La donna, non era soltanto discriminata rispetto ai maschi ma non poteva amministrare il suo patrimonio senza il consenso del padre o del marito, né poteva ricoprire cariche pubbliche. Dopo la Rivoluzione francese, Napoleone ampliò la sfera dei diritti delle donne: venne così concesso loro di mantenere il proprio cognome, anche in caso di matrimonio, e di esercitare autonomamente attività commerciali, e fu abolita la disparità di trattamento nella divisione dell’eredità del patrimonio familiare. Napoleone però non eliminò la situazione di inferiorità dell’universo femminile. La donna, anche se sposata, continuò a restare per molti aspetti sotto la tutela maschile, perché non poteva intraprendere azioni giudiziarie senza l’autorizzazione del marito, e neppure poteva donare, vendere, acquistare beni senza l’assenso del coniuge. Uno dei primi movimenti che mirò alla libertà e al raggiungimento della parità dei diritti delle donne con quelli degli uomini, fu quello delle suffragette sviluppatosi nell’800, le quali miravano a raggiungere il suffragio universale anche per le donne.