L'odio nei social network: origini e conseguenze nella vita reale
Articolo di Giuseppe Piccolo pubblicato il 14/1/2017 (1672 Letture)
Una grande rivoluzione nell'ambito della comunicazione vi è stata grazie ad Internet e all'uso dei social network.
I social sono nati con lo scopo di radunare persone che hanno la necessità di mettersi in contatto nel minor tempo possibile con la loro lista di contatti e sono diventati oggi un irrinunciabile luogo di esposizione per tutti: dagli utenti comuni alle più grandi multinazionali del mondo, nessuno pare possa far a meno di un proprio spazio.
Ci sono personaggi famosi dediti a usare i social per postare fotografie e commenti riguardanti la vita privata e promuovere anche il loro lavoro ed eventuali sponsor. In questo modo sono soggetti a riscontri positivi, ma anche a commenti carichi di astio da parte dei loro followers.
I social network forniscono una grande visibilità a coloro che li usano e soprattutto chi è in grado di mostrare un alto tenore di vita può essere soggetto a invidie più o meno velate.
Ciò che appariva come un grande traguardo nell'ambito della comunicazione, ha svelato un lato oscuro e ricco di insidie.
Le relazioni umane e qualsiasi settore della nostra vita dallo spettacolo alla politica sono intrise di odio espresso attraverso i social network.
La Rete si sta trasformando in un campo di battaglia dove sono ammessi anche i colpi bassi, scorretti, improntati alla violenza e all'odio.
Persino il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, pochi giorni fa nel suo discorso di fine anno, inserisce questo argomento: "Il web, ad esempio, è uno strumento che consente di dare a tutti la possibilità di una libera espressione e di ampliare le proprie conoscenze. Internet è stata, e continua a essere, una grande rivoluzione democratica, che va preservata e difesa da chi vorrebbe trasformarla in un ring permanente, dove verità e falsificazione finiscono per confondersi".
Si tratta di un fenomeno in crescente sviluppo che usa le parole come armi per colpire e offendere.
Questo fenomeno, denominato "hate speech", ha le sue radici proprio nei social, i virtuali luoghi di aggregazione di questa generazione. Sono "luoghi" dove basta cliccare su “mi piace” per esprimere il proprio consenso su una foto, una persona, un racconto, ecc. Con la stessa facilità si può esprimere il proprio dissenso. Sempre più spesso però tale pensiero avverso viene espresso con offese da persone che si sentono protette dallo schermo del loro computer.
È quindi possibile definire lo hate speech come un insieme di parole colme di odio e di violenza verbale contro una persona o un gruppo di persone sulla base di alcune caratteristiche quali razza, età, genere, scelte sessuali, appartenenza linguistica, religiosa, culturale, sociale, ecc.
Solo per avere un'idea di che peso può avere questa violenza e quanto rapidamente si possa diffondere in Rete, basta prendere in considerazione i numeri che riguardano i social network.
A livello mondiale, Facebook è il canale social maggiormente utilizzato con più di 1.5 miliardo di utenti attivi, mentre Instagram ne conta 400 milioni e Twitter 320 milioni. In forte crescita l’uso di servizi di instant messaging, ad esempio Whatsapp si sta avvicinando al miliardo di utenti attivi.
In Italia si contano oltre 37 milioni di utenti attivi su Internet, con un aumento del 6% rispetto al 2015. In particolare sono 28 milioni le persone attive sui social media (Digital in 2016-We are social).
Un messaggio violento può fare il giro del mondo in pochi secondi ed influenzare anche altre persone che possono spingersi a loro volta ad incrementare la stessa scia di violenza verbale a supporto di chi l'ha innescata.
Si creano così da una parte un capro espiatorio (il nemico) e dall'altra un gruppo di soggetti coalizzati e uniti contro di esso.
Questo fenomeno è in forte crescita, soprattutto per la forte crisi umanitaria in atto in Europa e gli episodi di terrorismo.
Questa ondata di violenza che sta investendo la nostra società può far pensare che in passato fosse scarsamente presente. Invece l'odio è sempre esistito, sono cambiate le modalità di manifestazione dei propri sentimenti violenti. Forse il problema è proprio il modo di comunicare che è difficile se non quasi impossibile da controllare e da prevenire.
