Curando bene l'ipertensione è possibile. Anche il bambino può essere colpito. Un cinquantenne su quattro ha la pressione alta. Più del dieci per cento dell'umanità ha la pressione alta. Si calcola che in Italia vi siano attualmente circa dieci milioni di ipertesi, ma solo un'esigua percentuale è al corrente della sua malattia. In media, su cento ipertesi solo cinquanta sanno di esserlo. Di questi cinquanta solo la metà si curano e quel che è peggio ancora meno della metà di coloro che si curano lo fa in modo corretto.
Ne deriva che su cento ammalati di ipertensione non più di dieci si curano come dovrebbero. Gli altri novanta vivono esposti ai pericoli della malattia, mentre curandosi avrebbero la possibilità di evitarli. In Italia i morti per ipertensione arteriosa sono più di quindicimila l'anno.
Anche se non si conoscono con precisione le cause della grande maggioranza dei casi di ipertensione, da trent'anni disponiamo di farmaci capaci di riportare nella norma i valori della pressione. I pericoli della pressione alta sono l'ictus, l'infarto del miocardio, gli aneurismi arteriosi, lo scompenso cardiaco, l'insufficienza renale, le malattie della retina.
Curando bene l'ipertensione è possibile evitare tutte queste complicanze.
Ma quali sono i valori di pressione arteriosa considerati normali e quelli invece indicativi di ipertensione? Secondo le Linee Guida 2007 della Società Europea dell’Ipertensione Arteriosa e della Società Europea di Cardiologia sono i seguenti: Il giudizio di gravità del rischio cardiovascolare non deve però basarsi solamente sui livelli della pressione: uno stesso valore assume significato diverso in un giovane o in un anziano, in un soggetto magro o in un obeso, in presenza o meno di familiarità ipertensiva oppure se vi sono segni elettrocardiografici di ipertrofia del ventricolo sinistro o di insufficienza coronarica, riduzione della funzione renale, alterazioni del fondo dell'occhio.
Pertanto l’obiettivo del trattamento antiipertensivo può variare: mentre nel paziente iperteso senza importanti altri fattori di rischio la pressione dovrebbe essere ridotta a valori inferiori a 140/90 mmHg, nel diabetico e nel paziente iperteso a rischio cardiovascolare elevato dovrebbe essere ridotta a valori inferiori a 130/80 mmHg.
L'ipertensione arteriosa decorre a lungo inavvertita e il più delle volte viene scoperta per caso: i disturbi dovuti alla pressione alta insorgono dopo anni dall'instaurarsi della malattia solo quando questa ha provocato alterazioni degli "organi bersaglio" (cervello, cuore, rene, occhio). La dieta ha scarsa importanza nell'ipertensione: restrizioni dietetiche si rendono indispensabili solo quando l'iperteso è grasso per riportare il peso nella norma.
Indispensabile è invece la riduzione del sale che nella dieta media italiana è presente in quantità tre volte maggiore di quella necessaria. Alimenti ricchi di sale sono il pane, i biscotti, il latte, tutti i formaggi, salse e conserve, i cibi conservati, il bianco dell'uovo, i salumi, i frutti di mare. Sono poveri di sale patate, riso, pasta, fagioli, piselli, pomodori, insalata, lenticchie, carni, pesci, frutta.
Perché la pressione arteriosa?
La vita e le funzioni delle cellule sono legate ai loro continui scambi con l'ambiente esterno, dal quale ricevono ossigeno e nutrimento, e al quale cedono anidride carbonica e le scorie del metabolismo.
Negli organismi unicellulari, gli scambi avvengono direttamente attraverso la membrana cellulare; in quelli complessi, mediante un vettore, il sangue, che, circolando incessantemente a grande velocità, funge da intermediario fra le cellule e l'esterno: polmoni, reni e intestino.
