LA MORTE È LA FINE DI TUTTO? - Ineluttabile e devastante...
Articolo di Giuseppe Piccolo pubblicato il 15/1/2014 (3002 Letture)
La morte è un argomento che non è mai facile affrontare. Molti preferiscono non parlarne. Ma prima o poi va affrontato. La morte, purtroppo, è ineluttabile, e il dolore che provoca è devastante. Non c’è nulla che possa davvero prepararci per la perdita di un genitore, un coniuge o un figlio. Una tragedia può accadere all’improvviso o essere annunciata da tempo.
Non c’è nulla che possa davvero prepararci per la perdita di un genitore, un coniuge o un figlio. Una tragedia può accadere all’improvviso o essere annunciata da tempo.
Comunque stiano le cose, non si può evitare il dolore causato dalla morte, e il pensiero della sua irreversibilità può avere effetti devastanti.
Antonio, che ha perso il padre in un incidente stradale, spiega: “È come se qualcuno mettesse i sigilli alla tua casa e portasse via le chiavi. Non puoi rientrare, neppure per un istante. Ti restano solo i ricordi. Questa è la nuova realtà. È così ingiusta che ti rifiuti di accettarla, ma non puoi farci niente”.
Quando dovette affrontare un lutto simile, Dorothy, che rimase vedova a 47 anni, si mise alla ricerca di risposte. Dato che era insegnante in una scuola domenicale anglicana, aveva sempre pensato che la morte non fosse la fine di tutto. Ma non aveva le idee chiare. “Cosa accade quando si muore?”, domandò a un ministro della sua chiesa. “Nessuno lo sa”, si sentì rispondere. “Non possiamo far altro che aspettare per scoprirlo”.
Ma siamo davvero condannati ad “aspettare per scoprirlo”? Non c’è modo di sapere con certezza se la morte è la fine di tutto?
La morte è una nemica terribile. La combattiamo con tutte le nostre forze. Quando colpisce un nostro caro potremmo rifiutarci di accettarla. O forse, nel rigoglio della giovinezza, pensiamo che non verrà mai a cercarci: un’illusione alla quale ci aggrappiamo finché possiamo.
Pochi sono stati ossessionati dal pensiero dell’immortalità più dei faraoni, che spesero gran parte della loro vita nel tentativo di sconfiggere la morte, sacrificando quella di migliaia di schiavi. Le piramidi sono una testimonianza eloquente di questa loro ricerca e del loro fallimento.
Anche gli imperatori cinesi inseguivano il sogno dell’immortalità, ma attraverso un altro percorso: la ricerca del leggendario elisir di lunga vita. L’imperatore Qin Shi Huangdi chiese ai suoi alchimisti di preparare una pozione magica per tenere lontana la morte. Molti dei loro intrugli però contenevano mercurio, un elemento tossico, ed è probabile che sia stato uno di quei miscugli a uccidere l’imperatore.
Nel XVI secolo l’esploratore spagnolo Juan Ponce de León solcò le acque del Mar delle Antille alla ricerca, si dice, della fonte dell’eterna giovinezza. Scoprì la Florida, ma morì alcuni anni più tardi in seguito a un combattimento con i nativi americani. E la fonte dell’eterna giovinezza non è stata mai trovata.
Faraoni, imperatori ed esploratori cercavano di sconfiggere la morte. E chi di noi, pur eccependo sui loro metodi, non avrebbe voluto raggiungere quell’obiettivo? Nel nostro intimo, praticamente tutti desideriamo continuare a vivere.
SI PUÒ SCONFIGGERE LA MORTE?
Perché ci ribelliamo alla morte? La Bibbia ne spiega la ragione. Del nostro Creatore, Geova Dio, * dice: “Egli ha fatto ogni cosa bella nel suo tempo; ha persino messo l’eternità nel loro cuore”, ovvero nel cuore degli uomini (Ecclesiaste 3:11, La Nuova Diodati). Vorremmo godere della bellezza della terra per sempre, non solo per 70-80 anni (Salmo 90:10). Questo è il desiderio che abbiamo nel cuore.
