Sono quei mestieri spazzati via dal tempo o a rischio di estinzione, soggiogati dalla globalizzazione e dall’indifferenza della moderna società. Figli di un passato incapace di resistere all’evoluzione dei tempi o solo perché vittime di generazioni che non hanno saputo conservare quei legami con il passato, con la propria cultura, quella che affonda le proprie radici nella tradizione contadina della Capitanata.
Tanti e in ogni settore, dall’agricoltura all’artigianato, al commercio. C’è di tutto nel paniere dei mestieri scomparsi.
I mestieri della cantina
Un mondo unico, fatto di professionalità, esperienze, vite vissute tra una vendemmia e un lento e importante processo di vinificazione. Questi i più ricorrenti:
· U vignarul Persona di fiducia del proprietario della vigna; FOTO
· U tnllàr L’operaio più esperto che riempiva i tinelli;
· U carrtter L’addetto al trasporto che utilizzava i carretti; FOTO
· U fraccatòr L’operaio che, dopo essersi tolte le scarpe, provvedeva alla pigiatura dell’uva contenuta nel palmento (vasca rettangolare di legno speciale di Carinzia o del Cadore ); FOTO
· Carrèja mantègn (o “brentatori”) Perlopiù in numero di tre, sistemavano i vascelli (piccole botti chiamate anche mantègn o benta)
Poi i mestieri di tutti i giorni
I carlantini FOTO
Erano gli operai utilizzati per riempire e svuotare le fosse granarie sparse nei centri come San Severo, Torremaggiore e San Paolo dove si concentrava la produzione di colture cerealicole dell’Alto Tavoliere.
Il lattaio FOTO
Anche questo è un esempio di filiera corta. Era l’allevatore di mucche che poi rivendeva al dettaglio il latte. Prima portando i bovini in città e poi distribuendo il latte in contenitori in metallo e annunciato dal suono di una campana.
Il funaio
Lavoro di tradizione familiare che si svolgeva durante il periodo estivo dopo la raccolta della canapa macerata in acqua e poi asciugata al sole perché acquistasse più solidità. Un grande lavoro di precisione svolto quasi sempre davanti all’ingresso di casa. Varia l’offerta: da semplici cordicelle alle funi utilizzate nei lavori più pesanti.
Il sanguettaro
Un vero e proprio antesignano per curare gli sbalzi della pressione arteriosa. E per la medicina popolare di allora risultava un ottimo antidoto per alcune patologie legate sempre alla circolazione del sangue come ictus e trombosi. Il sanguettaro raccoglieva o acquistava dai pescatori della vicina laguna di Lesina le sanguisughe conservate in vasetti di vetro e poi poste abitualmente in zone particolari del corpo – soprattutto dietro le orecchie – per succhiare il sangue ai pazienti. Pochi minuti e gli animaletti si rimpinguavano di plasma al punto da assumere forme impressionanti rispetto alle originali. Poi tornavano nel loro vasetto, a smaltire l’…abbuffata mentre il paziente ne traeva benefici di salute.
L’acquaiolo (l’acquarul)
Prima caricando barili su muli e cavalli e poi issando botti su camion percorreva le strade del paese per vendere acqua potabile. La pescava dai pozzi in campagna per poi cederla alle abitazioni o alle piccole attività. Figura man mano estintasi con il progressivo diffondersi delle rete idrica. Il camion dell’acquaiolo ha percorso fino a qualche anno fa le vie periferiche che, per motivi diversi, non erano ancora servite dal servizio pubblico di erogazione dell’acqua potabile. Al posto dei barili e delle botti una cisterna in metallo. Meno tradizionale ma sicuramente più capiente.
Il terrazzano (u trazzn’) FOTO 1 2
Figura ancora frequente nei mercati ortofrutticoli. Nel passato era colui che rastrellava le campagne per “spigolare” i resti del raccolto nei campi o trovare le erbe spontanee che, per intere generazioni, hanno rappresentato il piatto forte della cucina povera. Erbe che si riproducevano nei pascoli o nelle maggesi e poi rivendute al mercato proponendo quella che oggi viene definita una filiera corta. Erbe - le cosiddette fogghie a misk – ancora oggi poste in vendita e utilizzate per succulenti contorni o come necessario ingrediente per il rinomato pancotto. I “Terrazzani” è anche il nome del neonato Gruppo Folklorico promosso dalla Pro Loco di San Severo.
Il cocchiere FOTO
Era il conducente delle carrozze delle famiglie gentilizie, i mezzi di comunicazione più diffusi nei ceti alti. A lui spettava il compito di accudire i cavalli, pulire i finimenti e la stalla. Indossava una livrea con tanto di mantello e cilindro. Col permesso del datore di lavoro, noleggiava la carrozza agli sposi del paese che poi conduceva personalmente.
Il barilaio (u varlàr) FOTO
Mestiere legato alla produzione vitivinicola. Diversi i prodotti realizzati: dai barili per il vino, l’olio o addirittura l’acqua, ai mastelli per il trasporto del vino. Anche loro lavoravano in botteghe e, durante la bella stagione, utilizzavano spazi all’aperto dove era possibile ammirarli nella loro arte di lavorare il legno. La scomparsa delle botti e degli utensili in legno per altri mestieri andati perduti ha decretato una drastica riduzione nel numero di queste attività. Attualmente un solo artigiano produce barili in legno venduti come piccoli souvenir o accessori per cucine.
