Con livelli troppo alti sangue raddoppia il rischio di incorrere nella forma più comune di aritmia cardiaca, la fibrillazione atriale. Se il cuore è un ballerino che danza fuori tempo, allora è il caso di controllare quanta vitamina D circola nel sangue. Livelli troppo elevati, infatti, pare aumentino di ben due volte e mezzo il rischio di ammalarsi di fibrillazione atriale, la forma più comune di aritmia cardiaca.
Lo dimostra uno studio statunitense dell'Intermountain Medical Center nello Utah che è stato presentato all'ultimo congresso dell'American Heart Association in Florida.
LO STUDIO – I ricercatori guidati dall'aritmologo Thomas J. Bunch hanno preso in considerazione un campione di oltre 132 mila persone, con un'età media di 52 anni, che non avevano mai sofferto di fibrillazione atriale e che nella loro routine clinica si erano già sottoposti a un esame del sangue per determinare i livelli di vitamina D circolante. A seconda dei valori riscontrati, i pazienti sono stati divisi in cinque gruppi: vitamina D bassa (meno di 20 nanogrammi per decilitro), da bassa a normale (tra i 21 e i 40 nanogrammi per decilitro), normale (41-80 ng/dl), da normale ad alta (81-100 ng/dl) e troppo elevata (oltre 100 ng/dl). Dopo aver monitorato le loro condizioni di salute per quasi due anni, i ricercatori hanno osservato che coloro che presentavano livelli eccessivi di vitamina D avevano un rischio di incorrere nella fibrillazione atriale che era ben due volte e mezzo superiore rispetto a chi aveva livelli nella norma. Le persone che ne erano invece carenti correvano lo stesso rischio, anche se dovevano fare i conti con altri problemi di salute come lo scompenso cardiaco, la pressione alta e il diabete.
LA VITAMINA DEL SOLE – I risultati dello studio fanno dunque pensare che la vitamina D sia in realtà un'arma a doppio taglio per il nostro cuore. Se da un lato, come noto da tempo, la sua carenza può causare problemi come l'ipertensione e lo scompenso, dall'altro anche l'eccesso può risultare dannoso, portando il cuore a battere in modo irregolare così da aumentare il rischio di malattie come l'ictus, l'embolia polmonare e l'infarto. Non bisogna quindi prendere sotto gamba il dosaggio di questa molecola tanto delicata per la nostra salute. La “vitamina del sole”, spesso così definita perché prodotta dall'organismo in risposta ai raggi solari, agisce infatti come un ormone e svolge funzioni molto importanti: regola la concentrazione di calcio e fosfato nel sangue, e per questo è essenziale per la crescita, la salute delle cellule e la corretta mineralizzazione dello scheletro.
INTEGRATORI, NON CARAMELLE - La giusta dose giornaliera dovrebbe essere ottenuta con una corretta esposizione al sole e una dieta variegata, che comprenda anche cibi ricchi di vitamina D come il tuorlo dell'uovo, i pesci come il salmone e lo sgombro, il latte e i suoi derivati e, per i più coraggiosi, l'olio di fegato di merluzzo. Quando questo non basta, si può ricorrere agli integratori, indicati soprattutto per bambini, anziani e donne in gravidanza e allattamento. Visti i rischi che si possono correre, però, è opportuno che la dose venga valutata molto attentamente dal medico. «L'assunzione di qualunque integratore vitaminico comporta rischi e benefici» spiega Thomas J. Bunch. «I pazienti spesso non pensano a integratori e supplementi come a dei farmaci. Invece, come ogni altro tipo di terapia – conclude - anche le vitamine devono essere assunte alle giuste dosi solo quando ce n'è davvero bisogno».
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