Perché Dio ha messo l’“eternità” nel nostro cuore? Solo per farci provare un senso di frustrazione? Una cosa del genere è impensabile. Dio invece ci promette che la morte sarà sconfitta. La Bibbia parla più volte sia dell’eliminazione della morte che della vita eterna promessa da Dio.
Gesù Cristo stesso disse chiaramente: “Questo significa vita eterna, che acquistino conoscenza di te, il solo vero Dio, e di colui che tu hai mandato, Gesù Cristo” (Giovanni 17:3). La battaglia contro la morte, quindi, non è persa in partenza. Come conferma Gesù, però, solo Dio può vincere questa battaglia per noi.
Betania era un piccolo villaggio a circa tre chilometri da Gerusalemme (Giovanni 11:18). Lì, poche settimane prima della morte di Gesù, si verificò un evento tragico: Lazzaro, un intimo amico di Gesù, all’improvviso si ammalò e morì.
Non appena udì la notizia, Gesù disse ai suoi discepoli che Lazzaro dormiva e che sarebbe andato a svegliarlo (Giovanni 11:11). I discepoli però non capirono quello che intendeva, per cui Gesù disse loro chiaramente: “Lazzaro è morto” (Giovanni 11:14).
Gesù arrivò a Betania quattro giorni dopo che Lazzaro era stato sepolto e cercò di confortare Marta, sorella del defunto. Al che lei disse: “Se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto” (Giovanni 11:17, 21). “Io sono la risurrezione e la vita”, replicò Gesù, e aggiunse: “Chi esercita fede in me, benché muoia, tornerà in vita” (Giovanni 11:25).
“Lazzaro, vieni fuori!”
Per dimostrare che quelle parole non erano una promessa vana, Gesù si avvicinò alla tomba e gridò: “Lazzaro, vieni fuori!” (Giovanni 11:43). E, con grande stupore degli astanti, il morto uscì.
Gesù aveva già compiuto almeno due risurrezioni. In un’occasione aveva riportato in vita una ragazzina, la figlia di Iairo. Anche in questo caso, poco prima di risuscitarla, ne aveva parlato come di una persona che stava dormendo (Luca 8:52).
Quindi, sia nel caso di Lazzaro che della figlia di Iairo, Gesù paragonò la morte al sonno. Perché questo è un paragone calzante? Il sonno è uno stato di incoscienza; inoltre trasmette appropriatamente l’idea del sollievo dal dolore e dalla sofferenza (Ecclesiaste 9:5; vedi il riquadro “ La morte è come un sonno profondo”). I primi discepoli di Gesù capivano chiaramente qual era la vera condizione dei morti. A questo proposito, un’opera di consultazione dice: “Per i seguaci di Gesù la morte era un sonno e la tomba un luogo di riposo [...] per quelli che erano morti nella fede” *
Ci è di conforto sapere che i morti dormono nella tomba e non soffrono. La morte perde così il suo alone di mistero e non c’è più motivo di provarne un timore morboso.
“SE UN UOMO ROBUSTO MUORE, PUÒ EGLI TORNARE A VIVERE?”
Anche se una buona notte di sonno fa piacere a tutti, nessuno vorrebbe addormentarsi per sempre. Che speranza c’è che i morti che dormono nella tomba possano tornare in vita, come accadde a Lazzaro e alla figlia di Iairo?
Il patriarca Giobbe fece questa domanda quando si sentì prossimo alla morte. Infatti chiese: “Se un uomo robusto muore, può egli tornare a vivere?” (Giobbe 14:14).
In risposta alla sua stessa domanda, Giobbe, rivolgendosi all’Onnipotente Dio, disse: “Tu chiamerai, e io stesso ti risponderò. Bramerai l’opera delle tue mani” (Giobbe 14:15). Questo fedele servitore era sicuro che Geova desiderava vedere il giorno in cui lo avrebbe risuscitato. Quella di Giobbe era solo un’illusione? Tutt’altro.