Perché il sangue possa raggiungere tutte le cellule è indispensabile una spinta che gli viene impressa dal cuore. L'equilibrio fra la forza di propulsione cardiaca e le resistenze periferiche determina la normale pressione arteriosa: ogni variazione della gettata cardiaca o delle resistenze incontrate dal sangue, comporta cambiamenti della pressione.
Con lo sfigmomanometro, abitualmente, misuriamo la pressione che il sangue esercita sulla parete delle arterie del braccio.
La pressione sistolica, o massima, è principalmente dovuta al volume della gettata del ventricolo sinistro, alla velocità di eiezione, e alla distensibilità dell'aorta.
I meccanismi che concorrono a regolare la pressione arteriosa sono cardiaci, (forza della contrazione ventricolare), vascolari (tono ed elasticità delle pareti arteriose), ed ematici (massa e viscosità del sangue).
Le resistenze periferiche regolano la quantità del sangue che giunge ai vari organi, in rapporto alle esigenze metaboliche, e proteggono le piccole arterie e ì capillari dai bruschi aumenti di flusso e di pressione ai quali, a causa della loro fragilità, non potrebbero resistere.
Fattori genetici e ambientali
Sono stati ipotizzati cambiamenti della pressione durante i secoli, ma non è possibile dire se corrisponda a verità. Osservazioni protratte su animali da esperimento hanno portato in causa la predisposizione genetica: è molto verosimile che non si tratti della trasmissione di un unico gene, ma di molti dai quali dipenderebbe il livello pressorio medio elevato di alcune famiglie.
Su questa predisposizione esercitano il loro effetto i fattori ambientali: la loro azione sarebbe tanto più evidente se la predisposizione fosse maggiormente accentuata e se la struttura psicologica del soggetto lo rendesse maggiormente sensibile. Probabilmente anche la maggiore sensibilità rientra nel bagaglio genetico. Si innescherebbe un circuito chiuso:
l'innalzamento dei valori pressori stimola o rimette in gioco alcuni processi psicologici a loro volta responsabili di un ulteriore aumento della pressione. Fra i fattori ipertensivi sono particolarmente incriminati il ritmo di vita, la sedentarietà, la condizione socio-professionale, il tipo di alimentazione e, soprattutto, l'apporto quotidiano di sale (cloruro di sodio).
L'effetto «pressorio» dell'ambiente appare più importante di quanto si supponesse, e spiega il variare dei valori della pressione da un giorno all'altro e anche da un momento all'altro, secondo le condizioni nelle quali viene fatta la misurazione. Questo rilievo ha indotto molti epidemiologi a preferire l'autocontrollo della pressione, fatto dallo stesso paziente, a casa propria. In tal modo aumentano anche la frequenza dei controlli e le possibilità di comparazione dei valori.
Complicanze e negligenza
Le diverse indagini, soprattutto recenti, hanno confermato, se ce ne fosse stato bisogno, la frequenza delle complicazioni imputabili all'ipertensione arteriosa. La loro precocità e gravità è, in larga misura, legata al grado di innalzamento della pressione. È stata messa chiaramente in evidenza la stretta e costante correlazione esistente fra morbilità, mortalità e gravità dell'ipertensione: quanto più la pressione è elevata, tanto più precoci e frequenti sono le complicazioni.
A qualunque valore di pressione arteriosa le probabilità di incidenti cardiovascolari si riduce parallelamente all'abbassarsi dei valori.
Tutti i medici sono concordi nel riconoscere che pressoché tutte le ipertensioni arteriose sono oggi correggibili, ma purtroppo non si tiene conto della negligenza nella sorveglianza e nella terapia tanto diffusa fra medici e ammalati. In quale misura una terapia corretta e correttamente seguita migliora l'avvenire dell'iperteso?
