Rileggendole dopo un po’ di tempo aveva però trovato le sue storie oltremodo noiose.
Proprio così.
Non gli avevano dato neanche un po’ di eccitazione, un brivido, un fremito. Niente. Piuttosto, riprendendole aveva provato qualcosa che assomigliava a una vaga sofferenza.
Atmosfere, scene, situazioni, pensieri, gesti dei protagonisti: niente in realtà era riuscito a fargli pensare che i suoi testi possedessero un po’ di valore. Magari non letterario, non pretendeva tanto, ma almeno dal punto di vista della soddisfazione di chi legge. O della pura e semplice sollecitazione dei sensi. Gli sarebbe bastato questo. Ma non era così. Il pene gli restava desolatamente floscio mentre rileggeva le trame. E se accadeva a lui, immaginava che lo stesso valesse per altri.
Ci pensò su per tanti mesi. Nel frattempo non riuscì a scrivere nuovi testi erotici, neanche per prova. Era bloccato. Come, gli venne in mente un giorno, se non fosse mai riuscito a superare la dimensione della mera ginnastica sessuale. Coiti di diversi tipi, cunnilingus, fellatio, masturbazione reciproca, scambio di ruoli fra uomo e donna, fantasie e pratiche omoerotiche, rapporti sadomaso… perfino scene di pissing e quant’altro di più trasgressivo avesse descritto rappresentavano solo forme della carnalità. Ma non la sostanza. Ecco, poteva essere questo. E forse il problema stava proprio in quell’aggettivo che gli si era articolato nell’intimo: trasgressivo.
Perché trasgrediamo? si chiese quindi. Perché desideriamo infrangere regole, sconvolgere canoni e schemi prestabiliti, socialmente assodati. Vogliamo cioè commettere una violazione. Un peccato. Vediamo il sesso come peccato, concluse. E lo vede così anche la maggior parte degli autori di testi erotici, specie se moderni o contemporanei. Trasgressivo e peccaminoso. Più o meno come i signori che organizzano festini con belle donne, a pagamento o no. E se ne vantano, per dimostrare quanto sono anticonformisti, che non temono, che sfidano lo scandalo. Pensando così di distinguersi dalla massa.
Vero. I suoi racconti passati gli mettevano tristezza perché al fondo di sé portavano un fardello di peccato. Perciò di sofferenza. Senso di colpa. Come se il suo io narrante confessasse di avere dentro qualcosa di sbagliato. E così i suoi personaggi. Ma non era questo che voleva, in realtà. Dopo mesi e mesi finalmente l’aveva capito: desiderava raccontare il desiderio carnale, al contrario, come uno dei normali bisogni delle persone, dal riposo alla felicità, dalla fame all’esigenza di fare pipì.
Con o senza trasporto amoroso. Voleva raccontare il sesso nella vita quotidiana, a casa oppure al lavoro, in strada o dovunque ci si trovasse, a ogni ora del giorno e della notte: improvvisi squarci di eros da assumere come pillole quando serviva e quando faceva piacere, per digerire l’esistenza e, perché no, per imparare ad amare più intensamente. Desideri, situazioni, occasioni che sembravano a volte improbabili, magari, ma come per tutte le cose della vita poteva succedere davvero di provarli o di viverli ‒ e in certi casi era accaduto. Senza sofferenze, però, godendoli appieno come un appetitoso pranzo, una passeggiata in campagna o un tranquillo pomeriggio di relax in compagnia di un buon libro.
Era questo il sesso che voleva raccontare, se n’era reso conto finalmente. Ricominciò a scrivere qualcosa, quindi. Appunti, abbozzi, scene. Li mise giù dopo avere meditato per tanti giorni ancora. Poi gli venne fuori una storia completa, sebbene piuttosto breve. Si sedette davanti al computer e quella prese corpo praticamente da sola, con una facilità estrema. Quando ne aveva composto circa una metà si fermò a rileggerla, perché era pignolo in fatto di lingua. Filava bene, si accorse, bastavano solo piccole correzioni. Ma principalmente… sì, il racconto lo eccitava. Decisamente.
Riprese a scrivere con il pene turgido sotto i pantaloni. Ed era come se fosse proprio quello stato che lo spingeva a finire la storia. La raccontava e ne godeva. Ne godeva tanto che dovette fermarsi e andare in bagno. Qui si abbassò i pantaloni e pensando alla situazione descritta e al suo seguito cominciò a carezzarsi con lentezza. E la vicenda continuò a svilupparglisi nella mente e nel corpo, nel membro gonfio e teso, fino a quando non ebbe un orgasmo che lo fece gemere di piacere.
Si sentiva soddisfatto, sazio, e tornato al computer ultimò il racconto in pochi minuti. Lo rilesse con attenzione e gli piacque. Non gli era mai capitato prima. Per giunta lo eccitava ancora, benché si fosse appena masturbato. Decise quindi che era buono, pensò a un titolo, lo corresse di nuovo, per sicurezza, e poi corse a farlo leggere a lei.
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Uno sguardo, un odore, un profumo, un contatto casuale, una voce... E sei perduto | Pillole d’eros – Dissociazione, associazione |
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