Le risurrezioni compiute da Gesù costituivano una chiara prova che Dio gli aveva dato il potere di sconfiggere la morte. Per di più, la Bibbia dice che ora Gesù ha “le chiavi della morte” (Rivelazione 1:18). Quindi egli aprirà le porte della tomba, riportando in vita i morti, proprio come fece quando ordinò di togliere la pietra che chiudeva la tomba di Lazzaro.
Nella Bibbia ci sono numerosi riferimenti alla promessa della risurrezione. Un angelo assicurò al profeta Daniele: “Riposerai, ma sorgerai per la tua sorte alla fine dei giorni” (Daniele 12:13). Ai sadducei, i capi religiosi ebrei che non credevano nella risurrezione, Gesù disse: “Voi sbagliate, perché non conoscete né le Scritture né la potenza di Dio” (Matteo 22:23, 29). L’apostolo Paolo affermò: “Ho in Dio la speranza [...] che ci sarà una risurrezione sia dei giusti che degli ingiusti” (Atti 24:15).
QUANDO RISORGERANNO I MORTI?
Quando avrà luogo questa risurrezione dei giusti e degli ingiusti? L’angelo disse a Daniele, un uomo giusto, che sarebbe risorto “alla fine dei giorni”. Anche Marta credeva che suo fratello Lazzaro sarebbe risorto “nella risurrezione, nell’ultimo giorno” (Giovanni 11:24).
La Bibbia mette in relazione questo “ultimo giorno” con il dominio di Cristo in qualità di Re. Paolo scrisse: “Poiché egli [Cristo] deve regnare finché Dio non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. Come ultimo nemico, sarà ridotta a nulla la morte” (1 Corinti 15:25, 26). Questo è un motivo più che valido per pregare che venga il Regno di Dio e che si faccia la Sua volontà sulla terra. *
Come Giobbe ben sapeva, Dio vuole risuscitare i morti. Quando arriverà quel giorno la morte sarà davvero ridotta a nulla. E nessuno si chiederà mai più: “La morte è la fine di tutto?”
Non c’è nulla che possa davvero prepararci per la perdita di un genitore, un coniuge o un figlio. Una tragedia può accadere all’improvviso o essere annunciata da tempo.
Comunque stiano le cose, non si può evitare il dolore causato dalla morte, e il pensiero della sua irreversibilità può avere effetti devastanti.
Antonio, che ha perso il padre in un incidente stradale, spiega: “È come se qualcuno mettesse i sigilli alla tua casa e portasse via le chiavi. Non puoi rientrare, neppure per un istante. Ti restano solo i ricordi. Questa è la nuova realtà. È così ingiusta che ti rifiuti di accettarla, ma non puoi farci niente”.
Quando dovette affrontare un lutto simile, Dorothy, che rimase vedova a 47 anni, si mise alla ricerca di risposte. Dato che era insegnante in una scuola domenicale anglicana, aveva sempre pensato che la morte non fosse la fine di tutto. Ma non aveva le idee chiare. “Cosa accade quando si muore?”, domandò a un ministro della sua chiesa. “Nessuno lo sa”, si sentì rispondere. “Non possiamo far altro che aspettare per scoprirlo”.
Ma siamo davvero condannati ad “aspettare per scoprirlo”? Non c’è modo di sapere con certezza se la morte è la fine di tutto?
La morte è una nemica terribile. La combattiamo con tutte le nostre forze. Quando colpisce un nostro caro potremmo rifiutarci di accettarla. O forse, nel rigoglio della giovinezza, pensiamo che non verrà mai a cercarci: un’illusione alla quale ci aggrappiamo finché possiamo.
