Nel XIV secolo si diffusero in Occidente un nuovo modo di concepire la vita, un vivo interesse per le cose terrene e il formarsi di una visione nuova dell’uomo e dell’universo. Si impose cioè un mutamento spirituale: dal teocentrismo medievale si passa all’antropocentrismo dell’Umanesimo e del Rinascimento.
Nel XV secolo questa nuova sensibilità coinvolge le più alte personalità della cultura e della politica. Alla riscoperta dell’antichità classica si accoppia un atteggiamento speculativo più libero e indipendente.
L’ordine sovrapersonale, la costituzione giuridico-formale e le istituzioni esteriori non interessano più; importa invece il valore del singolo individuo, indipendentemente dalla carica o dall’istituzione; l’uomo cioè si colloca sempre più al centro dell’universo.
I papi del Rinascimento si presentano spesso come dei prìncipi italiani alla cui corte queste nuove idee trovano un ambiente favorevole: visi affermano per poi diffondersi ovunque.
In quest’epoca il papato perde di vista frequentemente la propria missione religiosa, anche se nella promozione delle arti e della cultura consegue un prestigio tale da non temere concorrenza alcuna.
La sua dignità religiosa però ne è compromessa al punto da toccare il fondo della propria decadenza. L’incapacità del papato di riformare la chiesa provocherà di lì a non molto la Riforma protestante.
Fonte: J. Gelmi, I Papi, Rizzoli, Milano, 1987
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