Pensiamo infatti come i social media siano purtroppo uno degli strumenti che i gruppi terroristici usano per radicalizzare i giovani e per diffondere violenza e odio.
Di pari passo con i social network sono nate "nuove" forme di violenza come cyberbullismo, cyberstalking, revenge porn (pubblicazione online di immagini o video con scene di sesso esplicito riprese nel corso di una normale relazione intima e diffuse senza il consenso del partner).
Tali violenze e manifestazioni d'odio, seppur prive di violenza fisica, spesso sfociano in drammatici fatti di cronaca, come il suicidio della vittima.
Ciò significa che il confine tra realtà e virtuale ormai si è completamente dissipato. Si ha la possibilità di colpire chiunque, dovunque ed in qualsiasi momento. Chi usa i social per esprimere il suo odio ha la sensazione sbagliata di poter rimanere anonimo e di essere in qualche modo protetto dallo schermo del computer, sentendosi libero di scrivere commenti carichi d'odio verso chiunque senza essere immediatamente bloccato.
In questo momento storico, dove i problemi della società sono molteplici (si passa infatti dalla disoccupazione, al terrorismo, alla violenza contro le donne, ecc.) e coinvolgono più livelli sociali, i sentimenti di base delle persone comprendono: preoccupazione, frustrazione, impossibilità di progettare un futuro certo. Questi elementi si sommano creando una insicurezza di fondo su ciò che è l'oggi e come sarà il domani e possono creare le basi di un comportamento improntato all'odio verso l'altro.
Purtroppo l'odio verbale non rimane confinato nella realtà di Internet, ma ha conseguenze spesso devastanti nella vita quotidiana, quella reale, che dovrebbe rimanere ben distaccata da quella dei social network.
Per contrastare questo fenomeno dilagante è fondamentale che vi sia una regolamentazione dei social network che dovrebbero essere in grado di rimuovere immediatamente video, foto e commenti che possono danneggiare una persona.
Inoltre, bisogna lavorare sull'educazione dei giovani e degli adulti, organizzando nelle scuole e nei luoghi di lavoro, programmi di educazione interculturale e di convivenza civile.
I social sono nati con lo scopo di radunare persone che hanno la necessità di mettersi in contatto nel minor tempo possibile con la loro lista di contatti e sono diventati oggi un irrinunciabile luogo di esposizione per tutti: dagli utenti comuni alle più grandi multinazionali del mondo, nessuno pare possa far a meno di un proprio spazio.
Ci sono personaggi famosi dediti a usare i social per postare fotografie e commenti riguardanti la vita privata e promuovere anche il loro lavoro ed eventuali sponsor. In questo modo sono soggetti a riscontri positivi, ma anche a commenti carichi di astio da parte dei loro followers.
I social network forniscono una grande visibilità a coloro che li usano e soprattutto chi è in grado di mostrare un alto tenore di vita può essere soggetto a invidie più o meno velate.
Ciò che appariva come un grande traguardo nell'ambito della comunicazione, ha svelato un lato oscuro e ricco di insidie.
Le relazioni umane e qualsiasi settore della nostra vita dallo spettacolo alla politica sono intrise di odio espresso attraverso i social network.
La Rete si sta trasformando in un campo di battaglia dove sono ammessi anche i colpi bassi, scorretti, improntati alla violenza e all'odio.
Persino il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, pochi giorni fa nel suo discorso di fine anno, inserisce questo argomento: "Il web, ad esempio, è uno strumento che consente di dare a tutti la possibilità di una libera espressione e di ampliare le proprie conoscenze. Internet è stata, e continua a essere, una grande rivoluzione democratica, che va preservata e difesa da chi vorrebbe trasformarla in un ring permanente, dove verità e falsificazione finiscono per confondersi".
Si tratta di un fenomeno in crescente sviluppo che usa le parole come armi per colpire e offendere.