Pochi sono stati ossessionati dal pensiero dell’immortalità più dei faraoni, che spesero gran parte della loro vita nel tentativo di sconfiggere la morte, sacrificando quella di migliaia di schiavi. Le piramidi sono una testimonianza eloquente di questa loro ricerca e del loro fallimento.
Anche gli imperatori cinesi inseguivano il sogno dell’immortalità, ma attraverso un altro percorso: la ricerca del leggendario elisir di lunga vita. L’imperatore Qin Shi Huangdi chiese ai suoi alchimisti di preparare una pozione magica per tenere lontana la morte. Molti dei loro intrugli però contenevano mercurio, un elemento tossico, ed è probabile che sia stato uno di quei miscugli a uccidere l’imperatore.
Nel XVI secolo l’esploratore spagnolo Juan Ponce de León solcò le acque del Mar delle Antille alla ricerca, si dice, della fonte dell’eterna giovinezza. Scoprì la Florida, ma morì alcuni anni più tardi in seguito a un combattimento con i nativi americani. E la fonte dell’eterna giovinezza non è stata mai trovata.
Faraoni, imperatori ed esploratori cercavano di sconfiggere la morte. E chi di noi, pur eccependo sui loro metodi, non avrebbe voluto raggiungere quell’obiettivo? Nel nostro intimo, praticamente tutti desideriamo continuare a vivere.
SI PUÒ SCONFIGGERE LA MORTE?
Perché ci ribelliamo alla morte? La Bibbia ne spiega la ragione. Del nostro Creatore, Geova Dio, * dice: “Egli ha fatto ogni cosa bella nel suo tempo; ha persino messo l’eternità nel loro cuore”, ovvero nel cuore degli uomini (Ecclesiaste 3:11, La Nuova Diodati). Vorremmo godere della bellezza della terra per sempre, non solo per 70-80 anni (Salmo 90:10). Questo è il desiderio che abbiamo nel cuore.
Perché Dio ha messo l’“eternità” nel nostro cuore? Solo per farci provare un senso di frustrazione? Una cosa del genere è impensabile. Dio invece ci promette che la morte sarà sconfitta. La Bibbia parla più volte sia dell’eliminazione della morte che della vita eterna promessa da Dio.
Gesù Cristo stesso disse chiaramente: “Questo significa vita eterna, che acquistino conoscenza di te, il solo vero Dio, e di colui che tu hai mandato, Gesù Cristo” (Giovanni 17:3). La battaglia contro la morte, quindi, non è persa in partenza. Come conferma Gesù, però, solo Dio può vincere questa battaglia per noi.
Betania era un piccolo villaggio a circa tre chilometri da Gerusalemme (Giovanni 11:18). Lì, poche settimane prima della morte di Gesù, si verificò un evento tragico: Lazzaro, un intimo amico di Gesù, all’improvviso si ammalò e morì.
Non appena udì la notizia, Gesù disse ai suoi discepoli che Lazzaro dormiva e che sarebbe andato a svegliarlo (Giovanni 11:11). I discepoli però non capirono quello che intendeva, per cui Gesù disse loro chiaramente: “Lazzaro è morto” (Giovanni 11:14).
Gesù arrivò a Betania quattro giorni dopo che Lazzaro era stato sepolto e cercò di confortare Marta, sorella del defunto. Al che lei disse: “Se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto” (Giovanni 11:17, 21). “Io sono la risurrezione e la vita”, replicò Gesù, e aggiunse: “Chi esercita fede in me, benché muoia, tornerà in vita” (Giovanni 11:25).
“Lazzaro, vieni fuori!”
Per dimostrare che quelle parole non erano una promessa vana, Gesù si avvicinò alla tomba e gridò: “Lazzaro, vieni fuori!” (Giovanni 11:43). E, con grande stupore degli astanti, il morto uscì.
Gesù aveva già compiuto almeno due risurrezioni. In un’occasione aveva riportato in vita una ragazzina, la figlia di Iairo. Anche in questo caso, poco prima di risuscitarla, ne aveva parlato come di una persona che stava dormendo (Luca 8:52).
