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Salute e Benessere : Il declino della memoria non è il primo tra i segnali dell’insorgere della demenza senile o dell’ Alzheimer
Inviato da Anna Nappi il 22/10/2024 9:30:00 (2299 letture)

gif32La demenza senile, come avviene per esempio nel caso del Morbo di Alzheimer, è legata alla formazione di grovigli di proteine nel cervello che, distribuendosi a placche sulla materia cerebrale ne distruggono le cellule. La demenza di Alzheimer è una patologia progressiva, ed attualmente non sono ancora state trovate cure efficaci.




Anziano3La demenza senile è una malattia del cervello che include diversi sintomi, che possono andare dalla difficoltà a ricordare, a comunicare, a comprendere messaggi parole ed informazioni e imparare.

L’American Academy of Family Physicians, ha stilato una sorta di elenco di quelli che potrebbero essere i segnali sintomatologici che rivelano la demenza anche nel suo stadio precoce.



 




* Dimenticanze significative, una delle più comuni è quella di ripetere più volte la stessa domanda e di non rendersi conto che questa è già stata formulata ed ha già avuto una risposta.






* Difficoltà a realizzare alcuni compiti anche semplici che prima si era in grado di svolgere agevolmente. Tra questi per esempio il cucinare o il servire il pasto a tavola.






* Difficoltà a parlare ed a comunicare i propri pensieri ed emozioni.




 




* Facilità nel perdere l’orientamento e difficoltà nel riconoscere la data o l’ora.




* Evidente incapacità di giudizio e difficoltà a pensare ed elaborare concetti astratti.




* Mettere oggetti in luoghi insoliti e non consoni.




* Cambiamenti nella personalità e dell’umore, ed evidenti difficoltà nel prendere iniziative.






Secondo una recente ricerca condotta da scienziati e medici dell’University of Kansas, il declino della memoria non è il primo tra i segnali dell’insorgere della demenza senile o dell’ Alzheimer.

Lo studio, pubblicato recentemente su Neurology, ha voluto infatti verificare se e quali “skills”, le abilità mentali, fossero segnali indicatori dell’insorgere della demenza, nella convinzione che la perdita della memoria potesse non essere uno dei primi osservabili.

Questo studio risponde ad una reale necessità medica, perchè uno dei vantaggi della cura di malattie degenerative del cervello come l’Alzheimer o il Parkinson è il fatto di scoprirne l’insorgere in una fase precoce, allorquando si può, con specifici trattamenti, arrestare la progressione del male.

Per sperimentare tale indagine hanno coinvolto 440 persone di cui in seguito 134 hanno sviluppato i sintomi della demenza senile.

Tutti i partecipanti sono stati sottoposti ad una serie di test che riguardavano specifiche abilità mentali (skill) tra le quali la capacità di orientamento, quella di risolvere puzzle e le competenze territoriali, come la capacità di interpretare una mappa.






I risultati hanno dimostrato che le competenze visuo-spaziali come la capacità di percepire la distanza tra gli oggetti, risultano diminuire drasticamente già tre anni prima che venga diagnosticata la demenza senile, e lo stesso quando i pazienti erano sottoposti a test che comprendevano la risoluzione di puzzle o enigmi.




Un forte declino nelle abilità di memoria non è stata registrata se non ad appena un anno prima della diagnosi clinica.




I ricercatori sostengono, in base a quanto verificato, che incentrare la prevenzione della demenza senile solo su test mnemonici quindi non è così efficace, e che occorrono ulteriori ricerche e studi per elaborare dei modelli diagnostici che tengano in considerazione altre abilità mentali come più efficaci rivelatori dei sintomi








Il morbo di Alzheimer è definita come una malattia progressiva e degenerativa che colpisce la popolazione anziana oltre i 65 anni, uomini e donne, caratterizzata dalla progressiva perdita della memoria e del ragionamento, il che gradualmente impedisce alla persona colpita di riuscire a svolgere le normali attività quotidiane. E’ anche identificata come una delle forme più gravi di demenza senile.




