Incontro inaspettato
Non ci vedevamo da quindici anni, cioè da quando entrambe avevamo finito il liceo e ognuna di noi aveva preso strade molto diverse nella vita. Io non volevo laurearmi, avevo voglia e anche necessità di entrare presto nel mondo del lavoro. Così avevo deciso di frequentare un corso per infermiera specializzata, in modo da crearmi comunque una buona professione. Lei invece non aveva ancora le idee chiare: si era iscritta a scienze politiche, già pensando che molto probabilmente avrebbe costruito il suo futuro su un buon matrimonio.
La nostra bella amicizia di giovani studentesse stava inevitabilmente sfumando e, infatti, nel giro di poco meno di un anno avevamo smesso di vederci e anche di sentirci. Ottenuto il diploma d’infermiera specializzata,avevo trovato quasi subito un buon posto in un ospedale. Nel frattempo ero venuta a sapere che Valeria aveva abbandonato gli studi universitari: incontrato quello che credeva fosse il grande amore della sua vita, lo aveva seguito all’estero.
A 24 anni mi ero innamorata anch’io. L’amore lo avevo trovato in ospedale. Lui, Piero, era un giovane medico molto bravo e di un’enorme dolcezza. Si era messo presto a corteggiarmi ed io ne ero stata felicissima. Dopo un solo un anno di fidanzamento ci eravamo sposati, e dal nostro matrimonio erano nati due splendidi gemelli, un maschio e una femmina, che oggi hanno 9 anni.
Di Valeria non avevo saputo più niente, fino a quella mattina dell’incontro nel supermercato. Ci abbracciammo, felici di esserci ritrovate. Lei era quasi uguale a quindici anni prima: stessi capelli, lo stesso sguardo vivace, la stessa sfolgorante bellezza e un carattere vulcanico. Io ero invece piuttosto cambiata e, infatti, Valeria non mi aveva riconosciuta subito.
Andammo in un bar, e davanti a due tazze di caffè rievocammo la nostra giovinezza. Valeria mi raccontò della sua vita turbolenta: due matrimoni andati male, niente figli “per fortuna”, il noiosissimo lavoro in una piccola agenzia immobiliare.
«Al momento, niente legami», mi disse, «il vero grande amore lo aspetto ancora».
Simpatia a prima vista
Ora che ci eravamo ritrovate decidemmo di non perderci più di vista. E dopo qualche telefonata, una sera la invitai a cena per farle conoscere la mia famiglia. Piero rimase folgorato dalla sua simpatia (e non solo da quella…), tanto che quegli inviti e quelle cene si ripeterono spesso. Ero felice che la mia amica risultasse così simpatica a mio marito, ma certo non avrei mai immaginato quello che sarebbe potuto succedere.
Chissà, probabilmente ero troppo ingenua, o semplicemente volevo così tanto bene a mio marito ed ero così sicura del suo amore da non nutrire alcun sospetto.
Il primo segno che qualcosa stava cambiando in Piero arrivò a metà febbraio, quando lui mi annunciò di voler invitare anche Valeria nella nostra casetta in montagna. «Ma come?», ribattei, «abbiamo sempre fatto la nostra settimana di San Valentino io e te da soli, davanti al camino sotto la neve, lasciando i bambini ai nonni… e adesso vuoi invitare la mia amica?».
«Ma che c’è di male?» rispose lui «Valeria è così simpatica… il posto nella casa c’è, e assieme a lei ci faremo un sacco di risate».
Ci restai male, ma amavo troppo Piero per contraddirlo. E ripensandoci bene mi resi conto che in fondo poteva essere un’idea divertente. Infatti trascorremmo dei giorni molto piacevoli. Valeria si dimostrò un’ottima ospite: discreta, e allo stesso tempo sempre presente con la sua incontenibile allegria. Tanto che dovetti ammettere con Piero che aveva avuto ragione lui.
Ma una decina di giorni dopo quella vacanza cominciai a notare che Piero era cambiato con me. Era diventato piuttosto nevoso, distaccato, e se la sera mi avvicinavo a lui nel letto, si scansava e, scusandosi, mi diceva di essere stanco.
Per un po’ di tempo non diedi gran peso a quei mutamenti, anche perché crescere due bambini e fare i turni in ospedale non è uno scherzo, e anch’io spesso ero stanca. Fu proprio in occasione di uno dei miei turni ospedalieri che la verità mi fu scaraventata in faccia col peso di un macigno. Accadde una mattina all’alba: avevo appena smontato dal turno di notte, e prima di andare a casa avevo deciso di fermarmi davanti a un fornaio della zona per comprare dei cornetti caldi appena sfornati. Quel negozio era a pochi passi da casa di Valeria.
Rimasi di sasso quando, nelle vicinanze del suo palazzo, riconobbi l’auto di Piero, la nostra auto. D’un tratto mi si affollarono nella mente immagini e paure, e il cuore prese a battermi all’impazzata.
La mia agitazione, purtroppo, era più che giustificata. Stavo pensando a cosa fare, come comportarmi, quando la custode dello stabile aprì il portone. Approfittai di un suo momento di disattenzione e mi infilai su per le scale, quasi fino davanti alla porta di Valeria.
Non ci fu bisogno di indagare oltre. Li vidi sul pianerottolo, davanti alla porta, che si baciavano dopo una notte d’amore. Lei discinta, con una leggera vestaglia semiaperta. Lui appena rivestito, che la baciava toccandola dappertutto e sussurrandole: «Ci rivediamo presto».
Sconvolta com’ero, mi mancò la forza di affrontare quei due traditori della mia fiducia, dell’amore, dell’amicizia. Corsi via piangendo e mi fermai dietro l’angolo a singhiozzare disperata. Ma decisi subito che mai e poi mai avrei potuto continuare la mia vita come se niente fosse successo.
Tornai a casa in tutta fretta, prima che arrivasse Piero. Mi barricai dentro con i bambini e spedii a Piero un sms: «Vi ho visti, vi ho sentiti. Non cercare scuse: cercati un avvocato e un letto dove dormire, magari quello di Valeria. Non voglio vederti mai più».
È passato più di un anno da quell’orribile mattina. Io, fortunatamente, ho trovato subito lavoro in una clinica: mi sono tenuta i miei figli, e ho abbandonato Piero al destino che si è meritato.
Claudia B., Milano
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