Citta’ Invisibile
Prima di entrare nel cuore della mia riflessione, care sorelle, vorrei citare tre brani presi da tre libri famosi. Il primo brano e’ dal Nuovo Testamento. Prima Lettera di San Paolo a Timoteo, capitolo 2: versi da 11 a 15.
“La donna impari in silenzio, con tutta sottomissione. Non concedo a nessuna donna di insegnare ne’ di dettare legge all’uomo, piuttosto se ne stia tranquilla. Perche’ prima e’ stato creato Adamo e poi Eva, e non fu Adamo ad essere ingannato, ma fu la donna che, ingannata, si rese colpevole di trasgressione”.
Il secondo brano e’ dal Corano. Sura 4: versetti da 34 a 37.
“Gli uomini sono superiori alle donne per le qualita’ che Dio ha dato loro (…). Le donne virtuose sono obbedienti e sottomesse ai loro mariti (…). Quanto a quelle che temi ti disobbediscano, ammoniscile, rifiuta di condividere con loro il letto e battile”.
Il terzo brano e’ dalla Torah, 20:17. Esodo: Deuteronomio 05:21.
“Non desidererai la moglie del tuo prossimo, ne’ il suo bue, ne’ il suo asino, ne’ cosa alcuna che gli appartiene”.
E’ del tutto evidente, come si vede, il modo in cui questi tre libri chiamati “sacri”, per citare solo le religioni monoteiste, facciano a gara nell’evidenziare la sottomissione della donna, a qualificarla come di proprieta’ di un uomo, a stigmatizzarla e a perpetuarne la condizione di “inferiorita’”.
C’e’ chi potrebbe dirmi: “Ma questi sono solo brani scollegati dal contesto. Non e’ scientificamente corretto generalizzare partendo da un dettaglio di un brano”. Io dico: E’ vero. Ma anche una lettura attenta e approfondita di questi tre libri e dei loro insegnamenti, mostra che verso la donna, nel migliore dei casi, c’e’ solo una condiscendente indulgenza che e’ persino umiliante.
C’e’ anche chi potrebbe obiettare che questi libri appartengono ad altri tempi e rispecchiano una diversa condizione sociale in cui questo tipo di discorso poteva essere piu’ o meno giustificato. Io invece dico: Voglio fingere, come se fossi l’avvocato del diavolo, di concordare sulla validita’ di quanto e’ scritto, e andare oltre il “difetto di fabbricazione” originale. Se questi libri parlano di una condizione sociale “superata”, allora perche’ vengono tenuti in considerazione anche nel ventunesimo secolo come riferimento assoluto applicabile ai principi di comportamento e agli stili di vita di tante persone? Che sforzo di riforma e’ stato davvero fatto, dal punto di vista religioso, per cambiare veramente l’immagine della donna, cosi’ che la sua posizione fosse davvero uguale a quella dell’uomo, non solo nei discorsi, ma anche e soprattutto nella pratica?
Nessuno.
C’e’ chi dice che sono cristiana. Lo dice perche’ sono battezzata, ma io, dentro di me, posso dire di essere davvero cristiana? No, non posso dirlo. Poiche’ non e’ ad una religione che ho affidato la mia condizione, la mia attivita’ e la mia vita, dalla nascita fino alla morte. Potrei anche essere ebrea o musulmana. Cosa cambierebbe? La mia vita si svolgerebbe allo stesso modo: mi sposerei, avrei dei figli, forse divorzierei, forse mi risposerei e quando alla mia morte sarei sepolta sotto le leggi di chissa’ quale religione cosa cambierebbe? Sono una cristiana? No, e non lo saro’. Ma non saro’ neppure ebrea o musulmana. Non lo saro’ fino a quando le politiche mondiali saranno influenzate da sette religiose e dai loro leader. Non lo saro’ fino a quando esisteranno luoghi in cui sara’ del tutto normale imprigionare chi e’ omosessuale e punire le donne adultere. Non lo saro’ fino a quando le persone non potranno decidere liberamente della loro sessualita’, di come, quando e perche’ far nascere un figlio e decidere in liberta’ della propria fine vita. Non lo saro’ fino a quando ci saranno popoli che, nascondendosi dietro ad una bandiera il cui simbolo e’ lo stesso della loro religione, uccideranno esseri umani ritenendoli non degni di vivere. E gli esempi che potrei fare sono infiniti.