Anche su questo punto le statistiche dimostrano che l'insufficienza ventricolare sinistra, gli incidenti vascolari cerebrali e l'insufficienza renale sono influenzati favorevolmente. In minor misura questo avviene per le malattie delle coronarie indubbiamente perché l'aterosclerosi coronarica è un processo che dipende da molteplici fattori che cominciano ad agire con l'inizio della vita e possono divenire irreversibili già a partire dall'adolescenza. Non vi è dubbio però sul fatto che le coronaropatie presentano un decorso migliore se l'ipertensione viene adeguatamente e costantemente curata. Frequenza dell'ipertensione arteriosa nella popolazione italiana suddivisa per gruppi di età
Anche il bambino può essere colpito
Quando si parla di ipertensione arteriosa, si pensa sempre a persone di mezza età, o che si vanno avviando verso quella che oggi viene chiamata la terza età. Non si pensa mai ai giovani e, men che meno, ai bambini. Da non molti anni si sa, invece, che l'ipertensione non è esclusiva dell'età adulta, ma che è frequente a tutte le età, compresa quella scolare.
Incomprensibilmente, ci si è accorti di questo soltanto da poco tempo e, solo adesso, anche se il tema è ancora nuovo e da approfondire, si è cominciato ad apprezzarlo in tutta la sua reale importanza. Fino a oggi, il medico non considerava la misurazione della pressione arteriosa necessaria durante la visita del bambino, dando per scontato che questa fosse normale. Invece, non è così.
Circa l’8 per cento degli adolescenti di New York e di Bologna ha la pressione più alta della norma, e più dell'uno per cento di questi è francamente iperteso. A Bologna, i casi sono leggermente più numerosi che a New York, ma le differenze sono minime: dovunque è risultato che l'ipertensione nel bambino è più frequente di tante altre malattie pediatriche. Dopo la pubertà, il numero dei ragazzi ipertesi tende ad aumentare, e fra i 18 e i 20 anni la frequenza è in media intorno al 6 per cento. Dall'indagine del professor Magnani di Bologna, fra i 13 e i 21 anni, il 9,6 per cento dei maschi e il 7,2 per cento delle femmine ha la pressione minima uguale, o superiore a 90 e, rispettivamente il 14,3 e il 5 per cento, la sistolica superiore a 140. Quali sono i valori normali della pressione nei ragazzi? Stabilire una linea di demarcazione precisa è più difficile che nell'adulto, perché la borderline, il confine, è mobile, e si sposta leggermente di anno in anno.
Alla nascita la pressione sistolica oscilla fra 80 e 90, e la diastolica è intorno a 45, poi aumenta gradualmente raggiungendo verso i 15 anni, i limiti massimi di 140/90. Al di sopra di questi valori, il ragazzo deve essere considerato iperteso, anche se il significato e l'importanza dell'ipertensione potranno essere diversi da un caso all'altro. In passato si riteneva anche che l'ipertensione del bambino fosse sempre secondaria, cioè conseguenza di un'altra malattia (quasi sempre di una nefropatia), oppure di una malformazione vascolare congenita o di una disfunzione ormonale. Si è visto, invece, che nella grande maggioranza dei casi è primitiva, al pari di quella dell'adulto.
Più della metà dei ragazzi con la pressione alta ha uno o tutti e due i genitori ipertesi, e il 55 per cento è obeso. Le conseguenze e la prognosi dell'ipertensione giovanile debbono ancora essere indagate; è temibile che le complicanze siano precoci.
I ragazzi ipertesi non lamentano alcun disturbo, e quasi sempre ignorano la loro condizione, la quale invece non deve essere trascurata. La correzione delle abitudini alimentari, la diminuzione del peso, un'adeguata attività fisica, sono spesso sufficienti a riportare la loro pressione alla norma, se così non è, non si deve esitare a iniziare un blando trattamento ipotensivo.
Bastano pochi esami
Nella diagnostica dell'ipertensione arteriosa c'è, oggi, la voga di sottoporre l'ammalato a numerosi esami, costosi quanto superflui. Quelli utili, nella grande maggioranza dei casi, sono pochi, semplici ed esenti da rischi.
