I trigliceridi alti nel sangue costituiscono una condizione medica nota come ipertrigliceridemia; questa è una forma di iperlipidemia (dislipidemia) caratterizzata dall'aumento eccessivo dei trigliceridi nel sangue (> 200mg/dl).
Avere i trigliceridi alti aumenta significativamente il rischio di infarto, ma la sua importanza statistica non è ancora stata completamente differenziata da quella del'ipercolesterolemia (colesterolo alto), alla quale spesso (ma non necessariamente) si accompagna. In definitiva, l'ipertrigliceridemia è una dislipidemia che favorisce l'evento di cardiopatia ischemica acuta, a causa di:
- RIDUZIONE DELL'EFFICIENZA FIBRINOLITICA (incremento del potenziale di coagulazione del sangue)
- PREDISPOSIZIONE ALLA TROMBOSI
- CORRELAZIONE DIRETTA CON IPERCOLESTEROLEMIA LDL
- CORRELAZIONE DIRETTA CON RIDUZIONE DEL COLESTEROLO HDL
La terapia farmacologica per i trigliceridi alti (fibrati, gemfibrozil) diminuisce significativamente il rischio di eventi infausti, a conferma di quanto lascia intuire la suddetta correlazione statistica tra eventi cardio-ischemici e trigliceridi alti.
Cause di trigliceridi alti
Tra le cause d'insorgenza dell'ipertrigliceridemia, si distinguono quelle primarie e quelle secondarie.
L'ipertligliceridemia primaria o familiare (tipo IV e V) è una patologia primitiva, trasmessa geneticamente, di tipo autosomico dominante; è frequentemente associata ad obesità e ridotta tolleranza al glucosio, che contribuiscono all'aumento del rischio coronarico e di pancreatite acuta.
Al contrario, l'aumento secondario dei trigliceridi nel sangue, INDIPENDENTE dal patrimonio genetico, è determinato da uno o più fattori ambientali, comportamentali e di comorbilità associate:
- Abuso alimentare ed obesità: abuso di alcol, dieta sbilanciata (eccesso di carboidrati soprattutto semplici) e mal ripartita nei pasti (pasti troppo abbondanti)
- Diabete Mellito non adeguatamente curato
- Sindrome nefrosica
- Insufficienza renale
- Assunzione di farmaci corticosteroidi ed estrogeni
Dieta
Come anticipato, i trigliceridi alti possono essere la conseguenza di condotte alimentari e stile di vita inappropriati; l'obesità è il frutto dell'abuso alimentare (talvolta correlato a disordini di natura psichica), generalmente esteso a tutti gli alimenti ipercalorici e alle bevande zuccherate o alcoliche, ed aggravato dall'insufficienza di attività fisica complessiva. E' possibile definire che l'abuso alimentare, nel complesso, favorisca lo squilibrio dei pasti (riducendone la frequenza a vantaggio dell'ipercaloricità), determinando una risposta metabolica inefficace, inefficiente o inappropriata.
L'eccesso calorico, soprattutto derivante dagli zuccheri, determina l'innalzamento eccessivo della glicemia sanguigna; questa iperglicemia, che di riflesso induce iperinsulinemia (eccesso di INSULINA), nel soggetto sedentario (e soprattutto nell'obeso e/o nell'insulino-resistente) favorisce la SCORRETTA metabolizzazione dei nutrienti, i quali (ad opera dell'effetto anabolico e lipogenico dell'insulina) subiscono inesorabilmente la conversione in acidi grassi;
in pratica, è possibile affermare che l'abuso alimentare sia correlato all'iperglicemia, di conseguenza all'iperinsulinemia, e favorisca la sintesi di acidi grassi determinando l'insorgenza dei trigliceridi alti nel plasma.
Inoltre, ricordiamo che l'alcol etilico, pur NON essendo un nutriente in quanto NON viene coinvolto DIRETTAMENTE nella produzione energetica, fornisce 7kcal per grammo; esso contribuisce all'ammontare calorico del pasto, determina uno stimolo insulinico paragonabile a quello dei carboidrati semplici e per essere metabolizzato DEVE subire la conversione biochimica in acidi grassi.
Se ne evince che ANCHE l'abuso di alcol contribuisce significativamente all'innalzamento dei trigliceridi sanguigni.
Esistono anche nutrienti utili alla riduzione dei trigliceridi ematici; è il caso degli acidi grassi essenziali omega-3, ovvero l'acido alfa linolenico (18:3 ALA), l'acido eicosapentaenoico (20:5 EPA) e l'acido docosaesaenoico (22:6 DHA). Gli alimenti che li contengono sono soprattutto: pesce azzurro (aringa, sardina, sgombro, lanzardo, alaccia, aguglia, palamita, tonno, alice, salmone, "merluzzo" ecc.) ed oli vegetali o di pesce (olio di semi di lino, di soia, di noce, ribes nero, colza ecc; olio di fegato di merluzzo). EPA e DHA svolgono numerose funzioni utili alla prevenzione delle coronaropatie; tra queste ricordiamo un effetto DIRETTO su
- RIDUZIONE: dei trigliceridi ematici, della sintesi epatica delle VLDL, della densità del sangue, della pressione arteriosa, della fibrinogenoemia, del potenziale di aggregazione piastrinica;
- AUMENTO delle HDL (?);
- POTENZIAMENTO della fibrinolisi;
- INIBIZIONE della sintesi di PDGFc (fattore determinante nella patogenesidell'aterosclerosi).
Gli acidi grassi essenziali della famiglia omega3 sono fondamentali nel trattamento dietetico dei trigliceridi alti e nella riduzione delle complicanze e comorbilità associate.
Parallelamente, il difetto di fibra alimentare (soprattutto solubile) può aggravare la condizione dei trigliceridi alti nel sangue; essa è in grado di modulare l'assorbimento dei nutrienti favorendo l'attenuazione della curva glicemica e riducendo la lipogenesi; pertanto, garantire una quota di fibra pari a 30g al giorno rappresenta un ottimo accorgimento per la riduzione dei trigliceridi sanguigni.
In definitiva, le raccomandazioni per prevenire e curare i trigliceridi alti sono:
- Evitare il consumo o l'eccesso di alimenti dolci, bevande zuccherate ebevande alcoliche
- Evitare porzioni eccessive di alimenti a prevalenza glucidica: pasta, pane, riso, polenta, e tutti gli altri cereali con rispettivi derivati
- Frazionare le calorie giornaliere in almeno 5 pasti al dì, ed evitare di consumare porzioni generalmente troppo abbondanti
- Promuovere il consumo di alimenti contenenti acidi grassi essenzialidella famiglia omega3, in particolare DHA ed EPA
- Promuovere il raggiungimento della quota di fibra alimentare (circa 30g/die)
- Promuovere l'esercizio fisico SOPRATTUTTO in corrispondenza del picco glicemico post-prandiale (passeggiata o pedalata dopo 120'-150' dal pasto).
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