Quindi, sia nel caso di Lazzaro che della figlia di Iairo, Gesù paragonò la morte al sonno. Perché questo è un paragone calzante? Il sonno è uno stato di incoscienza; inoltre trasmette appropriatamente l’idea del sollievo dal dolore e dalla sofferenza (Ecclesiaste 9:5; vedi il riquadro “ La morte è come un sonno profondo”). I primi discepoli di Gesù capivano chiaramente qual era la vera condizione dei morti. A questo proposito, un’opera di consultazione dice: “Per i seguaci di Gesù la morte era un sonno e la tomba un luogo di riposo [...] per quelli che erano morti nella fede” *
Ci è di conforto sapere che i morti dormono nella tomba e non soffrono. La morte perde così il suo alone di mistero e non c’è più motivo di provarne un timore morboso.
“SE UN UOMO ROBUSTO MUORE, PUÒ EGLI TORNARE A VIVERE?”
Anche se una buona notte di sonno fa piacere a tutti, nessuno vorrebbe addormentarsi per sempre. Che speranza c’è che i morti che dormono nella tomba possano tornare in vita, come accadde a Lazzaro e alla figlia di Iairo?
Il patriarca Giobbe fece questa domanda quando si sentì prossimo alla morte. Infatti chiese: “Se un uomo robusto muore, può egli tornare a vivere?” (Giobbe 14:14).
In risposta alla sua stessa domanda, Giobbe, rivolgendosi all’Onnipotente Dio, disse: “Tu chiamerai, e io stesso ti risponderò. Bramerai l’opera delle tue mani” (Giobbe 14:15). Questo fedele servitore era sicuro che Geova desiderava vedere il giorno in cui lo avrebbe risuscitato. Quella di Giobbe era solo un’illusione? Tutt’altro.
Le risurrezioni compiute da Gesù costituivano una chiara prova che Dio gli aveva dato il potere di sconfiggere la morte. Per di più, la Bibbia dice che ora Gesù ha “le chiavi della morte” (Rivelazione 1:18). Quindi egli aprirà le porte della tomba, riportando in vita i morti, proprio come fece quando ordinò di togliere la pietra che chiudeva la tomba di Lazzaro.
Nella Bibbia ci sono numerosi riferimenti alla promessa della risurrezione. Un angelo assicurò al profeta Daniele: “Riposerai, ma sorgerai per la tua sorte alla fine dei giorni” (Daniele 12:13). Ai sadducei, i capi religiosi ebrei che non credevano nella risurrezione, Gesù disse: “Voi sbagliate, perché non conoscete né le Scritture né la potenza di Dio” (Matteo 22:23, 29). L’apostolo Paolo affermò: “Ho in Dio la speranza [...] che ci sarà una risurrezione sia dei giusti che degli ingiusti” (Atti 24:15).
QUANDO RISORGERANNO I MORTI?
Quando avrà luogo questa risurrezione dei giusti e degli ingiusti? L’angelo disse a Daniele, un uomo giusto, che sarebbe risorto “alla fine dei giorni”. Anche Marta credeva che suo fratello Lazzaro sarebbe risorto “nella risurrezione, nell’ultimo giorno” (Giovanni 11:24).
La Bibbia mette in relazione questo “ultimo giorno” con il dominio di Cristo in qualità di Re. Paolo scrisse: “Poiché egli [Cristo] deve regnare finché Dio non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. Come ultimo nemico, sarà ridotta a nulla la morte” (1 Corinti 15:25, 26). Questo è un motivo più che valido per pregare che venga il Regno di Dio e che si faccia la Sua volontà sulla terra. *
Come Giobbe ben sapeva, Dio vuole risuscitare i morti. Quando arriverà quel giorno la morte sarà davvero ridotta a nulla. E nessuno si chiederà mai più: “La morte è la fine di tutto?”
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