Lo studio è stato coordinato dal dottor Ian Brown, ricercatore presso il Department of Preventive Medicine della Northwestern University di Chicago. I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Circulation: Journal of the American Heart Association.
Le conclusioni dei ricercatori sono frutto di uno studio (INTERMAP – International Study of Macro and Micro nutrients and Blood Pressure) che ha esaminato i dati di 4680 soggetti, con un’età compresa tra i 40 e i 59 anni, residenti in diverse aree rurali e metropolitane di diversi paesi (Gran Bretagna, Usa, Cina e Giappone).
Analizzando i dati si è potuto osservare che ad un aumento del 4,72 per cento dell’introito giornaliero di acido glutammico, sul totale delle proteine assunte attraverso la dieta, era associata una diminuzione media della pressione sanguigna sistolica (pressione massima) di 1,5-3,0 millimetri di mercurio (mmHg) e di quella minima (pressione diastolica) di 1,0-1,6 mmHg. Gli esperti spiegano che in apparenza questa variazione potrebbe sembrare trascurabile, se però si osservano i dati in una scala più ampia la riduzione potrebbe essere potenzialmente rilevante. Una riduzione media di 2 millimetri di mercurio della pressione massima nella popolazione potrebbe abbattere i tassi di morte per ictus del 6 per cento e la mortalità per patologie coronariche del 4 per cento.
Nell’ambito dello studio INTERMAP si è anche osservata un’associazione inversa significativa tra il consumo di acidi omega-3 e la pressione arteriosa sia nei soggetti ipertesi che normotesi. Quest’associazione è risultata particolarmente significative in chi consumava abitualmente cibi contenenti acido linolenico, (presente anch’esso in frutta e verdura). Il consumo di omega-3 ha determinato una riduzioni medie di 0.5 – 2 mmHg.
In conclusione i ricercatori fanno però un appunto, attualmente non esistono degli studi esaustivi sui possibili benefici di supplementazioni di acido glutammico e acido linolenico per la salute, il consiglio è quindi quello di migliorare la propria dieta. Un’alimentazione ricca di determinati alimenti, non solo cavoli e broccoli ma anche cereali integrali e soia, potrebbe contribuire alla prevenzione dell’ipertensione nella popolazione generale. fonte universonline.it
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Cavolo
Con il nome di cavoli si identificano una serie di varietà della stessa specie, tra cui ricordiamo: il cavolfiore (brassica oleracea var. botrytis), il cavolo broccolo (brassica oleracea var. italica), il cavolo cappuccio (brassica oleracea var. capitata), il cavolo verza (brassica oleracea var. sabauda), il cavolo di Bruxelles (brassica oleracea var. gommifera), il cavolo cinese (brassica pechinensis), il cavolo rapa (brassica oleracea var. gongyloides).
La storia
Il cavolo è originario del bacino del Mediterraneo, ed è una coltura molto antica. I Romani ritenevano che avesse il potere di scacciare la malinconia e la tristezza; sempre i romani usavano mangiarlo crudo, prima dei banchetti, per aiutare l’organismo ad assorbire meglio l’alcool. Ancor oggi, in alcuni paesi dell’Europa dell’est, se ne mangiano le foglie crude dopo aver esagerato con la vodka. Peraltro, Catone attribuiva la proverbiale salute di ferro dei romani alla grande quantità di cavoli che caratterizzava la loro dieta.
Aspetti nutrizionali e virtù terapeutiche
Il cavolo, per la vastità delle sue indicazioni terapeutiche e per l’efficacia della sua azione, è degno di far parte del gruppo di verdure-piante medicinali di maggiore utilità terapeutica, insieme ad aglio, cipolla, carota e salvia. Contiene vitamine A, B1, B2, B6, C, D, E, K, PP; arsenico, bromo, calcio, cobalto, ferro, fosforo, iodio, rame, manganese, magnesio, potassio, zinco, zolfo, clorofilla, diversi aminoacidi, mucillagini e saponine.
Grazie alle sue spiccate proprietà antinfiammatorie, cicatrizzanti e depurative, dall’uso quotidiano di cavolo crudo o del suo succo centrifugato (anche per uso esterno) possono trarre beneficio varie malattie e disfunzioni come astenia, acne, ascessi, artrosi e artriti, cistiti, emorroidi, infiammazioni delle vie aeree (faringiti, tonsilliti, laringiti, tracheiti, bronchiti, polmoniti), insufficienza epatica, ulcere gastriche, duodenali e peptiche, enteriti, coliti, parassitosi intestinali, stitichezza. E’ inoltre efficacissimo nel prevenire e curare dermatiti, ascessi, punture di insetti.
Da tempo, inoltre, si conoscevano le virtù anticancro dei cavoli; ora ne è stato scoperto anche il perché. Questi ortaggi sono infatti ricchi di indoli, sostanze che agiscono inattivando chimicamente gli agenti cancerogeni, soprattutto per i tumori al colon e al seno, in quanto influenzano il metabolismo degli estrogeni.
Una ricerca compiuta su 600 uomini all’università dello Utah ha messo in rilievo che un consumo regolare di cavoli riduce fino al 70% il rischio di tumore al colon, come pure la formazione di polipi al retto. Addirittura, basta consumare cavoli una volta ogni 1-2 settimane per ridurre questo rischio di quasi il 50%.
Anche l’azione antiulcera è stata documentata: i cavoli contengono un’altra sostanza, il gefarnato, usato da tempo come base di farmaci antiulcera.
Questo composto ha il potere di rinforzare la mucosa dello stomaco proteggendola dagli attacchi degli acidi. Sembra inoltre che il cavolo abbia proprietà antibiotiche, specie nei confronti dell’ Helicobacter pylori, il batterio ormai ritenuto la causa principale delle ulcere. Una curiosa indagine compiuta negli Stati Uniti tra 100 detenuti della prigione di San Quintino sofferenti di ulcera ha mostrato che con due sorsi di succo di cavolo al giorno l’ulcera è guarita nel giro di tre settimane.
E’ importante ricordare, peraltro, che qualsiasi tipo di cavolo è più digeribile, più salutare e gradevole crudo che cotto.
Un cavolo bollito richiede più di quattro ore per essere digerito, mentre per quello crudo ne bastano due.