Dopo che Laragh propose di distinguere l'ipertensione arteriosa in due grandi gruppi, le forme con reninemia elevata e quelle a bassa reninemia, distinzione che avrebbe dovuto indirizzare verso trattamenti diversi, a quasi tutti gli ipertesi viene richiesto il dosaggio della renina plasmatica, esame complesso che non è risultato una guida utile alla terapia, e non costituisce un indice prognostico valido. Altrettanto dicasi del dosaggio dell'aldosterone, anch'esso assai difficoltoso, che può riuscire utile solo in pochissimi casi opportunamente selezionati. Gli esami radiologici e angiografici devono essere riservati ai casi passati attraverso il vaglio specialistico. Tutti gli ipertesi devono, invece, far esaminare il fondo dell'occhio per controllare lo stato delle arterie della retina, le sole che possano essere osservate direttamente. Il controllo periodico del quadro oftalmoscopico permette altresì di evidenziare l'evolutività dell'ipertensione e gli effetti della terapia.
Indispensabile anche lo studio della funzione renale che, nella maggioranza dei casi, può essere limitato al dosaggio dell'azotemia e della creatininemia. Consigliabile il dosaggio del sodio e del potassio plasmatici, da ripetere periodicamente, se vengono somministrati diuretici. La radiografia del torace è utile per evidenziare le condizioni del ventricolo sinistro, anche se non sempre si ritrova una precisa correlazione fra gravità dell'ipertensione e ingrandimento del cuore. L'elettrocardiogramma deve essere eseguito a tutti gli ipertesi al fine di mettere precocemente in evidenza il sovraccarico, l'ipertrofia e l'ischemia del ventricolo di sinistra, una delle prime conseguenze dell'ipertensione.
I risultati degli esami debbono essere sempre valutati razionalmente (un'identica alterazione della funzione renale, ad esempio, può essere la causa oppure una conseguenza dell'ipertensione), ed è importante la loro comparazione ripetuta nel tempo.
Non fidarsi dei sintomi
L'ipertensione arteriosa non provoca disturbi evidenti, questi compaiono solo quando si sono instaurate lesioni a carico dell'apparato cardiovascolare.
I disturbi che possono essere presenti nelle fasi iniziali della malattia non sono necessariamente in rapporto con questa né tantomeno sono indicativi della sua gravità.
Il sintomo più frequente, comunemente ritenuto caratteristico, riconosciuto fin da quando non esistevano i mezzi per misurare la pressione arteriosa, la cefalea nucale, è risultata presente nel 13 per cento dei pazienti che non sapevano di essere ipertesi, e nel 75 per cento di quelli che erano al corrente della loro malattia. I soggetti ansiosi lamentano disturbi più spesso degli altri, gli ipertesi che praticano regolarmente sport non avvertono quasi mai disturbi.
È consigliabile che coloro che sono affetti da ipertensione arteriosa imparino a misurarsi da soli la pressione.
- Misuratevi la pressione tre volte al giorno, al mattino, durante il pomeriggio e prima di coricarvi. Ogni volta registrate i valori della pressione misurata in piedi e coricati. Assicuratevi di riposare il braccio su un supporto. Il braccio non deve essere mai alzato e la camicia arrotolata non deve stringere;
- quando gonfiate il bracciale, la sua pressione interna dovrebbe essere di 20-30 punti più alta della vostra pressione;
- non abbiate fretta, sgonfiate il bracciale molto lentamente;
- la membrana dello stetoscopio deve essere posta sulla parte interna del braccio, appena sopra il gomito;
- ricordatevi che il valore registrato sulla scala al primo suono forte che udite sgonfiando lentamente il bracciale è quello della pressione sistolica; mentre il valore registrato sulla scala all'ultimo suono udibile è quello della pressione diastolica;
- scrivete entrambi i valori e le ore del giorno in cui sono state effettuate le misurazioni sull'apposita scheda
- ricordatevi di portare la scheda ogni volta che vi recate dal medico
Misurare la pressione arteriosa. Sono affidabili gli apparecchi elettronici?