Il banditore FOTO
Il suo compito consisteva nell’andare in giro a pubblicizzare prodotti per decantarne i pregi richiamando l’attenzione dei potenziali acquirenti: lo faceva facendosi annunciare da uno squillo di tromba. Frequenti erano i suoi “spot” per la vendita di vino, ma spesso veniva ingaggiato anche da chi aveva smarrito qualche oggetto o per rendere pubblici provvedimenti della Pubblica Amministrazione come ordinanze o disposizioni particolari.
Il carbonaio
Vendeva carbonella o carbone con cui venivano alimentati bracieri e stufe, unici mezzi di riscaldamento per difendersi dal freddo. Cedeva la propria mercanzia lungo le strade utilizzando sacchi di iuta. I carbonai di San Severo e dintorni erano tutti di origine abruzzese: famiglie trasferitesi in Capitanata e poi definitivamente stabilitesi sul territorio. Tramontato l’utilizzo del carbone, si sono convertiti in venditori di bombole a gas.
Il sorgiaro
Utilizzato per derattizzare i campi e salvare i raccolti. Per riuscire nella non facile impresa, utilizzava trappole e sacchi. Alla fine della “caccia” contava le prede al cospetto del proprietario del fondo e incassava la “taglia”.
Il vasaio
Produceva mattoni, tegole e accessori per la casa come vasi e pignatte, giare in creta utilizzate soprattutto in cucina. I laboratori si trovavano soprattutto in periferia. Realizzava anche formine utilizzate dai più piccoli nei loro giochi.
L’ombrellaio
Artigiano specializzato nella riparazione di ombrelli. Girava in città con il suo laboratorio ambulante pronto a sostituire stecche o tele di parapioggia rovinati dal maltempo o dall’usura.
L’arrotino (ammolaforbec)
Al volante di una “bottega ambulante” girava per il paese con un ombrello aperto per proteggersi dalle intemperie o dal sole. La carriola era dotata di una mola in pietra e un contenitore per l’acqua. L’arrotino faceva leva su un pedale che trasmetteva il movimento alla mola tramite una cinta. Sfregandoci sopra forbici, coltelli o lame da arrotare la ruota di pietra spigionava scintille che attiravano l’attenzione di orde di bambini.
Il venditore di olio (u gliarul)
Venditore ambulante che vendeva olio per uso domestico alle famiglie. Tra la mercanzia anche l’olio destinato ad alimentare le lampade in casa quando l’energia elettrica era ancora da inventare.
La mammana (a levatric)
Quando i bambini nascevano ancora in casa, operava l’ostetrica a domicilio. Nel momento in cui si rompevano le acque” o si prospettavano le doglie, arrivava con i suoi attrezzi, preparava la puerpera, la aiutava a far nascere il bambino e poi le applicava i medicamenti. Faceva anche assistenza post parto trascorrendo alcune ore con mamma e figlio non disdegnando anche successive visite.
Il ramaio
Lavorando lastre di rame realizzava pentole, bracieri o accessori per la casa spesso componenti della dote della sposa. Molti di questi lavori fanno ancora bella mostra nelle cucine delle persone più anziane e sono molto gettonate per arredare tavernette o cucine moderne.
La stagnino
Chi non poteva permettersi utensili in rame, optava per quelli realizzati in stagno. E chi produceva questi oggetti spesso stagnava anche i vasi in rame per adattarli alla cottura dei cibi sul fuoco. Un vero e proprio procedimento antesignano delle moderne pentole padelle “antiaderenti”.
Cardalana
Artigiano ambulante che si preoccupava i rigenerare i batuffoli di lana che riempivano materassi e guanciali rendendoli più morbidi e voluminosi. Utilizzava un attrezzo chiamato "scardasso".
Il sellaio FOTO
Mestiere molto importante quando l’utilizzo di cavalli e animali da soma in genere era molto frequente soprattutto nelle campagne e nei lavori agricoli in genere. Si utilizzava cuoio paglia e corde. Quasi ovunque le botteghe dei sellai si trovavano in periferia, nelle vicinanze delle strade di accesso e uscita dal paese. A San Severo erano quasi tutte ubicate nella rione di porta San Marco dove insistevano le taverne.
Ferracavallo
Il maniscalco che ferrava gli zoccoli del cavallo. Lavoro molto delicato e importante perché il suo lavoro incideva sulla salute degli animali e la sicurezza sul lavoro e durante i viaggi.
Il seggiaio
Impagliatore di sedie. A lui spettava il compito di rifare il fondo (u funn) rovinato dal tempo e dall’usura. Utilizzava paglia o vimini per realizzare i suoi prodotti
Venditore di ghiaccio
Portato dal Gargano o dalle neviere del Subappennino, il ghiaccio veniva conservato e poi venduto in chioschi o locali posizionati nei luoghi più freschi del centro abitato come l’”arco della Neve” (piazza della Repubblica), chiamato così proprio perché meno caldo, o in via Solis dove insisteva la rivendita di ”ciucc’ mort”.
Il canestraio
Fabbricante e venditore di ceste in paglia molto utilizzate nelle case per conservare derrate alimentari o altri prodotti destinati ai consumi della famiglia. Gli ultimi canestrai hanno svolto la loro attività sino a pochi anni fa.
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