Quest’oggi parliamo della festa dell’epifania!
Significato religioso della festa dell’Epifania
Come tutti sappiamo, la festa dell’Epifania è una festa cristiana celebrata il 6 gennaio per le chiese occidentali e anche quelle orientali che seguono il calendario gregoriano mentre viene celebrata il 19 gennaio da quelle che seguono il calendario giuliano. Il termine “Epifania” deriva dal greco antico e significa “manifestazione”, “apparizione divina”, “venuta” e si riferisce all’apparizione di Gesù bambino all’umanità rappresentata dalla visita dei tre Re Magi nel Cristianesimo occidentale e dal battesimo nel Cristianesimo Orientale.
Tuttavia il fatto che i Re Magi fossero tre così come il fatto che si chiamassero Melchiorre, Baldassare e Gaspare fu introdotto dalla Chiesa solamente nel Medioevo, ne i vangeli ne la Bibbia danno infatti indicazioni precise sul numero e l’identità dei Magi. Pare che furono scelti nomi diffusi all’epoca tra i sovrani indoeuropei e la Persia (attuale Iran).
La cometa di Halley? Un fantastico “errore” di Giotto nella Cappella degli Scrovegni
Dopo quello dei Re Magi, sfatiamo un altro mito, quello della cometa di Halley. Non so voi ma fin da piccolo quando facevo il presepe o i disegnini della Natività sopra alla capanna o grotta dove nacque Gesù ho sempre creduto ci andasse la cometa di Halley, grazie alla quale i Re Magi riuscirono a giungere a destinazione. Pare invece che questo “mito” fu introdotto nell’ “Adorazione dei Magi” di Giotto quando nel suo splendido ciclo di affreschi nella “nostra” Cappella degli Scrovegni di Padova l’artista toscano dipinse al posto della stella di Betlemme una cometa, la cometa di Halley che pare aver visto tra il 1301 e 1302.
Origini e tradizioni dell’Epifania
Ma che c’entra la festa dell’Epifania, cristiana, con la befana ed altri riti e tradizioni? Come in altre situazioni (pensiamo ad Halloween) assistiamo a fenomeni di “sincretismo” e di fusione tra festività cristiane e riti e tradizioni di origine molto più antiche e pre-cristiane ma comunque ben radicate nelle usanze delle persone, talmente ben radicate da non poter essere eliminate del tutto e per fortuna, secondo me, perché anche la cultura arcaica arricchisce quella contemporanea.
Tradizione della Befana
Quali sono le origini della befana? Il termine befana in origine significava appunto “epifania” dal greco Bifania e le sue origini sono pagane, ai tempi dell’antica Roma e legata al culto di Diana. Se il 25 dicembre è stato scelto come giorno di Natale, pare dalla festa pagana del Sol Invictus quando il sole vince sul giorno più lungo dell’anno, il solstizio d’inverno, era tradizione festeggiare 12 giorni dopo la dea Diana, dea dell’abbondanza e della cacciagione. Dodici giorni dopo il solstizio d’inverno si celebrava la morte e la rinascita della natura e quindi nei culti più antichi quali romani ma non solo si celebrava l’epifania di Madre Natura. Nell’antica Roma si identifica questa Bifania con Diana, ma anche nella mitologia germanica. Holda e Berchta rappresentavano la personificazione femminile dell’inverno. La Dea non era rappresentata ovviamente come brutta e vecchia, fu la Chiesa Cattolica dell’Alto medioevo che, per condannare i riti propiziatori pagani, “trasformò” la Befana in una strega.
Da qui la tradizione della befana del “Brusa la vecia” durante la festa dell’Epifania e dei roghi della befana con i quali oggi si brucia l’anno vecchio e si da il benvenuto al nuovo in origine era appunto celebrazioni in sintonia con l’avvicendarsi delle stagioni che scandivano anche il tempo di vita delle persone visto che dalla natura e dal raccolto dei prodotti della terra si era dipendenti. Oggi quella del Brusa la vecia è una tradizione diffusa in tutta Italia , anche nel nostro Veneto, sebbene la Befana fosse particolarmente diffusa in regioni quali Toscana, Lazio, Emilia Romagna, Marche ed Umbria.
In seguito passato l’Alto Medioevo la Chiesa Cattolica, superato forse il periodo di maggiore oscurità, volle limitare il significato diabolica della Befana attribuendole un’immagine più bonaria collegata alla storia dei Re Magi. Fu così che nacque la leggenda che diede poi origine alla “tradizione della calza della Befana” motivo per cui la festa dell’Epifania è ancora tra le preferite dai bambini! In origine il carbone veniva inserito nelle calze come ricordo dei falò di cui parlerò dopo o comunque della stagione invernale, successivamente come “punizione” per i bambini disobbedienti. Nel XII secolo si diffuse infatti la credenza che i Re Magi, in difficoltà nel cercare il luogo di nascita di Gesù chiesero informazioni ad un’anziana signora che si rifiutò di aiutarli e non volle seguirli per andare a visitare il “bambino”. La donna poi si pentì e dopo aver realizzato un cesto di dolci si mise alla loro ricerca ma non riuscendo a trovarli si fermava ad ogni casa donando dolciumi a tutti i bambini che incontrava. Da quel momento si diffuse l’usanza di lasciare fuori dalla casa gli scarponcini e le calze dei bambini affinché nel suo lungo viaggio la befana potesse cambiarseli o meglio augurandosi fossero riempiti di dolciumi!
I “Panevin” e i falò di inizio anno
Altrove c’erano altre tradizioni ed altri riti (leggi la voce Befana su wikipedia). In Veneto erano e sono ancora oggi diffusi in occasione della festa dell’Epifania nelle aree più rurali della regione, i cosiddetti “panevin” o falò di inizio anno la sera del 5 gennaio che costituiscono una tradizione dell’Italia nord-orientale con le sue varianti nella modalità e le sue varianti linguistiche (in Friuli “pignarul”, tra Treviso, Pordenone e Venezia, panevin (guarda altre foto di Cristian Guizzo sui panevin nella marca trevigiana) o panain, da pane e vino, ma anche “pìrola-pàrola”.
Davanti ai falò si usa poi ristorarsi con vin brulè e pinza, dolce “povero” della tradizione contadina fatto con pane raffermo ed ingredienti di risulta..chissà se il nome “Panevin” deriva proprio dall’usanza del consumare vin brulè e pinza. In compagnia e davanti al fuoco poi osservando il movimento delle faville si spera di cogliere buoni auspici per la successiva stagione ed il successivo raccolto.
« Pane e vino,
la pinza sotto il camino.
Faville a ponente
pannocchie niente,
faville a levante
pannocchie tante »
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