Ciò che medici e pazienti si propongono quando mettono mano ad uno dei tanti apparecchi per misurare la pressione è di ottenere un valore il più possibile esatto.
Ma qual'è l'affidabilità degli apparecchi elettronici. L’interesse di questo aspetto potrà essere valutato a pieno se si considera che:
- Poiché la variabilità della pressione arteriosa è già di per sé cospicua, bisogna evitare di aumentarla con l’imprecisione degli apparecchi di misura.
- Il tradizionale sistema di misurazione della pressione con l’apparecchio a colonna di mercurio introdotto più di cento anni or sono da Scipione Riva-Rocci è ormai diffusamente posto sotto accusa. Attualmente sono in uso tre tipi fondamentali di apparecchi per misurare la pressione arteriosa:
- Lo sfigmomanometro a mercurio, che rimane lo strumento di riferimento.
- Lo sfigmomanometro aneroide, più facilmente trasportabile, ma bisognoso di periodici controlli per la facilità con cui altrimenti può dar luogo a letture imprecise.
Gli apparecchi elettronici, automatici a lettura digitale che costituiscono il vero aspetto emergente nell’ambito della misurazione della pressione arteriosa, effettuata dal medico, o anche dal paziente stesso o da un suo famigliare. - La domanda fondamentale che ci si pone è se gli apparecchi elettronici per la misurazione della pressione possano essere considerati affidabili, se, cioè, essi forniscano una misura sufficientemente esatta della pressione arteriosa, valutata a confronto con un apparecchio a colonna di mercurio che tuttora costituisce lo standard di riferimento. Possiamo rispondere di sì, ma ad una condizione, che essi siano stati validati. Questo termine, “validati”, è davvero cruciale, esso fa riferimento al fatto che esistono protocolli precisi che servono a stabilire lo scarto massimo accettabile tra misurazioni effettuate con questi apparecchi e misurazioni effettuate con l’apparecchio a mercurio.
Questi protocolli sono stati messi a punto dalla British Hypertension Society (BHS), dalla Association for the Advancement of Medical Instrumentation (AAMI) e dalla European Society of Hypertension (ESH). Bisogna tener conto che non tutti gli apparecchi automatici attualmente in commercio sono stati sottoposti a questi controlli e che tra quelli che lo sono stati non tutti hanno superato la prova.
Si può dire che, limitatamente agli apparecchi automatici applicabili al braccio ed escludendo quindi quelli “da polso” e “da dito”, ne esistono alcuni che offrono garanzie di una affidabile determinazione della pressione arteriosa. Il numero degli apparecchi positivamente validati sta rapidamente aumentando, per l’esigenza sempre più sentita dai produttori di commercializzare strumenti in possesso dei requisiti tecnici necessari.
Nella pratica, per quanto riguarda gli ipertesi, si osserva in genere che la misurazione con strumenti automatici fornisce valori più bassi rispetto a quelli ottenuti con l’apparecchio classico (a mercurio o aneiroide) usato dal medico.