E’ triste per me vivere in un mondo cosi’. E non mi si venga a raccontare che questo mondo sarebbe peggiore se non esistessero le religioni e che la violenza e la privazione della liberta’ non dipendono anche dal fanatismo di chi si crede portavoce di un Dio, perche’ cio’ significa giustificare la volgarita’, l’intolleranza, l’indecenza, la divisione, l’immoralita’. Significa trattare le persone da imbecilli. Significa costringerci alla rassegnazione, all’accettazione che una religione influenzi la nostra vita e che un gruppo ristretto di uomini abbia su tutte noi un immenso potere. Per rendersene conto basta vedere da chi queste religioni sono rappresentate. Papa, Ayatollah, Patriarchi, Sacerdoti, Profeti, e compagnia bella. Tutte figure maschili. Uomini che, come ben sappiamo, quel potere lo hanno sempre usato per lo piu’ per i propri interessi e per perpetuare la loro casta.
Ma non e’ questo il cuore del problema. Il cuore del problema e’: si puo’ essere cristiani, musulmani, o ebrei, e difendere l’uguaglianza dei sessi? No, non si puo’. Perche’? Perche’ tutte e tre le religioni hanno lo stesso atteggiamento nei confronti delle donne: paternalistico nella migliore delle ipotesi, ostile negli altri casi. Ed e’ l’anti-femminismo, la misoginia, il loro comune denominatore. La storica Anne Morel ha scritto: queste tre religioni sono nate nel bacino del Mediterraneo, un ambiente geografico e sociale in cui il maschilismo e’ sempre stato di rigore: un sistema patriarcale in cui le donne hanno sempre occupato una posizione inferiore.
Molte volte mi hanno detto: “Se tu fossi davvero cristiana (o musulmana, o ebrea, si puo’ mettere qui il termine che si preferisce), non diresti mai quello che dici, non vivresti come vivi, non saresti quello che sei”. Questa presunzione di possedere la Verita’, finanche di giudicare il mio stile di vita come quello di ogni altra persona, indicarle quello che e’ piu’ opportuno, imponendole una morale prestabilita da una setta religiosa composta di soli uomini, una morale che quasi mai i cosiddetti “maestri” seguono per se stessi, e’ comune ad ogni religione. Sono certa che per le mie scelte e per il mio stile di vita sarei una reietta ovunque indipendentemente da quale fosse la mia fede. Cristiana, ebrea o musulmana sarei ugualmente da condannare e da redimere.
C’e’ chi accusa l’Islam di essere la religione che, piu’ di tutte, priva la donna dei suoi diritti. Ma ci dimentichiamo che nel giudaismo c’e’ una preghiera dove gli uomini ringraziano Dio per non essere nati donne? E che secondo il Talmud e’ meglio bruciare la Torah piuttosto che affidarla a una donna? Ci dimentichiamo che nelle lettere di San Paolo, che sono una parte fondamentale dei testi cattolici, si dice che il marito e’ il capo della moglie cosi’ come Cristo e’ il capo della Chiesa, ed e’ fatto divieto alle donne di parlare in pubblico o nelle assemblee? Ci dimentichiamo che tra i dodici Apostoli non e’ stata scelta nemmeno una donna? Ci dimentichiamo che, piu’ di recente, una cinquantina di preti anglicani hanno detto che si sarebbero uniti alla Chiesa cattolica per protestare contro la loro gerarchia che aveva deciso di permettere alle donne di diventare vescovi? Ci dimentichiamo l’attuale posizione del Vaticano a proposito delle donne sacerdote, cioe’ che la loro ordinazione sarebbe un “crimine” esattamente come l’abuso sessuale di bambini da parte dei preti pedofili? Non stupitevi! Pero’ ditemi: come puo’ una donna che ha rispetto per se stessa non arrabbiarsi per certe affermazioni?
C’e’ chi dice che e’ l’Islam l’unica religione che impedisce l’emancipazione della donna mentre, invece, il cristianesimo le permetterebbe di godere dei suoi diritti. E questa e’ mistificazione della realta’. Il fondamentalismo cristiano non e’ migliore di quello islamico. Le parole di San Paolo sono chiare e sono parole da cui traspare palese un’insofferenza nei confronti di tutto cio’ che e’ femminile: “Essa potra’ essere salvata partorendo i figli, a condizione di perseverare nella fede, nella carita’, e nella santificazione, con modestia”.
“Potra’ essere salvata…” Analizziamo queste parole, sorelle. Ecco da cosa trae forza il patriarcato. E l’esclusione della donna dal contesto sociale se non per l’unico ruolo di “procreatrice” e’ una logica conseguenza di questa etichetta di eterna colpevole che le e’ stata affibbiata. Il Papa, ed i Patriarchi delle due chiese ortodosse, non sono altro che il prodotto del patriarcato all’interno del Cristianesimo. E’ nello spirito di questa religione che l’autorita’ ritorni sempre alla creatura originale, che e’ sempre di sesso maschile, e non c’e’ una sola volta (con l’unica eccezione, forse, della papessa Giovanna, ma anche in tal caso perche’ creduta uomo) che l’autorita’ pontificale sia stata data ad una donna. Il peccato originale e’ un dogma ed il senso di colpa legato al “desiderio” e’ pratica quotidiana nella religione cristiana. E la donna e’ responsabile sia dell’uno che dell’altro.