Questo fenomeno, denominato "hate speech", ha le sue radici proprio nei social, i virtuali luoghi di aggregazione di questa generazione. Sono "luoghi" dove basta cliccare su “mi piace” per esprimere il proprio consenso su una foto, una persona, un racconto, ecc. Con la stessa facilità si può esprimere il proprio dissenso. Sempre più spesso però tale pensiero avverso viene espresso con offese da persone che si sentono protette dallo schermo del loro computer.
È quindi possibile definire lo hate speech come un insieme di parole colme di odio e di violenza verbale contro una persona o un gruppo di persone sulla base di alcune caratteristiche quali razza, età, genere, scelte sessuali, appartenenza linguistica, religiosa, culturale, sociale, ecc.
Solo per avere un'idea di che peso può avere questa violenza e quanto rapidamente si possa diffondere in Rete, basta prendere in considerazione i numeri che riguardano i social network.
A livello mondiale, Facebook è il canale social maggiormente utilizzato con più di 1.5 miliardo di utenti attivi, mentre Instagram ne conta 400 milioni e Twitter 320 milioni. In forte crescita l’uso di servizi di instant messaging, ad esempio Whatsapp si sta avvicinando al miliardo di utenti attivi.
In Italia si contano oltre 37 milioni di utenti attivi su Internet, con un aumento del 6% rispetto al 2015. In particolare sono 28 milioni le persone attive sui social media (Digital in 2016-We are social).
Un messaggio violento può fare il giro del mondo in pochi secondi ed influenzare anche altre persone che possono spingersi a loro volta ad incrementare la stessa scia di violenza verbale a supporto di chi l'ha innescata.
Si creano così da una parte un capro espiatorio (il nemico) e dall'altra un gruppo di soggetti coalizzati e uniti contro di esso.
Questo fenomeno è in forte crescita, soprattutto per la forte crisi umanitaria in atto in Europa e gli episodi di terrorismo.
Questa ondata di violenza che sta investendo la nostra società può far pensare che in passato fosse scarsamente presente. Invece l'odio è sempre esistito, sono cambiate le modalità di manifestazione dei propri sentimenti violenti. Forse il problema è proprio il modo di comunicare che è difficile se non quasi impossibile da controllare e da prevenire.
Pensiamo infatti come i social media siano purtroppo uno degli strumenti che i gruppi terroristici usano per radicalizzare i giovani e per diffondere violenza e odio.
Di pari passo con i social network sono nate "nuove" forme di violenza come cyberbullismo, cyberstalking, revenge porn (pubblicazione online di immagini o video con scene di sesso esplicito riprese nel corso di una normale relazione intima e diffuse senza il consenso del partner).
Tali violenze e manifestazioni d'odio, seppur prive di violenza fisica, spesso sfociano in drammatici fatti di cronaca, come il suicidio della vittima.
Ciò significa che il confine tra realtà e virtuale ormai si è completamente dissipato. Si ha la possibilità di colpire chiunque, dovunque ed in qualsiasi momento. Chi usa i social per esprimere il suo odio ha la sensazione sbagliata di poter rimanere anonimo e di essere in qualche modo protetto dallo schermo del computer, sentendosi libero di scrivere commenti carichi d'odio verso chiunque senza essere immediatamente bloccato.
In questo momento storico, dove i problemi della società sono molteplici (si passa infatti dalla disoccupazione, al terrorismo, alla violenza contro le donne, ecc.) e coinvolgono più livelli sociali, i sentimenti di base delle persone comprendono: preoccupazione, frustrazione, impossibilità di progettare un futuro certo. Questi elementi si sommano creando una insicurezza di fondo su ciò che è l'oggi e come sarà il domani e possono creare le basi di un comportamento improntato all'odio verso l'altro.
Purtroppo l'odio verbale non rimane confinato nella realtà di Internet, ma ha conseguenze spesso devastanti nella vita quotidiana, quella reale, che dovrebbe rimanere ben distaccata da quella dei social network.
Per contrastare questo fenomeno dilagante è fondamentale che vi sia una regolamentazione dei social network che dovrebbero essere in grado di rimuovere immediatamente video, foto e commenti che possono danneggiare una persona.
Inoltre, bisogna lavorare sull'educazione dei giovani e degli adulti, organizzando nelle scuole e nei luoghi di lavoro, programmi di educazione interculturale e di convivenza civile.
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