Lo scompenso cardiaco
Cause
Le cause dello scompenso cardiaco sono molteplici, ma nei paesi occidentali nei due terzi dei casi la causa è la malattia coronarica (cardiopatia ischemica). Molti soggetti, dopo uninfarto del miocardio sviluppano una dilatazione con scarsa forza di contrazione (contrattilità) del muscolo della cavità ventricolare. Altre malattie che spesso conducono a scompenso cardiaco sono l’ipertensione arteriosa, le valvulopatie, ed il diabete mellito. La dilatazione progressiva del cuore accompagnata dalla perdita di forza di contrazione è a volte di origine sconosciuta (cardiomiopatia dilatativa primitiva) e rappresenta una patologia particolarmente frequente ed in aumento. Generalmente parlando, rispetto al passato, oggigiorno i pazienti con scompenso cardiaco sono più frequentemente affetti da cardiopatia ischemica, diabete mellito e cardiomiopatia dilatativa primitiva e meno da ipertensione arteriosa e disfunzioni valvolari.
Bisogna sottolineare l’esistenza di una fase iniziale dello scompenso cardiaco, in cui la disfunzione delle camere cardiache può non associarsi a sintomi specifici, in quanto l’organismo mette in atto una serie di “misure” che compensano la riduzione della contrattilità cardiaca. Questi “rimedi” riescono a mantenere anche per lunghi periodi un equilibrio accettabile evitano l’insorgenza dei sintomi. Tale fase asintomatica può tuttavia essere svelata da indagini diagnostiche semplici come la radiografia del torace (telecuore) ol’ecocardiografia, che evidenziano segni iniziali di ingrandimento e rispettivamente di disfunzione contrattile del cuore.
Sintomi e diagnosi
Il quadro clinico di scompenso cardiaco può essere cronico oppure acuto, secondo la causa; una disfunzione progressivamente peggiorativa di una valvola cardiaca induce uno scompenso cardiaco cronico (a carattere lentamente progressivo), mentre la rottura di un muscolo che sostiene le cuspidi della valvola mitralica (muscolo papillare) si traduce clinicamente con la comparsa di uno scompenso cardiaco nell’arco di pochi minuti / ore (scompenso cardiaco acuto).
I sintomi dello scompenso cardiaco sono l’affanno (dispnea), la stanchezza ed il gonfiore a livello degli arti inferiori (edemi declivi).
Il sintomo tipico dello scompenso cardiaco è la dispnea, ovvero una “mancanza di fiato”, che in genere compare sotto sforzo, ma, nelle fasi più avanzate, anche a riposo. Essa è causata dalla progressiva incapacità delle camere cardiache di sinistra di svuotarsi efficacemente durante la contrazione, con conseguente accumulo di liquidi nel circolo polmonare. L’astenia (“stanchezza” o “debolezza”) è un sintomo frequente, anch’esso legato a una ridotta funzione di pompa del cuore. Per quantizzare il sintomo “affanno” e “stanchezza” si ricorre alla classificazione del sintomo secondo “la classe NYHA”; classe NYHA I: assenza del sintomo sia a riposo che durante lo sforzo ordinario; classe NYHA II: l’affanno è assente a riposo ma è presenta nelle attività comuni; classe NYHA III: il sintomo è assente a riposo ma il soggetto è fortemente limitato nello svolgere le attività fisiche della vita quotidiana; classe NYHA IV: il sintomo è presente sia per sforzi fisici minimi che a riposo.
L’incapacità di stare sdraiato (ortopnea) e la dispnea che avviene la notte svegliando il paziente dal sonno “obbligandolo” a mettersi seduto con le gambe fuori dal letto ed a volte di andare ad aprire la finestra nel tentativo di respirare meglio (dispnea parossistica notturna) sono quadri clinici legati ad una severa disfunzione cardiaca con accumulo di acqua nei polmoni (edema polmonare).
Un esame clinico accurato, e semplici indagini strumentali come la radiografia del torace e l’esame ecocardiografico, consentono nella stragrande maggioranza dei casi da una parte di fare diagnosi e dall’altra parte di quantizzare lo scompenso cardiaco. Anche l’ECG può essere utile in quanto molti pazienti sono affetti da disturbi del ritmo cardiaco (come la fibrillazione atriale e le extrasistoli ventricolari) o presentano segni di infarto del miocardio.
