Mentre il CdM approva la riduzione del costo del lavoro per collaborazioni esterne e dipendenti di viale Mazzini, l'Espresso pubblica le buste paga (da capogiro) dell'azienda. Con qualche eccezione. Tenetevi forte: Del Noce, 400mila euro l'anno, Monica Setta 200mila euro, Giovanni Floris 450mila euro, Carlo Conti 1,3 milioni di euro, Fabio Fazio 2 milioni di euro, Serena Dandini 700mila euro, Massimo Giletti 350mila euro, Pippo Baudo 900mila euro, Bruno Vespa - che è esterno - 1,2 milioni di euro, Osvaldo Bevilacqua (mister "Sereno variabile") 250mila euro l'anno.
Il principe Emanuele Filiberto, invece, viene pagato ad apparizione, percependo circa 20mila euro lordi ogni puntata. E Milena Gabanelli? Con i suoi 150mila euro l'anno, a volte 180, è la giornalista meno pagata nella lista di stipendi eccellenti Rai - forse con la sola eccezione di Marco Travaglio, che a Otto e mezzo ha confessato di prendere 1.500 euro lordi a puntata di Annozero - pubblicata da L'Espresso, che avrebbe ricevuto la "soffiata" da fonti interne all'azienda.
La bomba esplode proprio all'indomani del provvedimento - caldeggiato per primo da Renato Brunetta - secondo il quale nei titoli di coda di tutti i principali programmi e dei telegiornali dovrebbero scorrere i compensi dei conduttori, degli ospiti e degli opinionisti. Colpi incrociati sulla Rai: il settimanale pubblica i compensi d'oro delle star di viale Mazzini, e intanto il Consiglio dei Ministri dà il via libera a un emendamento - a firma Roberto Calderoli e Umberto Bossi - che prevede tagli agli stipendi dei dirigenti dell'azienda (per chi percepisce un compenso che va dai 90mila ai 150mila euro il taglio è del 5%, sopra quella cifra il taglio raggiunge il 10%).
Se ne era già parlato nell'ottobre scorso (a fare i conti in tasca alle star della Rai in quell'occasione era stata La Stampa) e già allora saltava all'occhio e strideva la contrapposizione tra crisi mondiale - ma anche profondo rosso nei conti di viale Mazzini - e stipendi d'oro, da quello di Milly Carlucci (1,5 milioni), a quello della Ventura (1,8 milioni), a quello di Santoro (700mila).
Si aprirà ora una nuova era di trasparenza e di austerity? Non ne è convinto Aldo Grasso, che sul Corriere commenta l'idea dello stipendio pubblico nei titoli di coda: «Apparentemente il provvedimento sembra rispondere ai requisiti di trasparenza, tante volte auspicati dal ministro Renato Brunetta. Sarà, ma provvedimenti del genere sono i classici tacconi peggio del buco, capaci di generare effetti perversi a non finire».
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