Il fatto è che si tratta di due metodi diversi, fondati su due principi fisici diversi che quindi non possono non fornire valori in qualche misura tra loro differenti. La misurazione con apparecchi classici utilizza la metodica auscultatoria, mentre la maggioranza degli apparecchi automatici rilevano la pressione con metodo oscillometrico. Nel metodo auscultatorio la pressione arteriosa sistolica (o massima) viene stabilita nel momento in cui, sgonfiando il bracciale si cominciano ad ascoltare con il fonendoscopio i toni; la pressione diastolica (o minima) viene rilevata nel momento in cui i toni scompaiono. Con il metodo oscillometrico vengono invece rilevate le oscillazioni che l’arteria imprime all’aria presente all’interno della cuffia gonfiabile del bracciale: quando il sangue ricomincia a fluire perché il manicotto viene decompresso, le prime oscillazioni corrispondono alla pressione sistolica e quando queste oscillazioni si attenuano e poi si spengono abbiamo la pressione diastolica. In altri termini i due tipi di apparecchio rilevano fenomeni diversi e pertanto difficilmente potrebbero coincidere in modo assoluto. È noto da tempo, del resto, che la pressione sistolica presa in base alla scomparsa della pulsazione dell’arteria radiale al polso, risulta inferiore (in genere di circa mmHg 10, ma talora anche di più) rispetto a quella poi rilevata ascoltando i toni con il fonendoscopio, nella misurazione “classica”.
Vorremmo concludere con qualche raccomandazione utile riguardo all’impiego degli apparecchi automatici per la misurazione della pressione arteriosa.
- La scelta di un apparecchio elettronico per la misurazione della pressione va fatta nell’ambito di apparecchi automatici, da braccio, validati dagli Enti nominati all’inizio di questo articolo. Il solo marchio CE della Comunità Europea non indica che sia stato superato un procedimento di validazione.
- Restano confermate anche per la misurazione con strumenti elettronici le raccomandazioni riferite al metodo usuale, sia riguardo al paziente, sia riguardo alle dimensioni del manicotto gonfiabile, sia riguardo alla necessità di effettuare ogni volta almeno tre misurazioni a distanza di 1 minuto l’una dall’altra.
- In presenza di aritmie (fibrillazione atriale, extrasistoli numerose e “a salve”) e nella gravida con pre-eclampsia gli apparecchi elettronici non forniscono valori attendibili.
- I valori ottenuti con apparecchi elettronici si discostano maggiormente da quelli rilevati con sfigmomanometro a mercurio quanto più la pressione arteriosa è elevata: la differenza non dovrebbe tuttavia superare i 5-10 mmHg come media di ripetute misurazioni.
- È comunque necessario un confronto frequente con valori ottenuti mediante sfigmomanometri classici e una calibrazione degli apparecchi automatici effettuata ogni 6-12 mesi da tecnici idonei.
- Notizie utili sulla misurazione della pressione sono ottenibili collegandosi con la Società Italiana Ipertensione Arteriosa.
Più alta al mattino
La pressione arteriosa non è costante durante tutto l'arco della giornata.
I valori più alti vengono ritrovati al mattino, subito dopo il risveglio. Durante il pomeriggio si osserva un calo progressivo che prosegue per tutta la notte nel corso della quale si hanno i valori più bassi.
Nei soggetti ipertesi i valori più elevati vengono ritrovati fra le 10 e le 12, quelli più bassi fra le 2 e le 5 di notte. Al risveglio si osserva sempre un brusco innalzamento.
L'ictus presenta la maggior frequenza durante il mattino, fra le 6 e le 14, il picco degli attacchi cardiaci ischemia si ha intorno alle 10. Entrambi risultano in relazione con il periodo di massima elevazione della pressione.
II ritmo circadiano della pressione arteriosa è sotto controllo neuro-ormonale, ma i meccanismi regolatori non sono ben noti.
Occhio all'occhio
Anche l'occhio subisce le conseguenze nocive dell'ipertensione. La retina, abbondantemente provvista di arterie e di vene è una «zona sensibile», particolarmente vulnerabile dalla diminuita irrorazione sanguigna, cioè dalla privazione di ossigeno. Il reticolo arterioso retinico è anch'esso danneggiato dall'ipertensione che favorisce l'instaurarsi di ateromi con riduzione del calibro dei vasi, ma l'ipertensione aumenta soprattutto il rischio di rottura delle pareti microvasali. Le conseguenze possono essere di due tipi: emorragie e edemi che costituiscono le cause principali di distacco della retina. Quando l'ipertensione non è stata individuata dal medico nel corso di una visita, i segni dell'ipertensione retinica costituiscono la prima spia: annebbiamento della vista, punti luminosi, «mosche volanti» davanti agli occhi, talvolta fugaci perdite della visione o restringimento del campo visivo.
