Lavorare troppo fa male: la vita privata si riduce a poco o niente, tutto è sacrificato. Peccato, perché si può vivere benissimo (anzi, molto meglio), anche guadagnando meno.
Sei stufa di lavorare 12 ore al giorno? Sei in cerca di maggiori soddisfazioni? Desideri più tempo da dedicare alla famiglia o a te stessa? Ma soprattutto: chi non risponderebbe “Sì” a queste domande, aggiungendo anche un sospiro di rassegnazione?
Il punto è: che sia meglio lavorare per vivere che vivere per lavorare son tutti d’accordo – almeno a parole – ma di questi tempi è più forte la paura del futuro (o le rate del mutuo) del bisogno di riprendere in mano la propria vita. Ma c’è una via d’uscita, giura John D. Drake, presidente di una delle più note società di risorse umane degli Stati Uniti e autore di un piccolo libro-manuale che sta diventando di culto: “Downshifting – Come lavorare meno e godersi la vita”.
Cos’è il downshifting? Letteralmente scalare la marcia della macchina, in senso lato la decisione consapevole di scegliere un ritmo lavorativo meno impegnativo al fine di godersi al vita. In italiano, secondo wikipedia, sarebbe da tradurre in “Semplicità volontaria”.
Sembra un paradosso, ma è proprio la crisi ad aver dato impulso a questa filosofia di vita, soprattutto Oltreoceano, tanto che secondo i ricercatori è destinata a segnare il costume nel mondo del lavoro dei prossimi anni. Non si tratta di rinunciare alla carriera – e infatti il fenomeno è trasversale e riguarda entrambi i sessi -, “male minore” che invece di solito è richiesto alla donna, ma di rivoluzionare la propria scala di valori e di fruizione del tempo. Rallentare, lavorare meno per godersela di più: ma se non ce la si fa con i soldi? Qui casca l’asino: per “downshiftare” e sopravvivere occorre partire da buone entrate, ma è comunque richiesto un adeguamento del proprio stile di vita verso forme più semplici e meno consumistiche. E poco importa come poi si deciderà di impegnare i tempo recuperato che si faccia per seguire di più (e meglio) i figli, per andare in barca a vela, per leggere tanti libri, per imparare la cucina giapponese o semplicemente per oziare. Ci saranno meno soldi da spendere, è vero: ma volete mettere?
«Ho deciso di scrivere questo libro perché desidero condividere la mia esperienza: l’essere diventato una persona più felice ed equilibrata – dice John D. Drake -. Dato che ero un maniaco del lavoro, sapevo che sarebbe stato difficile lavorare meno ed ero consapevole dei risvolti psicologici che ne sarebbero derivati; ma ho imparato come fare, in pace con me stesso e con profitto, e non ho mai sentito il desiderio di tornare indietro». Si può lavorare meno - con scadenze più ragionevoli, rifiutando determinati compiti o addirittura le promozioni -, si può lavorare in maniera diversa - da casa, o condividendo il lavoro con un’altra persona.
Ma come si fa – in concreto – a downshiftare in un mondo del lavoro che in realtà chiede sempre di più? Innanzitutto occorre convincersi che un minor reddito può essere sufficiente a coprire le necessità (il possedere beni rende più felici?), ma anche che chi guadagna meno ha maggiori possibilità di conservare il proprio posto, sostiene D. Drake. Poi bisogna passare all’azione: chiedere l’orario flessibile o il part-time, rifiutare promozioni e fare un passo indietro, andare in pensione anticipatamente.
Stabilita la road map, c’è l’ultimo ma non trascurabile dettaglio: occorre convincere il capo o l’azienda per cui si lavora. Qui i consigli di D. Drake si fanno un po’ meno convincenti: essere convincenti (non sempre basta…), farsi amico il capo (ipotesi di solito difficilmente realizzabile), mettere per iscritto il proprio progetto (effettivamente utile, soprattutto se la decisione finale dovrà essere presa a vari livelli). Il solito manuale di pura utopia? Poco importa, perché l’importante è sognare di poter vivere una vita migliore e più completa, magari proprio leggendo il libro sotto l’ombrellone, quando l’ufficio sembra così meravigliosamente lontano.
E magari, tornando al lavoro, chissà…
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