Terapia
Senza una terapia lo scompenso cardiaco presenta una mortalità estremamente alta, coinvolgendo soprattutto i soggetti con severa disfunzione contrattile del ventricolo sinistro, gli anziani ed i soggetti che presentano anche altre gravi malattie (come una severa disfunzione respiratoria o renale, diabete, anemia, ecc).
Dal punto di vista terapeutico è necessario distinguere tre possibili terapie:
1) non farmacologica (comportamentale)
2) farmacologica
3) aggressive: interventistica per via percutanea e chirurgica.
La terapia comportamentale consiste essenzialmente nel seguire un corretto stile di vita, con abitudini alimentari volte a ridurre l’apporto di sale da cucina (cloruro di sodio) e di grassi con la dieta, laddove possibile un moderato esercizio fisico, ed il migliore controllo possibile dei fattori di rischio cardiovascolare (fumo, ipertensione, diabete, obesità, ed ipercolesterolemia).
La terapia farmacologica dello scompenso offre numerose opportunità terapeutiche. Le diverse classi di farmaci disponibili agiscono a livello di meccanismi cruciali coinvolti nella genesi di questa sindrome. Le principali classi di farmaci sono rappresentate dai beta-bloccanti, dagli ACE-inibitori, dai diuretici, dagli antagonisti dei ricettori dell’angiotensina (conosciuti anche come “ARB” o “sartanici”) e, in casi specifici, dalla digitale e dai vasodilatatori. In presenza di severa dilatazione e disfunzione contrattile del ventricolo sinistro e soprattutto nei soggetti con fibrillazione atriale si impone una terapia anticoagulante onde evitare le embolie centrali (ictus) o periferiche Nella maggiore parte dei casi la terapia è rappresentata da una combinazione di alcuni di questi farmaci. Il dosaggio di ognuno di loro viene spesso aumentato progressivamente, tenendo sotto osservazione il comportamento dei sintomi, il peso corporeo ed eseguendo spesso dei controlli di laboratorio (dosaggio dell’ emoglobina e del BNP, il controllo della funzione renale, ecc). Il lavoro è difficile e spesso diventa indispensabile un ricovero in ambiente cardiologico specialistico per potere arrivare in maggiore sicurezza ad un migliore equilibrio.
I farmaci da evitare o da utilizzare con cautela nello scompenso cardiaco sono: antinfiammatori non steroidei, cortisonici, calcio-antagonisti, alcuni inibitori della fosfodiesterasi (il cilastazol indicato nelle malattie ostruttive delle arterie degli arti inferiori, ed il sildenafil indicato nelle disfunzioni dell’erezione) e la metformina e le tiazolidindione (farmaci antidiabetici).
La terapia aggressiva. Negli ultimi anni si sono aggiunte nuove possibilità terapeutiche di tipo interventistico con uso di presidi sempre più sofisticati (impianto di pace-maker biventricolari, impianti di defibrillatori, sistemi di assistenza ventricolare, ecc.). Sempre per via percutanea sono aggi possibili interventi per ridurre l’insufficienza (la perdita) della valvola mitralica che spesso è causa o conseguenza dello scompenso cardiaco grave, con severa dilatazione del ventricolo sinistro.
Anche la chirurgia ha fatto dei passi avanti in questo campo della medicina, con alcune procedure di rimodellamento ventricolare o di asportazione di ampi aneurismi (particolari dilatazioni) del ventricolo sinistro. Alcuni pazienti con malattia ostruttiva coronarica (cardiopatia ischemica) possono migliorare la funzione cardiaca e quindi la classe dello scompenso con l'angioplastica coronarica, con la chirurgia delle coronarie (interventi di bypass aorto-coronarico) o della valvola mitralica (plastica o sostituzione valvolare).
Il trapianto cardiaco rimane tuttora un’indicazione terapeutica per alcuni pazienti con scompenso cardiaco. Si tratta di quelli con scompenso refrattario alle terapie sopraindicate o con aritmie estremamente severe o con angina pectoris severa e senza alternative terapeutiche. Il futuro terapeutico (non ancora in uso comune) su cui si sta lavorando molto negli ultimi anni è quello delle cellule staminali che dovrebbero sostituissero il tessuto cardiaco malato con tessuto sano.
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