Un esame del fondo dell'occhio è raccomandabile all'iperteso; esso permette di evidenziare le condizioni dei vasi della retina e il grado di gravità della malattia. L'occhio deve essere protetto dall'ipertensione: il solo modo per prevenire un grave incidente retinico, il distacco, e per questo c'è una sola raccomandazione: rispettare la terapia.
Tre caposaldi
- Una vita ben equilibrata sia sul piano fisico sia su quello psichico. L'attività fisica è indispensabile: i valori pressori sono mediamente più elevati nei lavoratori sedentari rispetto a quelli che praticano moto o fatiche, nei soggetti che non praticano alcun sport rispetto agli sportivi, negli abitanti delle città rispetto ai contadini.
L'industrializzazione favorisce l'aumento della pressione arteriosa e l'incidenza dell'ipertensione.
Al contrario l'esercizio fisico tende a favorire l'abbassamento della pressione. Questo deve essere il più regolare possibile e richiede un minimo di allenamento al fine di migliorare la tolleranza allo sforzo e di evitare fatiche che, al contrario, potrebbero non essere benefiche per l'iperteso. Anche se gli stress psichici, da soli, non sono causa di ipertensione, possono tuttavia aggravare la malattia una volta instaurata.
Per l'iperteso è raccomandabile una vita calma, il più possibile al riparo dagli stress psico-affettivi, specialmente da quelli che possono ingenerare collera con aumento dell'increzione di catecolamine, adrenalina e noradernalina che possono provocare bruschi rialzi pressori.
Non è sempre facile seguire queste raccomandazioni, per cui, nell'eventualità che possano risultare utili, si può far ricorso a blandi tranquillanti o ansiolitici i quali, a differenza di quanto molti ritengono, non fanno scendere la pressione, ma giovano negli stati di tensione psichica e nell'evitare accessi di collera.
Sono importanti anche le condizioni psicologiche dell'iperteso largamente influenzate dalle condizioni socio professionali. Questo spiega perché quasi sempre l'ipertensione migliora in ospedale, quando l'iperteso è sottratto ai condizionamenti ambientali occasionali o permanenti. - Raccomandazioni particolari.
È prudente che l'iperteso eviti le prolungate esposizioni al sole, i bagni troppo freddi, le ascensioni ad alta quota. Sono invece consentiti i viaggi in aereo e la guida dell'automobile. - Non deve essere dimenticato il ruolo del tabacco, della liquirizia e degli estrogeni.
Non esiste una diretta relazione fra pressione arteriosa e consumo di tabacco, ma si
sa che l'abuso di sigarette, al pari dell'ipertensione, favorisce l'aterosclerosi. È poco
opportuno pertanto aggiungere un altro fattore di rischio ad una malattia che già da sola espone?
Metà degli ipertesi muore per aterosclerosi coronarica. L'iperteso che seguita a fumare corre maggiori rischi di incidente cardiovascolare e riduce sensibilmente la sua «speranza di vita».
Il ruolo del caffè è assai discutibile e si devono sconsigliare solo le quantità eccessive.
Misure dietetiche
In un primo tempo queste debbono essere rivolte, mediante un regime ipocalorico basato sulla rigorosa restrizione dell'apporto lipidico (grassi) e glicidico (zuccheri), contro l'eventuale eccesso di peso. La pressione arteriosa infatti si innalza con l'obesità, mentre la perdita di peso ha generalmente effetti favorevoli sui valori pressori. Lo studio di Framingham ha dimostrato, dopo dodici anni di osservazioni, che nei soggetti che aumentano di peso viene sempre ritrovato un netto aumento della pressione sistolica mentre, al contrario, in quelli che perdono peso si osserva una diminuzione.
