Una proteina che non esiste in condizioni normali, frutto di un mix letale, è capace di scatenare il tumore, di alimentarlo e di legarlo a sé, rendendolo completamente dipendente. Ma potrebbe anche diventare il tallone di Achille dei tumori: colpirla significherebbe colpire al cuore il cancro.
Il meccanismo, descritto sulla rivista Science, è stato scoperto nel più aggressivo tumore del cervello, il glioblastoma, ma potrebbe essere alla base di molte altre forme di tumore. La scoperta, che promette di rivoluzionare la terapia rendendola sempre più personalizzata, si deve al gruppo della Columbia University di New York coordinato da uno dei più celebri 'cervelli' fuggiti all'estero, Antonio Iavarone, e da Anna Lasorella. Hanno collaborato l'Istituto Neurologico Besta di Milano, l'Università del Sannio a Benevento e l'Università Cattolica di Roma.
Secondo Iavarone la sperimentazione sull'uomo potrebbe essere vicina perchè il farmaco è già disponibile in quanto è utilizzato contro una forma di leucemia e ‘’c'è l'auspicio che l'Italia possa essere coinvolta'', con alcuni dei centri che hanno partecipato alla ricerca. Per gli autori dello studio non c’è dubbio che ''si sta andando sempre più verso la possibilità di definire i tumori maligni come malattie genetiche e non come malattie legate a un organo.
''Il loro tallone di Achille - ha osservato Iavarone – è adesso l'alterazione genetica che li causa e che può essere la stessa in tumori in organi diversi''. La ''droga'' dei tumori si chiama FGFR-TACC, dalle sigle delle due proteine che le danno origine, fondendosi.
E' stata scoperta grazie all'algoritmo messo a punto dall'esperto di Bioinformatica Raul Rabadan, che ha permesso di analizzare la mappa del Dna del tumore. ''Sappiamo che questo gene ha una enorme potenza oncogenica e che agisce in un preciso momento durante la moltiplicazione cellulare, contribuendo a rendere il corredo genico della cellula estremamente instabile, una condizione che favorisce il cancro'', ha detto Anna Lasorella. ''Abbiamo passato in rassegna una lunga serie di alterazioni genetiche, che variano da paziente a paziente'', ha spiegato Iavarone. L'alterazione è stata individuata nel 3% dei pazienti con il glioblastoma, che quindi potrebbero beneficiare della terapia.
''Crediamo - che questo studio sia un primo passo verso un metodo personalizzato della cura dei tumori maligni del cervello''.
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