Le tre religioni monoteistiche, dunque, da sempre blaterano sul rispetto per le donne ma, come abbiamo visto, nessuna pone la donna su un piano di vera uguaglianza con l’uomo. Inoltre, tutte e tre hanno soffocato una delle due versioni della Genesi, quella che riguarda la storia di Lilith, la prima moglie, creata dalla terra come Adamo e sua pari a priori, per promuovere, invece, la versione di Eva, creata da una costola dell’uomo, quindi a lui inferiore. E non mi si dica che le mie idee sono femministe, perche’ i diritti umani sono universali, e nessuno ne ha il monopolio. Neppure le femministe.
Quando sento parlare oggi di un “femminismo islamico” o “femminismo cristiano”, oppure di “femminismo cattolico” o “femminismo ortodosso”, sono costernata di fronte a questo evidente ossimoro. Non esiste un femminismo religioso. Quando smetteremo di riparare edifici che poggiano su fondamenta marce? Quando potremo finalmente riconoscere una volta per tutte che non e’ possibile conciliare la religione, ogni religione, senza eccezione, con la dignita’ e i diritti delle donne? Basta leggere i testi. La caccia alle streghe e’ oggi meno visibile, ma e’ tutt’altro che finita.
C’e’ chi dice che le donne cristiane sono piu’ libere solo perche’ possono vestirsi come vogliono, mentre le musulmane devono portare il velo, oppure che le donne cristiane sono piu’ emancipate perche’ sono libere di uscire la sera, mentre alle musulmane viene impedito. E’ questa la vera liberazione? La vera emancipazione? Vestirsi ed uscire la sera? Si’, certo, la liberta’ di decidere della nostra vita, finanche che abiti indossare o come scegliere di passare la notte e’ un nostro diritto, ma la vera emancipazione, la vera equiparazione, non dovrebbe essere, piuttosto, garantire alle donne anche altri tipi di diritti? Quei diritti che loro, gli uomini, si tengono ben stretti e non intendono assolutamente mollare? Parlo di un sistema di tutela giuridica civile, imparziale ed equa che permetta di essere madri, figlie, mogli, sorelle, senza dover sentire il peso della nostra condizione di femmine, senza dover per forza essere approvate e “certificate” da un maschio, padre, marito, amante, fratello, figlio, e infine poter accedere a qualsiasi carica, persino a quella religiosa piu’ alta, esattamente come gli uomini. Non e’ forse questo un punto fondamentale per chi crede nella vera emancipazione e nella vera uguaglianza?
Saro’ piu’ chiara e diretta: fin quando una donna non potra’ essere Papa o Patriarca, non mi considerero’ cristiana, e fin quando gli uomini musulmani non porteranno il burqa, saro’ contro il burqa. Quanto a coloro che dicono che come donna cristiana, musulmana o ebrea, dovrei obbedire al maschio, coprirmi la testa, confessarmi e sentirmi in colpa ogni volta che faccio sesso con un uomo che non e’ mio marito, oppure senza aver l’intenzione di procreare, rispondo che la loro infinita litania misogina, questo eterno mantra, mi ha stancata e lascio che cuociano lentamente nelle loro ridicole convinzioni primordiali. E’ la loro unica consolazione, dopo tutto. Ed anche il loro peggiore castigo.
Adesso vi chiedo: qual e’ la colpa della donna? Qual e’ la sua colpa se non quella di essere vittima delle interferenze che la religione causa nella sua vita privandola del suo libero arbitrio? Dal mio punto di vista la vera colpa e’ quella di respingere il lavaggio del cervello che le imporrebbero un pugno di uomini al fine di impedirle di progredire per evitare che alla fine possa avere il potere che le e’ dovuto. In altre parole: la sua vera colpa e’ quella di pensare.
Voglio evitare la trappola delle generalizzazioni nella quale tendo spesso a cadere, pero’ sono convinta che qualsiasi confronto tra le religioni sia obsoleto e malsano. Il tema meriterebbe una riflessione molto piu’ profonda e non sta a me dimostrare quale sia la religione migliore, piu’ tollerante, piu’ aperta, moderna, e vantaggiosa per le donne. Perche’ sono convinta che non esista una religione che sia davvero vantaggiosa per le donne. Piuttosto, vorrei che si riflettesse e si avesse consapevolezza sulla natura nociva di ogni religione. Nociva per il vivere insieme, per lo stile di vita personale, per la capacita’ di scelta individuale, non appena si lascia la sfera del nutrimento spirituale, che dovrebbe essere l’unico luogo per chi cerca la fede, per entrare nella sfera della vita in comune, anche in una comunita’ piccola come la nostra. Uno screzio puo’ creare divisioni, distruggere la convivenza, alterare l’equilibrio e stravolgere la valutazione obiettiva della nostra realta’.
