici, sociali.
Soprattutto significa l’inizio di una nuova vita non solo per il diretto interessato ma anche per la madre, la coppia, e più in generale per tutta la sua famiglia. Una vita che naturalmente porterà con sé gioie e soddisfazioni, ma inevitabilmente anche ostacoli e difficoltà da gestire e superare.
Questa intrinseca complessità di ogni vita si sarà sviluppata per nove mesi insieme al feto e si manifesterà da subito dopo la sua nascita. Dal primo istante. Dal primo respiro. Dal momento in cui quel bambino immaginario che per nove mesi è stato idealizzato dai propri genitori prende forma, acquista un volto, diventando carne e ossa. Trasformandosi in qualcosa di autonomo e indipendente. Un corpo, un’identità, tangibile, con delle misure, delle proporzioni, dei lineamenti.
Il neonato occupa uno spazio, fisico ed emotivo; si manifesta con un pianto e un sorriso; porta con sé dei bisogni e quindi delle richieste. Richieste d’attenzione, d’affetto, di nutrimento, di rassicurazione e di riscaldamento. Richieste di conforto. Richieste di accompagnamento. Richieste che, in forme differenti a seconda delle diverse fasi di vita, proseguiranno nel tempo.
Di fronte a questa novità – incarnata nel bambino “reale”, finalmente venuto al mondo, e nei suoi molteplici significati – sono ovviamente i genitori a dover rispondere per primi. Sono loro ad essere repentinamente chiamati a ridefinire sé stessi. E questo sia in termini personali, padre e madre come individui singoli, che come coppia. E naturalmente come triade, ossia come famiglia. È un compito affascinante. Una meravigliosa sfida destinata a completarli come donne e come uomini. Ma certo non è una dolce passeggiata lineare come spesso appare sui giornali e sul piccolo schermo.
Sin dalle prime ore di vita del neonato, dubbi e incertezze, dette e non dette, paure ancestrali, si mescolano a gioia, euforia e appagamento, nella mente e nel cuore della stragrande maggioranza dei nuovi genitori. Fattori fisici e ormonali, psicologici ed emotivi, sociali e culturali, si intersecano formando un labirinto di piccole-grandi trappole e insidie da cui alla fine si può uscire più forti e arricchiti ma anche profondamente confusi e feriti.
E proprio in questo contesto, dopo le primissime ore successive al parto - che generalmente vedono la donna stanca, provata fisicamente, ma euforica e appagata dalla consapevolezza di “avercela fatta” – potranno subentrare in lei, come un fulmine a ciel sereno, sentimenti misti di ansia e malinconia (si parla di “baby-blues”), se non addirittura autentiche psicosi puerperali, fino a stati di vera e propria depressione con sentimenti di amore-odio nei confronti del neonato.
Il secondamento – e quindi l’espulsione della placenta – determina infatti un rapido crollo nella produzione di ormoni come estrogeni e progesterone. Ne consegue un quasi automatico calo dell’umore che spesso, anche nei casi non patologici, si traduce in disturbi del sonno, insofferenza e pianti apparentemente immotivati e improvvisi.
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