 




La causa è da ricercarsi nella formazione, all’interno del cervello, di una serie di placche che avvolgono le cellule cerebrali, in concomitanza con la formazione all’interno di queste di matasse costituite da una forma anomala di una proteina, Tau, che normalmente invece è di grande importanza nelle cellule cerebrali sane.





Le aree del cervello colpite da queste formazioni sono proprio quelle della memoria, del pensiero e del linguaggio.




E’ per questo motivo che il paziente affetto dal morbo di Alzheimer presenta quelle caratteristiche di degenerazione delle facoltà mnemoniche ed operative, che però, trattandosi di una persona anziana, talvolta, soprattutto nella fase iniziale, vengono scambiate per normali fenomeni dovuti all’invecchiamento, e non al debutto di processi degenerativi delle cellule cerebrali.




Mano a mano che la malattia avanza tuttavia i sintomi si fanno sempre più concreti soprattutto per quanto riguarda il comportamento del paziente che può assumere atteggiamenti e comportamenti sempre più strani, perde la memoria, non riesce più a comunicare, è disorientato e può alternare anche momenti di depressione.




Nelle fasi più gravi alle crisi depressive si associano anche alterazioni della personalità, e talvolta atteggiamenti aggressivi ed ostili nei confronti di amici e parenti, fino a non riconoscerli più.




Per diagnosticare il morbo di Alzheimer si ricorre alla biopsia, l’unica in grado di evidenziare la formazione delle placche e delle matasse neurofibrillari, oppure nell’osservazione dei disturbi quando questi assumono una particolare gravità.




La demenza di Alzheimer è una patologia progressiva, ed attualmente non sono ancora state trovate cure efficaci. E’ stato riscontrato che nel malato di Alzheimer si registrano bassi livelli di acetilcolina, un neurotrasmettitore, e quindi si utilizzano farmaci che bilancino questa mancanza. Sono comunque provvedimenti che non arrestano la malattia limitandosi in parte al suo rallentamento.




Secondo una ricerca pubblicata sulla rivista online Neurology, Le abilità del linguaggio che possediamo a 20 anni sono un indicatore significativo della possibilità di sviluppare disturbi di demenza senile.

Un’equipe di ricercatori della Johns Hopkins University ha studiato il cervello di 38 suore cattoliche dopo la morte, ed hanno verificato che tra di esse, coloro che in gioventù dimostravano maggiori competenze linguistiche, dimostravano una volta anziane di avere meno problemi di memoria, anche in presenza di danni alle cellule cerebrali.



La demenza senile, come avviene per esempio nel caso del Morbo di Alzheimer, è legata alla formazione di grovigli di proteine nel cervello che, distribuendosi a placche sulla materia cerebrale ne distruggono le cellule.



Gli scienziati però non sanno ancora spiegare il perchè in alcune persone tale fenomeno provochi la demenza, mentre in altre persone no.




I ricercatori hanno analizzato le religiose dividendole tra coloro che avevano avuto problemi di demenza senile e quelle invece prive di segni di malattia, ed hanno analizzato, per 14 di esse, i testi che esse avevano scritto ai tempi del loro ingresso in convento. Tali testi sono stati valutati in base ad un punteggio che teneva conto sia della proprietà del linguaggio che della conoscenza grammaticale.




Lo studio ha dimostrato che le suore con un punteggio più alto nelle competenze ed abilità linguistiche hanno avuto il 20% in meno di probabilità di contrarre forme di demenza senile una volta anziane, non solo, ma le analisi del tessuto cerebrale hanno evidenziato che, pur essendoci la presenza di grovigli proteici, le donne del primo gruppo presentavano un numero di cellule cerebrali maggiore.




Sebbene l’esperimento sia alquanto ridotto in termini di dati, e di persone coinvolte, esso può dare indicazioni interessanti agli scienziati che studiano il Morbo di Alzheimer, più che altro nella possibilità di intuire, a 20 anni, quale potrebbe essere il rischio di manifestare, cinque o sei decenni dopo, i sintomi della demenza senile.




 



Ogni argomento trattato è frutto di approfondimenti editoriali, il nostro consiglio è di rivolgersi sempre al parere del medico. 



 



 











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