La mia è una storia come un’altra. Te la racconto perché credo serva ad altre che si trovano oggi nella situazione in cui mi trovai io. Ero la brutta della classe. Probabilmente lo sono ancora anche se oggi vedo le cose un po’ diversamente. Un po’ grassoccia, una faccia non gradevolissima, un portamento timido, imbranato. Dalle mie parti le belle erano quelle che corteggiavi, ci facevi le uscite, ti piaceva fartici vedere accanto perché uscirci insieme ti dava più punti. Quelle come me servivano per altre cose. Io sono stata talvolta la discarica di eiaculazioni di ragazzetti che godevano senza mai preoccuparsi di me. Non so nemmeno io come iniziò ma qualcuno si accorse che avevo bisogno di attenzioni e allora ecco il primo a chiedermi un pompino e io che pensavo che quello fosse l’unico modo per farsi amare. Un pompino oggi e uno domani qualcuno mi propose di andare un poco oltre. All’inizio dissi di no perché ero molto timida e mi vergognavo di fare vedere il mio corpo. Ci fu uno, di quelli che si appostavano fuori dalla scuola per beccare le alunne, che mi convinse di essere molto speciale. Pensavo davvero non gli importasse del mio aspetto e allora gli mollai ogni buco disponibile senza capire, ancora, di cosa fosse fatto il piacere. Quello era il prezzo per essere amata e non capivo perché il loro comportamento fosse fatto da un misto di disprezzo che mi dedicavano senza problemi.
Forse era il fatto di essersi resi conto di agire in base agli istinti, o di non poter nascondere anche un minimo di trasporto sessuale, perché i modelli estetici dominanti veicolati ovunque educano anche gli uomini a vergognarsi quando a piacerti è una che non gli corrisponde. Nelle loro eiaculazioni io vedevo cose molto semplici: gli serviva solo una bocca o un buco, io o un’altra sarebbe stato uguale. Poi c’erano tutte le sovrastrutture e le culture che ti fanno ritenere che una compagna deve essere anche accettabile socialmente e dunque ne scegli una che piace agli altri prima ancora che a te stesso. Poi ci sono quelli che non mi guardavano neanche in faccia. Mi usavano e basta e io non potevo fare lo stesso. Pensavo andasse bene per non restare sola e poco conta il fatto che io fossi umiliata e mortificata da dicerie terribili che mi classificavano come una pompinara, facile, e zoccola.
Quello che mi veniva difficile era dire di no. Prendevo tutto quello che arrivava e ogni volta pensavo di essere amata un pochino di più. Non sto a dirvi quanti e quali problemi possa avere una ragazza così fragile e insicura e quanto lavoro c’è da fare per coltivare autostima. Quello che so è che all’epoca gli unici consigli di chi diceva di volermi bene vertevano tutti sulla tutela della mia verginità. La mia promoscuità non era sbagliata perché non mi piaceva, non godevo, perché era un percorso di comprensione di me stessa che comunque non mi faceva arrivare da nessuna parte. Era sbagliata per la nomea che mi attiravo, perché le compagne di scuola, per quanto sembrassero disinibite, comunque ci tenevano al fatto che di loro si dicesse che non la davano via facilmente, perché il culto della verginità insiste ancora adesso ed è dannoso tanto quanto una sessualità non consapevole.
Nonostante vivessi di disinformazione e stereotipi non rimasi incinta e non mi trasmisero alcuna malattia, per fortuna, ma alla fine capii che la risposta non era nella rinuncia della sessualità. Il sesso mi piaceva ma volevo godere anch’io. La prima volta che chiesi a un ragazzo di leccarmi mi guardò in modo strano. L’erezione gli si sgonfiò, come se l’unico ruolo che sapesse sostenere con una donna “brutta” fosse quello dominante. Evidentemente gli facevo schifo e se gli facevo schifo allora perché io avrei dovuto leccare il suo pene? Era forse più pulito o migliore di me? Ne aveva forse più diritto?
Così perseguì il diritto al godimento e vi assicuro che non è semplice ottenerlo. Uomini che amano fare sesso, consensuale e condiviso, con una donna non bellissima, se ne trovano veramente pochi, a volte bisognosi tanto quanto, arrapati e comunque poco generosi. La generosità sembra essere devoluta, nella mia esperienza, solo nei confronti delle ragazze più belle. Sarà per questo che talvolta le ho invidiate e altre volte sono stata incattivita nei loro confronti. Perché la sessualità coinvolge e sconvolge le vite e l’assenza di piacere e godimento non si può sostituire con molto altro.
Allora il punto è questo: sono una donna di 39 anni che non è bella, non è ricchissima e non aspira al matrimonio. Vorrei solo fare sesso godendo, con qualcun@ altrettanto generoso quanto me e che capisca come la sessualità sia una questione di chimica e di pelle e che essendo brutta non deve piacermi chiunque e per forza. Perché c’è anche questo pregiudizio in circolazione. Una volta ho sentito un collega dire che una tizia, non bellissima, che diceva di essere stata stuprata, doveva ringraziare il cielo per il fatto che qualcuno l’avesse considerata stuprabile, come se una donna brutta fosse da considerarsi disponibile sempre e in ogni caso.
Se ti vedo, ti riconosco, ti sento, se mi piaci, a prescindere da quale sia la tua età, il tuo genere, io ti do tutto quello che mi piacerà darti e pretendo lo stesso da te, ma la mia è una ricerca che non cerca eroi. Non è venendo a letto con me che dimostrerai di essere più macho, coraggios@, virile. Non è sulla mia pelle che consumerai le tue sfide. Ti prendo se ti piaccio, se mi vuoi, se mi desideri, se mi tocchi, mi lecchi, mi baci, e mi fai godere come ti faccio godere io. A occhi aperti.
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