Ogni eccesso di peso nei soggetti con pressione alta impone pertanto un regime ipocalorico, soprattutto povero di glucidi. Insieme a quella del sale, questa restrizione porterà in più della metà dei casi ad un miglioramento dell'ipertensione.
Attenti all'eccesso di colesterolo e di acido urico
Il ruolo nefasto delle turbe del metabolismo dei grassi (iperlipidemia) negli ipertesi è ampiamente dimostrato dalla frequenza dell'associazione aterosclerosi e ipertensione. Le correlazioni fra colesterolemia e ipertensione arteriosa sono indiscutibili anche se l'esatta natura ancora in gran parte ci sfugge. E interessante ricordare che gli ipertesi nelle popolazioni con una colesterolemia bassa, come i giapponesi, non vanno praticamente incontro all'aterosclerosi. L'ipercolesterolemia dell'iperteso deve essere sempre curata iniziando in ogni caso con regole dietetiche. In caso di ipercolesterolemia, si deve ridurre l'apporto di colesterolo alimentare a meno di 300 mg al giorno sopprimendo in particolare uova, frattaglie, lievito di birra, grassi animali, burro, formaggi grassi, latte intero, margarine, olii ricchi di acidi grassi insaturi. Questi ultimi possono essere sostituiti da olio di mais, di girasole e di olive, a patto che vengano consumati crudi o appena riscaldati e mai cotti. In caso di ipertrigliceridemia è opportuno ridurre tutti gli zuccheri, compreso il miele, ridurre il consumo di pane, pasta, riso e patate. Si devono ridurre anche le bevande alcooliche lasciando solo mezzo litro di vino o di birra al giorno. Anche l'iperuricemia si accompagna spesso all'ipertensione arteriosa e contribuisce ad aumentare il rischio di aterosclerosi.
I rimedi più efficaci contro l'eccesso di acido urico sono indubbiamente i farmaci che però non escludono la necessità di un regime alimentare, ormai in disuso come le frattaglie, fegato, rognone, cervello, e animelle , ma anche aringhe, caviale, acciughe e sardine,
Utile bere regolarmente almeno un litro e mezzo di acqua non gasata al giorno per incrementare la diuresi.
II punto sul sale
La base del trattamento dietetico rimane però la restrizione del sale. Più ancora delle ricerche sperimentali sono dimostrative le indagini epidemiologiche: l'ipertensione è rara fra gli eschimesi che consumano meno di 4 grammi di sale al giorno, mentre, al contrario, è molto frequente negli USA dove il consumo quotidiano di sale è di circa 10 grammi al giorno per abitante.
L'esempio è ancor più evidente in Giappone dove il consumo varia da 12 a 15 grammi. Le popolazioni del nord del Giappone, la cui alimentazione è costituita quasi esclusivamente da pesci salati, vanno incontro all'ipertensione e alle sue complicanze con frequenza ancor maggiore di quelle del sud che seguono una dieta più varia.
Non tutti i dati epidemiologici sono però così convincenti: dall'indagine di Framingham non emergono sicuri rapporti fra consumo di sale e pressione arteriosa.
La dieta senza sale
Anche se permane qualche dubbio verosimilmente legato alle differenze genetiche, per l'iperteso è raccomandabile la restrizione del sale.
Ricordiamo che il fabbisogno giornaliero di cloruro di sodio, il normale sale da cucina, è di circa 7 grammi al giorno e che nella nostra dieta abituale il contenuto medio oscilla fra 10 e 15 grammi. La limitazione appare quindi utile per tutti, non solo per gli ipertesi. Sono alimenti ricchi di sodio: salumi, pane, latte, formaggi, conserve, frutti di mare, uova, acque minerali gasate. Alimenti poveri di sodio: carne, pollame, legumi freschi, pesce di acqua dolce, patate, pasta, riso, frutta fresca e secca.
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