“La religione e’ appena sufficiente per farci odiare l’altro, ma non per farci amare gli uni con gli altri”, ha scritto Jonathan Swift. Le tre religioni monoteiste predicano, ciascuna a suo modo, di tolleranza e di amore, ma gli ebrei uccidono i musulmani, i musulmani uccidono gli ebrei e hanno ucciso i copti, e i cristiani hanno fatto la stessa cosa con gli ebrei. Quale Dio puo’ essere cosi’ crudele da aver messo in piedi questa infinita catena di morte?
No, non sto predicando l’ateismo, anche se ne sono personalmente convinta. Questa sarebbe un’altra forma di costrizione che rifiuto. E non chiedo a nessuna di voi di prendere la posizione che ho io. Che tutte abbiano la fede che vogliono. Ma ognuna mantenga la discrezionalita’, in decenza, in silenzio, lontano dalla predicazione e dai tentativi di conversione. Eliminiamo l’esibizionismo religioso in tutte le sue forme. Pregare dovrebbe essere come fare l’amore: una questione privata. Si parla tanto di oscenita’ sessuali, ma quasi nessuno parla di oscenita’ religiose. Veniamo additate e giudicate se facciamo l’amore in pubblico perche’ e’ una violazione delle buone maniere, a quanto pare. Io, invece, sogno di un mondo secolare, incontaminato, dove si riserva lo stesso trattamento a chi delle sue credenze religiose ne fa un carnevale.
L’emancipazione delle donne ha sempre avuto un contesto laico. La laicita’ pero’ non e’ l’unico strumento di garanzia della parita’ di genere. Ad esempio, la legge di separazione tra Stato e Chiesa in Ungheria e’ del 1855, ma le donne ungheresi hanno conquistato il diritto di voto solo nel 1918. 63 anni dopo! Ed anche oggi, nonostante cerchino di convincerci che abbiamo pari diritti, i salari delle donne in questo paese sono mediamente inferiori del 30% rispetto a quelli degli uomini. Detto questo, pero’, la laicita’, sebbene insufficiente, e’ comunque un prerequisito per l’assoluta parita’ di genere. Io non pretendo che la mia sia l’unica risposta. Questa riflessione aveva un obiettivo assai piu’ modesto: esporre ancora una volta come stanno le cose e cercare di spiegare perche’ le religioni, tutte, non sono a favore delle donne. Ma qual e’ il modo migliore perche’ tutte noi possiamo convivere senza che nessuna si senta “diversa” per le differenti convinzioni religiose che ha? Ecco, forse e’ questa la grande domanda che tutte noi, insieme, responsabilmente, dovremmo fare a noi stesse, cercando in uno sforzo collettivo e solidale di mettere a fuoco quella che potrebbe essere una soluzione, adoperandoci per costruire quella societa’ civile di liberta’ che ci meritiamo.
Vorrei terminare con una storiella, sempre la solita, che tutte voi ormai conoscete, ma che e’ giusto non dimenticare mai.
C’era una volta, in un tempo lontano, un mercante che possedeva un magico anello che gli era stato regalato da un jinn, e nel quale era incastonata una pietra che era la piu’ preziosa del mondo. Una pietra che aveva il potere di donare la Verita’ a chi la indossava.
Il mercante aveva tre figli ed ognuno implorava il padre affinche’, morendo, egli lasciasse l’anello a lui solo, ma l’uomo amava tutti i figli allo stesso modo e se avesse lasciato l’anello ad uno di loro, gli altri due si sarebbero dispiaciuti. Si rivolse allora ad un abile orafo e gli commissiono’ due anelli identici a quello in suo possesso e l’orafo fabbrico’ gli anelli in modo cosi’ perfetto che era impossibile distinguerli da quello autentico.
Il mercante, prima di morire, separatamente ed in gran segreto, consegno’ un anello a ciascuno dei tre figli cosicche’ ognuno fosse convinto di aver ricevuto l’originale. Da allora si racconta di come ogni uomo sia convinto di possedere la Verita’.
N.B. La posta della rubrica " Sotto Voce " viene pubblicata integralmente, senza correzioni ne tagli, cestinando solo le storie ritenute troppo forti o di contenuto volgare.
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