La seconda guerra mondiale non riguardò soltanto i soldati al fronte ma influì su tutti gli aspetti della vita civile. L’affermazione della borsa nera costituì una delle conseguenze principali della «guerra totale». Le autorità statali delle nazioni belligeranti dovettero intervenire sui meccanismi del libero mercato per tenere a freno i fenomeni speculativi e i tentativi di accaparramento dei beni di prima necessità.
Le autorità statali delle nazioni belligeranti dovettero intervenire sui meccanismi del libero mercato per tenere a freno i fenomeni speculativi e i tentativi di accaparramento dei beni di prima necessità. Operarono pertanto una razionalizzazione delle risorse – alimentari e non – a disposizione delle popolazioni civili, i cui consumi andavano tenuti sotto controllo per non incidere troppo sulle economie nazionali. Anche nel campo dei rifornimenti, dunque, la priorità era costituita dalle esigenze dell’esercito: i civili dovevano ridurre allo stretto indispensabile i loro consumi privati. A tal fine le autorità governative intervennero soprattutto sulla distribuzione dei prodotti alimentari e sui loro prezzi, introducendo la tessera annonaria.
Si trattava di una tessera personale che definiva le quantità di merci e di generi alimentari razionati acquistabili in un determinato lasso di tempo. Dalla capacità delle autorità statali di ridurre i disagi dei civili dipendeva anche la tenuta del «fronte interno», vale a dire il grado di coesione e di speranza nella vittoria finale dei cittadini di un paese.
Fin dai primi mesi di guerra, il regime introdusse il razionamento di alcuni generi alimentari: alla fine del 1940, prima il consumo di grassi e poi quello di carboidrati (pasta, farina, riso, seguiti infine dal granoturco), furono disciplinati, assieme a quello della benzina.
Già nel secondo anno di guerra, mentre sui giornali diventavano sempre più frequenti articoli e comunicati che indicavano in 2 kg a persona la razione settimanale di patate, o precisavano le norme per l’acquisto delle uova, ribadendo il divieto di vendita di dolci e gelati, a Napoli e non solo ,si intensificavano le segnalazioni su contravvenzioni e arresti legati al mercato nero.
Bloccati per legge i prezzi, produttori e commercianti preferivano infatti imboscare i generi di consumo, vendendoli illegalmente ad un prezzo superiore. Generalmente, i principali acquirenti erano esponenti della malavita locale, i quali, tramite il contrabbando, risultavano gli unici capaci di garantire i prodotti richiesti, sia pure a prezzi di molto superiori a quelli ufficiali fissati da un apposito Comitato interministeriale.
Il ricorso al mercato nero è, dunque, un fatto scontato e indispensabile, senonché i prezzi vanno registrando un'impennata vertiginosa. Anche qui, accanto alle disastrose conseguenze di un'economia di guerra di per sé asfittica e sempre più corrosa dalla speculazione, accanto alla rarefazione dei prodotti e alle difficoltà di approvvigionamento dovute al dissesto dei trasporti e al dominio dei cieli da parte dell' aviazione alleata, si aggiunge il peso dell'occupazione germanica.
C'è poco da mangiare: a chi possiede una tessera annonaria, in ottobre, sono stati distribuiti un chilo di patate, 100 gr. di fagioli, 50 gr. di salumi, 80 gr. di carne suina, un decilitro di olio, 200 gr. di burro e 100 gr. di grassi di maiale. Riso e pasta si aggirano attorno al chilo, di carne di manzo neanche parlarne, la verdura è introvabile. Una saponetta da bagno da 100 gr. deve durare due mesi e tra poco sparirà dal mercato. Per chi fuma la razione giornaliera è di tre sigarette.
Ai consumatori dunque non restava altra via che rivolgersi ai «corsari»,molti napoletani si recavano nelle campagne per tentare di accaparrarsi qualche prodotto giacché sul mercato ufficiale, nonostante leggi e sanzioni, anche i prodotti di prima necessità tendevano a scomparire.Per la popolazione, comunque, districarsi tra le numerosissime norme, che regolavano il tesseramento e che coinvolgevano produttori, rivenditori e consumatori, non era facile. Non tutti i negozi potevano vendere le razioni, che per altro venivano distribuite in determinati giorni.
Nell’aprile ’44 si aumentò le razioni di pasta e di pane. La pasta passò da due (se ne mangiava il triplo) a tre chili a testa il mese, il pane salì a 250 grammi, anche se era poco lievitato e quindi pesava di più. In luglio, a un mese dall’inizio della "battaglia di Firenze" le difficoltà dal punto di vista economico erano ormai insuperabili
Per combattere la “borsa nera”, in quell’anno fu emanata infatti una legge che prevedeva fino a tre anni di reclusione per chi avesse venduto alcuni generi di prima necessità, tra cui il pane, a prezzi superiori a quelli stabiliti dall’autorità, ma a nulla valsero queste normative , a dire la verita non solo a Napoli ma in tutta la penisola .Si faceva la fila anche per l'acqua:
Tale stato di cose continua e forse aumenta ancora di piu' quando a Napoli arrivano gli alleati.
I bombardamenti hanno cancellato ogni attività produttiva. Regnano sovrani il contrabbando e la borsa nera ,che trovano ingenti risorse negli abbondanti aiuti americani che arrivano ogni giorno al porto in gran quantità. Charles Poletti, americano, responsabile del Governo militare di Napoli, parla de “i mille misteri di Napoli” e si rende benissimo conto della situazione di illegalità che si è creata, ma lascia fare perché “almeno così la gente mangia.Dalla tolleranza si passa ad una situazione di illegalità diffusa che continuera' anche nel dopoguerra
FORCELLA DIVENTA UNA CASBAH
A trasformare Forcella, pacifica strada della vecchia Napoli, in un’autentica Casbah, furono gli angloamericani nel dopoguerra, contribuendo tuttavia, a salvare la città dalla fame.
Napoli, dopo aver subito cento bombardamenti era in ginocchio, in questo clima di disperazione e fame avvenne l’incontro tra i militari americani e gli scugnizzi, molte ragazze si innamorarono degli americani così eleganti e romantici, tante andarono a vivere negli Stati Uniti, molte altre rimasero a Napoli magari un po’ più ricche e spesso << ca ‘ a panza annanz’>> (incinte). Il contrabbando delle sigarette diventò man mano un vero e proprio mestiere: lungo le strade le donne le vendevano sui panchetti. In effetti a Napoli mangiavano un po’ tutti col contrabbando. Da Forcella alla Sanità, da Soccavo al Pallonetto di Santa Lucia, ci si "arrangiava" cosi'.
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